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  • Martedì 16 settembre 2014

È complicato essere lo Shakhtar Donetsk, di questi tempi

Come la più forte e famosa squadra di calcio ucraina – che gioca regolarmente in Champions League – sta facendo i conti con la situazione instabile dell'est

Shakhtar's Donetsk fans wave Ukrainian flags as they react during the final soccer match of Ukraine's Cup between Donetsk's Shakhtar and Dynamo Kiev at Vorskla Stadium in Poltava, Ukraine, Thursday, May 15, 2014. (AP Photo/Andrey Lukatsky)
Shakhtar's Donetsk fans wave Ukrainian flags as they react during the final soccer match of Ukraine's Cup between Donetsk's Shakhtar and Dynamo Kiev at Vorskla Stadium in Poltava, Ukraine, Thursday, May 15, 2014. (AP Photo/Andrey Lukatsky)

Un articolo sul New York Times si è occupato di un argomento laterale della guerra in Ucraina: le vicende delle squadre di calcio delle città orientali, costrette a giocare a Kiev e in altre città le loro partite “in casa”, a causa dei combattimenti in corso nei territori in cui quelle partite dovrebbero teoricamente disputarsi. La questione è piuttosto interessante se si considera che una di queste squadre, lo Shakhtar Donetsk, è la più ricca e più forte squadra ucraina in circolazione e gioca regolarmente in Champions League, la più importante competizione calcistica europea (mercoledì 17 giocherà in Spagna la sua prima partita di questa edizione, contro l’Athletic Bilbao).

Il tema delle sorti delle squadre di calcio ucraine era già emerso diversi mesi fa a proposito delle squadre della Crimea, che in seguito al referendum sull’annessione della Crimea alla Russia erano state escluse dal campionato ucraino e sono state recentemente ammesse – tra numerose polemiche – in una divisione del campionato russo. Il principale campionato di calcio ucraino è la Prem’er-Liha, nata nel 1992 dopo la fine e lo smembramento dell’Unione Sovietica: le squadre attualmente costrette a giocare le loro partite di casa a Kiev – di fatto: in trasferta – sono principalmente quelle di Donetsk, Luhansk e Mariupol.

Lo Shakhtar Donetsk, tra tutte quelle interessate da questi recenti disordini, è la squadra più famosa e quella con la più lunga tradizione di vittorie: ha vinto gli ultimi sei campionati e ha ottenuto risultati significativi anche nei tornei europei, ai quali partecipa regolarmente dalla stagione 2008-2009, anno in cui vinse la Coppa UEFA. Il miglior risultato ottenuto in Champions League fu la qualificazione ai quarti di finale ottenuta nella stagione 2010-2011 battendo la Roma. L’allenatore da dieci anni è il rumeno Mircea Lucescu (noto in Italia perché allenò brevemente l’Inter alla fine degli anni Novanta). Dal 2009 lo Shakhtar gioca le partite di casa alla Donbas Arena, uno stadio da circa 52 mila posti, molto apprezzato a livello europeo. Da circa un mese, però, la situazione è notevolmente cambiata.

Il 23 agosto scorso due forti esplosioni hanno danneggiato una parte dello stadio, e al momento è molto improbabile che lo Shakhtar possa tornare a giocare alla Donbas Arena in tempi brevi. Il 3 settembre scorso, inoltre, alcuni uomini armati hanno temporaneamente occupato la sede della società, in circostanze ancora oggetto di indagini. Attualmente i giocatori, i preparatori e tutto lo staff dello Shakhtar vivono in un albergo a poca distanza da piazza dell’Indipendenza, a Kiev, e si allenano nella piccola palestra dell’albergo. «Non è facile per noi svegliarci la mattina, aprire i giornali e le televisioni», ha detto il capitano della squadra, il 32enne difensore croato Darijo Srna, allo Shakhtar da undici anni. «È casa mia. Sono felice lì. Il giorno in cui la guerra finirà, ritorneremo a Donetsk e bacerò la strada», ha aggiunto Srna.

Lo Shakhtar Donetsk è anche noto per la sua tifoseria e per i rapporti tra gli ultras e gli estremisti di Donetsk. Il 15 agosto scorso il derby contro l’Olimpik – un’altra squadra di Donetsk – si è giocato a Kiev, in un piccolo stadio da circa 1.600 posti (ha vinto lo Shakhtar 5-0): “Diverse centinaia di persone provenienti dall’Ucraina dell’est, quasi tutti con passamontagna e magliette nere, cantavano canzoni nazionaliste lanciando fumogeni in campo”, scrive il New York Times. Il giorno dopo la partita, il gruppo di ultras dello Shakhtar hanno annunciato su Twitter che alcuni di loro sarebbero rimasti a Kiev per unirsi al Battaglione Azov, un gruppo di milizie volontarie dell’est.

Dalla metà degli anni Novanta il presidente dello Shakhtar Donetsk è Rinat Akhmetov, un ricco imprenditore del settore minerario con un patrimonio che secondo Forbes si aggira intorno ai 12,5 miliardi di dollari. Negli anni, grazie ai soldi investiti da Akhmetov – che hanno peraltro reso possibile la costruzione del nuovo stadio nel 2009 – lo Shakhtar è riuscito ad acquistare calciatori di grande fama internazionale che difficilmente si sarebbero trasferiti a Donetsk se non motivati dalla promessa di ingaggi molto elevati. Allo Shakhtar Donetsk, inoltre, è emerso in anni recenti il talento di alcuni calciatori brasiliani come Willian e Fernandinho.

In Ucraina il presidente Akhmetov è soprattutto noto per gli ottimi rapporti di amicizia che per anni ha avuto con l’ex presidente dell’Ucraina Viktor Yanukovich, deposto nel febbraio scorso. Secondo Orysia Lutsevych, una ricercatrice del centro studi britannico Chatham House intervistata dal New York Times, Akhmetov ha beneficiato a lungo – anche sul piano finanziario – dei rapporti con Yanukovich. Ancora oggi, sebbene Akhmetov abbia espresso posizioni favorevoli verso il nuovo governo ucraino, in molti dubitano che si tratti di opinioni sincere, sostiene Lutsevych.

Alcuni ultras dello Shakhtar Donetsk durante la finale di coppa d’Ucraina tra Shakhtar e Dynamo Kiev, giocata allo stadio Vorskla a Poltava, in Ucraina centrale, il 15 maggio 2014.
(AP Photo/Andrey Lukatsky)