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  • Venerdì 26 settembre 2014

Il ritorno dei podcast

Sono tornati di moda e cominciano a generare interesse e ricavi non indifferenti, almeno negli Stati Uniti, anche grazie alle diffusione delle connessioni mobili e WiFi

di Cecilia Kang – Washington Post @ceciliakang

Erano troppo pesanti da scaricare. Gli argomenti di cui si parlava, a volte, erano un po’ oscuri. E non è che facessero guadagnare tutti questi soldi.

I podcast, i file audio di breve durata che ottennero notevole successo in corrispondenza della diffusione degli iPod, sono stati in circolazione per più di un decennio. Ma mentre Apple quest’anno ha deciso di interrompere la produzione dei suoi iPod Classic, il podcast sta tornando, e attraendo impallinati di vario genere che vogliono semplicemente ascoltare qualcuno che discute di un certo argomento.

Una media di 1,5 milioni di ascoltatori al mese scarica “99% Invisibile”, un programma che si occupa di design realizzato con un budget molto contenuto. Lo sport è un tema così diffuso che quando la ESPN ha sospeso Bill Simmons per la sua invettiva contro il commissario della NFL Roger Goodell, gli appassionati del suo “B.S. Report” hanno contribuito a rendere l’hashtag #FreeSimmons fra quelli più utilizzati su Twitter. La nuova serie in podcast del produttore della serie televisiva “This American Life” Alex Blumberg – che racconta la nascita di un podcast redditizio – è presto diventata uno dei dieci programmi più scaricati del paese.

E, cosa rilevante, i podcast hanno finalmente cominciato a generare delle entrate.

Todd Cochrane, capo di RawVoice – un centro di ricerca dati sui podcast – ha detto che «è una specie di rinascimento. I podcast ora sono di moda». Forse si tratta del senso di intimità che genera ascoltare una voce rassicurante che fluisce verso le proprie orecchie attraverso un paio di cuffie; o forse c’entra la quantità di tempo che la gente deve ammazzare ascoltando qualcosa. Gli americani impiegano più di tre ore al giorno in spostamenti e pendolarismo, esercizio fisico e mestieri di casa: attività che possono essere accompagnate da intrattenimento sonoro, secondo alcuni risultati di un sondaggio studiati da Matt Lieber, un ex produttore di programmi della radio pubblica che ha cofondato una società che si occupa di podcast con Blumberg.

Anche i presentatori di podcast apprezzano questo particolare tipo di relazione con i fan: persone che ascoltano il loro prodotto con le cuffie, cosa che rendono i podcast un prodotto più “intimo” rispetto a quelli trasmessi da altri media. Il presentatore di “99% Invisible”, Roman Mars, ha detto che ha ben presente la cosa, e che oggi parla al microfono più da vicino di come usava fare una volta. Questo gli permette di usare un tono di voce più basso – quella che lui chiama la “voce di testa” – nella speranza di rendersi più vicino agli ascoltatori: «il mio rapporto con gli ascoltatori è qualcosa che apprezzo moltissimo, ed è una componente di questo mezzo di comunicazione che è davvero unica».

Gli smartphone e le automobili con tecnologia Bluetooth incorporata hanno inoltre reso più semplice che mai per gli ascoltatori – che sono tuttora in prevalenza uomini – caricare il proprio programma preferito. E al posto di scaricarli sul proprio computer da iTunes, come si faceva un tempo, e in seguito sincronizzarli su un iPod, ora li si può trovare direttamente sul proprio smartphone.

L’anno scorso Apple ha detto che il numero dei podcast scaricati attraverso iTunes aveva superato il miliardo. RawVoice, che tiene conto dei dati di 20mila programmi, ha detto che il numero di ascoltatori unici di podcast è triplicato fino a 75 milioni, dai 25 di cinque anni fa.

Il tipo di affetto che gli ascoltatori provano nei confronti del loro podcast preferito è esattamente la sorta di connessione che molte società che producono contenuti stanno cercando di costruire con i propri utenti. In un tempo in cui le persone possono facilmente evitare le pubblicità trasmesse in televisione, i messaggi pubblicitari trasmessi durante un podcast hanno una certa capacità di attecchire: specialmente quando sono letti dai presentatori del programma, dicono alcuni analisti. Conseguentemente, la seconda ondata di podcast – a differenza della prima – è più promettente dal punto di vista economico.

Secondo Tom Webster, il vicepresidente del reparto strategico dell’istituto di sondaggi Edison Research, «cinque anni fa tenere un podcast era perlopiù un hobby: molte persone che se ne occupavano non riuscivano a ricavarci dei soldi. Ma negli anni il pubblico è cresciuto in maniera consistente, e ciascun ascoltatore segue più programmi, e li ha assorbiti nella propria routine settimanale. Questo ha portato bravi produttori ad occuparsi di podcast».

