Michael Graves dopo la malattia

Il grande architetto statunitense racconta che cosa ha imparato da quando è rimasto paralizzato a causa di un virus, e perché è diventato «un progettista migliore»

di Barbara Sadick - Washington Post

NEWARK, NJ - MAY 02: Michael Graves attends the 3rd Annual New Jersey Hall of Fame Induction Ceremony at the New Jersey Performing Arts Center on May 2, 2010 in Newark, New Jersey. (Photo by Bobby Bank/Getty Images)
NEWARK, NJ - MAY 02: Michael Graves attends the 3rd Annual New Jersey Hall of Fame Induction Ceremony at the New Jersey Performing Arts Center on May 2, 2010 in Newark, New Jersey. (Photo by Bobby Bank/Getty Images)

Nel 2003, Michael Graves era appena tornato a casa da un viaggio di lavoro in Germania e in Svizzera. Non si sentiva bene: disse ai colleghi del suo studio di architetti che sarebbe tornato a casa prima del previsto per riposarsi. La mattina seguente Graves, uno dei più importanti architetti e designer statunitensi, si ritrovò a lottare per la propria vita a causa di un virus misterioso.

Graves tornò al lavoro solo dopo due anni e vari trattamenti in otto ospedali e quattro centri di riabilitazione: paralizzato però dal torace in giù, costretto all’utilizzo di una sedia a rotelle.

Questa storia non riguarda il virus o il periodo di riabilitazione, ma ciò che Graves ha fatto dopo la malattia: cioè progettare ospedali e centri di recupero per persone come lui, per soldati feriti o per altri con grandi problemi fisici. Molte delle strutture esistenti destinate a queste persone, dice lo stesso Graves, sono troppo tristi perfino per morirci dentro.

«Credo davvero che posti e oggetti ben progettati possano migliorare il processo di cura, mentre un design scadente possa fermarlo», dice Graves, 80 anni e ancora al lavoro a tempo pieno su alcuni progetti come quello per alcune strutture nell’area di Washington studiate per ospitare soldati feriti. I designer, spiega, devono comprendere le implicazioni fisiche di una malattia: «questo fatto è diventato molto attuale, per me, dopo la malattia: da allora, chiedo al mio staff di progettisti di passare una settimana in sedia a rotelle».

Un’opera monumentale
Prima che arrivasse la malattia, Graves era considerato una specie di “rock star”, come lo definisce uno dei suoi dipendenti, conosciuto soprattutto per avere progettato edifici come il municipio di Portland, in Oregon, indicato da alcuni il primo edificio postmoderno degli Stati Uniti, oppure, dei divertenti hotel Disney e della libreria ispirata a una missione spagnola costruita a San Juan Capistrano, in California.

I lavori di Graves sono sempre stati visibili a Washington: quando il Washington Monument ebbe bisogno di un restauro nel 1998, il National Park Service lo assunse per progettare le impalcature attorno al monumento. Illuminata di notte, la struttura risaltava, rendendola grandiosamente parte del paesaggio, e non una semplice copertura per lavori di ristrutturazione.

Graves produsse diverse cose per il pubblico. Creò l’iconico bollitore in acciaio inossidabile di Alessi, che dal 1985 è il prodotto più venduto dell’azienda ogni anno. E per una dozzina d’anni inoltre, progettò una serie di prodotti per la casa per Target (oggi fa la stessa cosa per JC Penney).

«Volevamo fare qualcosa di diverso» spiega Ron Johnson, che mise in contatto Graves con Target, quando era un dirigente dell’azienda. «A Michael piaceva l’idea di realizzare nuovi design originali per la classe media».

Legami personali
Graves ha sempre saputo che l’ambiente fisico condiziona le persone, e questa convinzione è stata rafforzata dopo l’inizio della sua malattia.

Le persone, spiega, hanno bisogno di «edifici, stanze e oggetti che siano facili da usare e da capire: la bellezza può ridurre lo stress e farci sentire meglio». Secondo Graves, inoltre, il buon design può rendere più semplice il compito di chi si occupa dei malati – sia che si tratti di professionisti sia dei componenti della propria famiglia.

I progettisti devono capire che cosa significa essere malati e quali implicazioni comporta. Si tratta spesso di piccole cose, come cercare di recuperare un foglio di carta caduto dalla sedia a rotelle, che però risultano importanti. E dopo che i designer di Graves hanno trascorso del tempo sulla sedia a rotelle, ne comprendono l’importanza.

Missione compiuta
Graves, quando contrasse il virus che lo fece ammalare, stava progettando un edificio per la St. Coletta di Washington, DC, una scuola per adulti e bambini con disabilità fisiche e cognitive. Per quasi tre anni scomparve nel mondo dei suoi stessi problemi di salute, per poi tornare per seguire l’inaugurazione del St. Coletta nel 2006.

«Fu la prima inaugurazione alla quale partecipai su una sedia a rotelle», racconta Graves. Prima della malattia conosceva solo a spanne e grazie allo staff del St. Coletta che tipo di design fosse necessario per rendere più semplice la vita delle persone disabili: dopo la malattia, ne ebbe una piena percezione. All’inaugurazione c’erano molti studenti in sedia a rotelle, e uno di loro disse all’architetto quanto fosse grato per avere una scuola progettata secondo le sue necessità: «quel fatto diede nuova forza alla mia missione di migliorare i centri di salute con dell’ottimo design».

