Scajola finanziava un latitante?

Secondo i giornali girava dei soldi ad Amedeo Matacena, l'ex parlamentare del centrodestra latitante a Dubai (che intanto è stato intervistato via Skype dal Tg1)

This image made from a video made available by the Italian anti-mafia DIA unit shows Claudio Scajola, right, a former minister in several of Silvio Berlusconi's center-right governments, as he is taken to the DIA headquarters after he was arrested Thursday, May 8, 2014, in a luxury Rome hotel, for allegedly helping a prominent businessman convicted of Mafia association flee abroad. Claudio Scajola was accused of helping political ally Amedeo Matacena flee to Dubai last summer to avoid a five-year jail sentence and of then trying to arrange asylum for him and relatives in Lebanon using government contacts. (AP Photo/DIA, ho)
This image made from a video made available by the Italian anti-mafia DIA unit shows Claudio Scajola, right, a former minister in several of Silvio Berlusconi's center-right governments, as he is taken to the DIA headquarters after he was arrested Thursday, May 8, 2014, in a luxury Rome hotel, for allegedly helping a prominent businessman convicted of Mafia association flee abroad. Claudio Scajola was accused of helping political ally Amedeo Matacena flee to Dubai last summer to avoid a five-year jail sentence and of then trying to arrange asylum for him and relatives in Lebanon using government contacts. (AP Photo/DIA, ho)

Secondo i giornali di oggi, l’ex ministro Claudio Scajola – arrestato giovedì 8 maggio – avrebbe finanziato Amedeo Matacena, ex parlamentare calabrese di Forza Italia e imprenditore, condannato per corruzione e concorso esterno in associazione mafiosa e latitante a Dubai, dove era già stato arrestato una volta nell’agosto del 2013. Basandosi su documenti e intercettazioni raccolti dalla procura, che oltre Scajola ha arrestato altre sette persone, i giornali scrivono che Scajola stava aiutando Matacena a spostarsi da Dubai al Libano, nel tentativo di evitare l’estradizione, e che gli girava dei soldi sfruttando un conto corrente intestato a Matacena e alla moglie presso la tesoreria della Camera dei Deputati.

Intanto ieri è stata arrestata a Nizza, in Francia, Chiara Rizzo, ex moglie di Matacena, che era di ritorno da Dubai: il Secolo XIX scrive che “è accusata di essere stata al centro di una serie di manovre economiche che per l’accusa avevano il solo scopo di occultare le reali disponibilità economiche di Matacena e della famiglia, celando la titolarità delle società dietro nomi di comodo e con società di diritto estero”, e che anche la sua separazione da Matacena sarebbe per questo fittizia.

Il Tg1 ieri ha intervistato via Skype lo stesso Matacena, da Dubai: ha detto di non aver fatto «alcun tentativo» di andare in Libano, che a Dubai lavora in un ristorante e che ha pensato di uccidersi.

Pagamenti attraverso un conto corrente della Camera. C’era infatti anche un conto corrente bancario aperto presso la tesoreria della Camera dei deputati fra i canali attraverso i quali partivano soldi destinati ad Amedeo Matacena, l’ex parlamentare di Forza Italia latitante a Dubai dopo una condanna definitiva a 5 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Su quello stesso conto doveva, secondo gli inquirenti, transitare il denaro necessario per finanziare il trasferimento dell’imprenditore calabrese in Libano.

L’intercettazione
Il particolare emerge dalle carte dell’inchiesta «Breakfast» che ha portato in carcere, tra gli altri, l’ex ministro dell’Interno e dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola. In un’intercettazione del 5 febbraio scorso relativa a una telefonata fra Chiara Rizzo, moglie dell’armatore latitante, e Scajola si parlerebbe proprio di questo. La famiglia di Matacena, secondo l’interpretazione degli uomini della Dia, è da tempo alla ricerca di appoggi che ne possano favorire il trasferimento dalla sua attuale residenza di Dubai – giudicata ormai poco sicura dopo la richiesta di estradizione avanzata dalle autorità italiane – al Libano. Scajola, attraverso l’intermediazione di Vincenzo Speziali, uno degli indagati, tenta, fra l’altro, di incontrare l’ambasciatore libanese in Italia, ma si verificano contrattempi in quanto in Libano è in fase di varo il nuovo governo.

(continua a leggere sul sito del Corriere della Sera)