Quando Roman Mars cominciò il suo piccolo programma che si occupava di design sulla radio pubblica, non si aspettava di ottenere risultati del genere. “99% Invisible” era piccolo in tutti i sensi: ogni episodio andava in onda per circa 4 minuti e 30 secondi, ed era sufficientemente breve per finire stipato fra segmenti diversi di grossi show come “Morning Edition” di NPR – una specie di rete di radio pubbliche statunitensi. Era piuttosto originale: raccontava storie poco conosciute sulle modalità in cui erano stati creati i parchimetri e la tavola periodica. Mars aveva un budget di 5000 dollari e scrisse, produsse e narrò il programma dalla camera da letto di casa sua a Oakland, in California. Il programma, quando iniziò quattro anni fa, ricevette un’ottima accoglienza sulla radio pubblica di San Francisco: ma diventò un successo grazie al giro dei podcast. Oggi è stabilmente fra i 20 più scaricati di iTunes.

Mars ha lasciato il suo lavoro alla radio pubblica e ora lavora a tempo pieno su “99% Invisible”, finanziato interamente dagli appassionati del programma e da una manciata di sponsor. Viene ancora trasmesso da alcune radio pubbliche, ma Mars ha detto recentemente in un’intervista che quel canale «perde sempre più significato col passare del tempo. Sono un grande fan di NPR, hanno anche un grande seguito: ma ora come ora il loro futuro è piuttosto segnato».

A dispetto di iniziali entusiasmi, i podcast persero popolarità all’inizio degli anni Duemila, in parte perché erano richiesti molti passaggi per scaricarli e ascoltarli in giro. L’arrivo degli iPhone nel 2007 ha cambiato le cose, rendendo i podcast accessibili come una serie televisiva su Netflix. È anche più facile ascoltarli in macchina: i produttori hanno integrato funzioni wireless in un numero sempre maggiore di modelli di automobili. E la velocità sempre maggiore delle reti WiFi e di trasferimento dati da dispositivo mobile hanno reso facilissimo ascoltarli in streaming.

Ad ogni modo, a oggi, le trasmissioni radio sono ancora più popolari e remunerative dei giovanissimi podcast: il sistema ha resistito alla distruzione che Internet ha operato su giornali e televisioni, in parte grazie all’enorme pubblico di ascoltatori intrappolati in macchina. Ma gli impallinati di podcast pensano che i gusti del pubblico stiano per cambiare. Norm Pattiz, il capo di un canale di podcast tenuti da persone famose, ha detto che «i podcast possono avere sulle radio lo stesso effetto che Netflix ha avuto sulla televisione».

La flessibilità del formato podcast si rivela attraente anche per quei navigati veterani della radio la cui lunghezza dei programmi è stata per anni regolamentata da rigidi blocchi imposti dall’alto. Il programma di Mars oggi dura circa 20 minuti, cosa che gli permette di sviluppare estesamente temi e storie. “Longform”, un podcast che trasmette interviste a scrittori e giornalisti di riviste, dura ancora di più: troppo, per andare in onda su stazioni radio.

Nonostante la diffusione dei video virali di sei secondi di Vine e degli articoli composti da liste, Mars crede che ci sia ancora una robusta domanda di un formato “lungo” di narrazione esclusivamente audio. È ciò che tiene incollati per venti minuti gli ascoltatori: ascoltare storie come quelle degli “hacker di Ikea”, che per hobby combinano fra loro pezzi provenienti da mobili diversi di Ikea. Gli appassionati del programma sono così devoti che negli ultimi tre anni hanno contribuito a raccogliere quasi 600mila dollari (circa 470mila euro), soldi che hanno permesso a Mars di assumere tre giornalisti e un produttore.

Il denaro, però, non proviene solo dagli appassionati, ma anche dagli inserzionisti. Pattiz, che lavora a PodcastOne – una società che ospita e distribuisce podcast – ha detto che la sua azienda guadagna milioni di dollari in pubblicità grazie ai popolari podcast di gente come l’ex wrestler “Stone Cold” Steve Austin, il conduttore Adam Carolla e il giornalista sportivo Dan Patrick. Un nuovo programma in podcast lanciato a giugno, presentato da Nicole “Snooki” Polizzi del programma di MTV Jersey Shore, mette insieme in media 1,5 milioni di download a puntata.

Il nuovo pubblico per i podcast ha spinto Blumberg, un x produttore del programma “Planet Money” di NPR, a creare una società che produca podcast narrativi riguardo vari temi. Nei primi tre episodi di una serie chiamata “Startup” Blumberg è andato nella Silicon Valley per incontrare uno dei primi investitori di Twitter, Chris Sacca, per promuovere la sua stessa società. I primi tre episodi di “Startup”, iniziato tre settimane fa, sono in cima alla classifica dei cinque migliori podcast di iTunes. Racconta Blumberg: «È stata una gioia realizzare che se hai un prodotto che la gente vuole davvero, pagheranno per esso. È questo che genereranno questi podcast».

foto: Mario Tama/Getty Images

© Washington Post 2014