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  • Domenica 25 maggio 2014

Il referendum di Matajudíos

Un paese spagnolo della Castiglia il cui nome significa – letteralmente – "ammazza ebrei" ha votato per decidere di cambiare nome

(CESAR MANSO/AFP/Getty Images)
(CESAR MANSO/AFP/Getty Images)

Aggiornamento del 26 maggio
I cittadini di Matajudíos hanno votato a favore del referendum per cambiare il nome al paesino castigliano di Matajudíos, che in spagnolo significa “Castello ammazza ebrei”. Delle 56 persone aventi diritto, quasi tutte piuttosto anziane, hanno votato in 52: 29 a favore del cambiamento e 19 contrarie, a cui si aggiungono quattro schede nulle. Il referendum chiedeva anche di scegliere tra due nuovi nomi: Castrillo Motajudíos, che ha avuto tre preferenze, o Castrillo Mota de Judíos, che ne ha ricevute 26. Il 3 giugno inizieranno le pratiche per dare il nuovo nome al paese.

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In questi giorni le strade sonnolente e polverose del piccolo paese spagnolo Castillo Matajudíos, 56 abitanti di cui l’80 per cento sopra gli ottant’anni, si sono riempite di visitatori. Probabilmente nella sua storia lunga quasi un millennio, Castillo Matajudíos – che si trova in Castiglia non molto lontano da Burgos – non aveva mai visto un tale interesse. Decine di giornalisti, ma anche di semplici curiosi, sono arrivati per assistere al referendum che si tiene oggi, domenica 25 maggio, per cambiare il nome del paese. In spagnolo, infatti, il nome attuale significa letteralmente “Castello ammazza ebrei”.

La decisione di cambiare il nome del paese è stata presa alcune settimane fa dall’attuale sindaco, Lorenzo Rodríguez, che è anche un appassionato studioso della storia del paese, come ha raccontato il Guardian. L’atteggiamento della popolazione nei confronti del referendum è piuttosto vario: alcuni cittadini, ad esempio, sarebbero felici di cambiare nome e trovano piuttosto imbarazzante dover esibire le loro carte di identità quando viaggiano per la Spagna. Altri sostengono invece che cambiare nome sarebbe come rinnegare la storia di Matajudíos e che in fondo il nome non fa male a nessuno: non si uccidono ebrei in paese, nonostante il nome.

In realtà, come sottolinea il sindaco, l’obiettivo del referendum è soprattutto far tornare il paese al suo nome originale. Matajudíos, infatti, è un nome di cui non si trova traccia fino al 1692, quando compare per la prima volta in un documento conservato negli archivi comunali. Fino a pochi anni prima, nessuno sa quanti con precisione, il nome del paese aveva soltanto una lettera diversa rispetto ad oggi che però ne cambiava completamente significato:  Mota de Judios, o collina degli ebrei. La storia del villaggio è molto legata a quella degli ebrei – una stella di David compare nell’araldica della città – ma non nel modo che lascia intuire l’attuale nome.

La storia del paese comincia nel 1035 quando gli abitanti del vicino villaggio di Castrojeriz decisero di rivoltarsi contro alcuni emissari del re venuti a riscuotere le tasse. Come spesso accadeva nel medioevo, la rabbia contro gli esattori del re finiva per estendersi anche agli ebrei (che in genere avevano la doppia colpa di essere creditori di molti abitanti e in più protetti proprio dalle leggi del re). A quanto pare, cinque uomini del re e 66 ebrei vennero uccisi nella rivolta. I sopravvissuti vennero esiliati nel villaggio di Castrillo, che da allora divenne noto come Mota de los Judíos, o semplicemente: Motajudíos, collina degli ebrei.

Molti secoli dopo, nel 1492 – lo stesso anno in cui Cristoforo Colombo scopriva l’America e in cui la città di Granada veniva riconquistata agli arabi – ponendo fine a cinque secoli di lotte tra cristiani e musulmani nella penisola iberica, fu decretata l’espulsione di tutti gli ebrei dalla Spagna. Fu l’inizio di un lunghissimo periodo di persecuzioni e violenze sia nei confronti degli ebrei che dei musulmani.

In teoria, a partire dal 1492 tutta la popolazione delle penisola era cristiana. Questo però era vero soltanto sulla carta. Moltissimi ebrei e musulmani si erano convertiti al cristianesimo pur di evitare l’esilio, e molti altri erano stati costretti a convertirsi con la forza. Erano noti come “conversos”, “marranos” e “moriscos” e le loro azioni erano continuamente sorvegliate dall’inquisizione spagnola, sempre alla ricerca di prove di false conversioni o di pratiche dei rituali delle loro vecchie religioni. Con il passare dei decenni a queste persecuzioni se ne aggiunsero altre. Ad esempio, cominciarono ad essere pubblicate leggi ed editti che discriminavano i cristiani “puri” da coloro che avevano antenati ebrei o musulmani. Era il principio della “limpieza de sangre”, o “purezza del sangue”, secondo cui soltanto chi aveva un sangue puro e cristiano poteva accedere alle cariche pubbliche e agli onori.

Queste persecuzioni hanno lasciato diverse tracce che sono presenti ancora oggi. Fino a pochi anni fa in Castiglia era ancora diffusa la tradizione di bere un miscuglio di vino e limonata che veniva chiamato matar judíos, “ammazzare ebrei”. Matajudíos è un cognome che esiste ancora, anche se non è così diffuso come Matamoros (“ammazza mori”, cioè arabi). Circa 500 anni dopo quelle persecuzioni, in Spagna vivono soltanto 12 mila ebrei, contro i 290 mila del Regno Unito e i 478 mila della Francia. Oggi la Spagna è uno dei paesi europei, insieme a Grecia, Polonia e Italia, che hanno l’opinione più negativa degli ebrei.

In questo clima di crescente intolleranza, probabilmente intorno al Sedicesimo o al Quindicesimo secolo a qualcuno venne in mente di risparmiare qualche attenzione sgradita al paese di Motajudíos. Per farlo gli bastò cambiare una sola lettera e trasformare così il nuovo nome in un esempio di intolleranza religiosa. Questo “trucco” sembra aver funzionato fin troppo bene, visto che oggi le radici ebraiche di Matajudíos non sembrano essere riconosciute da gran parte dei cittadini. Il sindaco ha promesso di approfondire i suoi studi sulla storia del paese nel caso in cui il referendum avrà successo. Se invece la sua proposta sarà respinta, Rodríguez ha dichiarato che si dimetterà: «L’unica cosa da fare in quel caso mi sembra lasciare questo posto a qualcuno che si sente a suo agio a lavorare sotto il nome di “Ammazza Ebrei”».