7 canzoni di Domenico Modugno

Morì il 6 agosto del 1994: una playlist da riascoltare e un po' di belle foto

Domenico Modugno canta Piove al Festival di Sanremo, nel 1959
(La presse)
Domenico Modugno canta Piove al Festival di Sanremo, nel 1959 (La presse)

Il 6 agosto del 1994, vent’anni fa, morì nella sua casa di Lampedusa Domenico Modugno, uno dei più famosi cantautori italiani di sempre. Per chi ha voglia di riascoltarlo, queste sono le canzoni che Luca Sofri, il peraltro direttore del Post, scelse per il libro Playlist, la musica è cambiata.

Domenico Modugno
(1928, Polignano a mare – 1994, Lampedusa)
Una grandezza devastata dal successo di “volare, oh, oh”, recuperabile nell’eleganza e nella generosità dell’uomo e in alcuni passaggi delle sue altre canzoni, quelle meno da pizzeria. Ci sarebbe la macchia di “Piange il telefono”, che ha sfinito una generazione: ma ricordiamoci almeno che era la traduzione di una cosa francese.

Vecchio frac
(Singolo, 1955)
È una delle canzoni che da sempre mettono più in difficoltà compilatori di classifiche, cronache e siti internet: come diavolo si scrive “frac”? Con la kappa? Senza? Con la ci e la kappa? E la canzone si chiama “L’uomo in frac” o “Vecchio frac”?

Resta cu’ mme
(La strada dei successi, 1958)
Fu uno dei massimi momenti comici del bacchettonismo Rai: “nun me ’mporta ‘e chi t’ha avuto” fu giudicato un verso sconveniente (cielo! Lei non era vergine!) e se ne impose la sostituzione con “sulo lacrime m’ha dato”. Qualche anno dopo, un’altra canzone di Modugno intitolata scostumatamente “Nuda” fu fatta fuori in toto. Nel 1976 Marcella Bella cantò una sua versione squinzia di “Resta cu’ mme”, con qualche successo (lei sarebbe stata poi assai più ardita col verso “la mia gatta è ancora lì, non parla ma dice sì”, in “Nell’aria”).

Piove
(Domenico Modugno, 1959)
Anche qui un po’ si ride: il dramma meteorologico che si abbatte sul nostro amor suona un po’ sopravvalutato, e l’intermezzo gridato non s’affronta. Ma il ritornello vale il prezzo del biglietto. Fu scritta con Dino Verde, come “Resta cu’ mme”, e vinse Sanremo nel 1959 (in coppia con Johnny Dorelli). Nella leggenda, l’incontro ritratto è ammantato da un glamour internazionale: Modugno lo avrebbe osservato alla stazione di Pittsburgh, nientemeno.

Dio come ti amo
(Domenico Modugno, 1968)
Vinse il festival di Sanremo nel 1966, e poi andò all’Eurofestival dove arrivò ultima con zero punti. Modugno denunciò brogli. Non che all’Eurofestival siano famosi ber il buon gusto musicale. La versione sanremese era stata presentata in doppia interpretazione, e i maligni sostennero che la versione di Gigliola Cinquetti fosse quella meritevole. Per lei fu in effetti un successone internazionale, con tanto di film omonimo che spopolò soprattutto in Spagna e in Sudamerica. In realtà la canzone è bellissima, e arrangiata a un passo dal precipizio kitsch. Quanto alle parole, il passo è compiuto: “le tue labbra che odorano di vento”. Nel 2007 fu recuperata per uno spot di Bulgari con Kate Moss.

Meraviglioso
(Domenico Modugno, 1968)
Lui è lì che pensa di buttarsi, arriva un angelo e lo agguanta per la collottola e gli dice ma-non-lo-vedi-com’è-bello-il-mondo? Era il 1968 di Modugno, ma fu scartata persino da Sanremo.

La lontananza
(Singolo, 1970)
“Mi ricordo che il nostro discorso fu interrotto da una sirena che correva lontana chissà dove”: e si sente una sirena. Già ce ne sarebbe da rotolarsi per terra. Metteteci il parlato (soprattutto quello in coda) e tutte le metafore su fuochi e incendi (il testo è di Enrica Bonaccorti), ed è un miracolo che ne sia venuta fuori una canzone tra le più canticchiabili di sempre.

Come stai

(Singolo, 1971)
C’è il parlato ahinoi anche qui, ma è stupendo come ripete “sei proprio tu?”. A Sanremo la cantò in coppia con Carmen Villani, che ancora doveva cominciare la carriera cinematografica che l’avrebbe portata al leggendario ruolo da protagonista in La supplente.