Nel 2010, a Graves fu chiesto dalla Clark Realty Capital, una società immobiliare che costruisce e affitta case, di progettare una abitazione monofamiliare in cui un soldato ferito potesse vivere assieme alla sua famiglia mentre proseguiva il suo lavoro a Fort Belvoir, in Virginia. Graves aveva già riprogettato casa sua a Princeton, nel New Jersey, e sapeva che cosa fosse necessario per persone che avevano a che fare con la disabilità.

Sapeva, per esempio, che in una casa del genere non potevano esserci scale, che i corridoi dovevano essere sufficientemente larghi per far passare due sedie a rotelle e che le altre stanze avrebbero dovuto essere sufficientemente grosse per farci stare sia i mobili sia per permettere a una sedia a rotelle di girarci intorno.

I bagni e le docce dovevano inoltre essere progettati per poter essere accessibili con una sedia a rotelle. Le porte dovevano essere scorrevoli, e non aprirsi in avanti o indietro. Le finestre avrebbero dovuto essere più basse, per permettere una buona visione da una sedia a rotelle.

In più, le varie funzioni della casa dovevano essere rese adattabili per persone con vari tipi di ferite. Il riscaldamento, per esempio, doveva permettere a ciascuna stanza di adeguarsi ai bisogni di una persona ustionata o con arti amputati, o con differenti esigenze. I piani di lavoro dovevano essere regolabili da ciascuno degli occupanti della casa. I battiscopa dovevano essere molto alti per contrastare i danni causati dalla sedia a rotelle, e la pavimentazione doveva avere un netto contrasto per aiutare le persone con problemi di vista.

Due prototipi basati sui progetti di Graves sono tuttora utilizzati, e altri 19 sono pronti per essere realizzati.

Il progetto fece comprendere a Graves le esigenze dei soldati feriti che scelgono di rimanere in servizio e lo avvicinò ai più estesi bisogni di una generazione tuttora attiva ma in fase di invecchiamento come quella dei ‘baby boomers’. «Con il miglioramento della medicina sul campo di battaglia, combinato con persone sempre più vecchie che vogliono “invecchiare sul posto”, un’attenzione all’accessibilità e all’assistenza sanitaria in casa propria è vitale per il futuro di una nazione».

“Chi poteva immaginarlo?”
Graves sta lavorando su molti altri progetti. Sta progettando un ospedale per fare riabilitazione fisica a Lincoln, in Nebraska, per persone con traumi cerebrali e spinali, e sta lavorando alla ristrutturazione di una sezione dello Yale-New Haven Hospital, che si occupa della cura di persone anziane. E per Mainstreet, una società dell’Indiana che costruisce e possiede strutture sanitarie e assistenziali, sta ripensando al modello per i centri per gli anziani.

Sta inoltre lavorando con un’azienda che si occupa di tecnologia sanitaria per progettare degli oggetti da stanza da ospedale che non siano semplicemente più facili da usare per i disabili – rendendo eventuali cadute più difficili – ma anche più attraenti di quelli che si trovano in molte stanze di ospedale e centri di riabilitazione, e più facili da pulire.

«Chi poteva immaginare che degli oggetti ben progettati potessero essere parte della soluzione per ridurre le cadute dei pazienti e la diffusione della malattia?»

Quando Graves era ammalato, molte delle stanze che occupava erano progettate in maniera scadente, ed erano piene di oggetti che lo facevano sentire peggio.

L’altezza e l’angolo degli specchi dei bagni rendevano difficile, per lui, vedersi in faccia. Non gli era possibile, inoltre, raggiungere i rubinetti, impedendogli di lavarsi i denti o radersi. Non poteva nemmeno raggiungere le prese, posizionate vicino al battiscopa, cosicché non riusciva nemmeno a utilizzare un rasoio elettrico. «La dipendenza da altre persone che questi oggetti rendono necessaria crea un senso di disperazione, mentre un bagno accessibile può dare al paziente un senso di normalità e stimoli per acquisire di nuovo il controllo sulla propria vita».

Persino i colori di alcune di queste stanze lo faceva sentire peggio. «Chi vuole guarire in un posto dove tutto è beige?»

Una nuova prospettiva
Graves non progetta edifici e oggetti unicamente per persone con disabilità fisiche. Ma spiega che la sua paralisi gli ha cambiato la vita da un giorno all’altro. Ha perso la capacità di fare alcune cose che amava, come giocare a golf, ma ha acquisito un punto di vista nuovo e notevole per lui e, crede, per le persone che può aiutare coi suoi progetti.

«Dato che la mia paralisi non mi ha portato via la capacità di progettare – semmai, mi ha reso un designer migliore – rimango tutto d’un pezzo e mi alzo ogni giorno apprezzando pienamente la vita, e con la passione di sfruttare la mia difficile situazione per fare qualcosa che resti.»

©Washington Post