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  • Giovedì 24 ottobre 2013

Il problema dei droni per gli Stati Uniti

Due nuovi rapporti delle associazioni umanitarie parlano di crimini di guerra e un'inchiesta del Washington Post denuncia il coinvolgimento diretto del Pakistan

A Pakistani youth from outlawed Islamic hard line group Jamaat ud Dawa (JD) holds a banner of a US drone during a protest in Lahore against drone attacks in Pakistani tribal areas in Lahore on July 5, 2013. A US drone attack struck a compound of the Al-Qaeda-linked Haqqani network in Pakistan’s northwestern tribal belt, killing at least 17 militants on July 3, Pakistani officials said. Security officials told AFP that Afghan and Pakistani militants were among the dead at the compound in the town of Miranshah, but that there was no immediate confirmation of any high-value target. AFP PHOTO / ARIF ALI (Photo credit should read Arif Ali/AFP/Getty Images)

A Pakistani youth from outlawed Islamic hard line group Jamaat ud Dawa (JD) holds a banner of a US drone during a protest in Lahore against drone attacks in Pakistani tribal areas in Lahore on July 5, 2013. A US drone attack struck a compound of the Al-Qaeda-linked Haqqani network in Pakistan’s northwestern tribal belt, killing at least 17 militants on July 3, Pakistani officials said. Security officials told AFP that Afghan and Pakistani militants were among the dead at the compound in the town of Miranshah, but that there was no immediate confirmation of any high-value target. AFP PHOTO / ARIF ALI (Photo credit should read Arif Ali/AFP/Getty Images)

Negli ultimi giorni diversi giornali internazionali, soprattutto statunitensi, sono tornati a occuparsi dell’uso dei droni (gli aerei senza pilota, guidati a distanza) da parte del governo di Barack Obama nella lotta contro il terrorismo. Le occasioni sono state due: martedì 22 ottobre Amnesty International e Human Rights Watch, le organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani più grandi e famose al mondo, hanno diffuso due rapporti separati di studio e analisi di alcuni attacchi compiuti da droni statunitensi in Pakistan e Yemen. Entrambi hanno raggiunto le stesse conclusioni: decine di civili sono stati uccisi durante gli attacchi e gli Stati Uniti hanno violato il diritto internazionale, oltre ad avere commesso crimini di guerra.

La seconda occasione è stata data dal Washington Post, che giovedì ha pubblicato un’inchiesta relativa ai rapporti tra Stati Uniti e Pakistan sull’uso dei droni da parte degli statunitensi: l’inchiesta rivela come il governo pakistano abbia dato la sua autorizzazione a compiere gli attacchi, a differenza di quanto sostenuto ufficialmente fino ad oggi. Ma per capire l’importanza della questione, soprattutto il suo peso nella politica estera degli Stati Uniti, è meglio fare un passo indietro.

Perché è importante la questione dei droni
L’uso dei droni fuori dai confini degli Stati Uniti – introdotto da George W. Bush, ma rafforzato sotto l’amministrazione Obama – è una questione controversa legalmente e politicamente, ancora di più quando sono uccisi cittadini statunitensi che non hanno ricevuto un regolare processo. Da diversi anni è anche molto discussa per il problema dei cosiddetti “danni collaterali”, cioè l’uccisione di civili che non c’entrano nulla con i sospetti terroristi che si vuole colpire.

Per giustificare l’uso dei droni, gli Stati Uniti fanno ricorso al diritto all’autodifesa sancito dal diritto bellico e all'”Authorization for the use of military force against terrorists” (“Autorizzazione all’uso della forza militare”, AUMF), un provvedimento approvato dal Congresso il 14 settembre del 2001, tre giorni dopo l’attacco alle Torri Gemelle e al Pentagono. Questa norma concede al presidente il potere di «usare tutti i mezzi necessari e appropriati» per perseguire i terroristi che hanno «pianificato, autorizzato, commesso o facilitato» gli attacchi del 2001, e che quindi costituiscono un serio pericolo per la sicurezza degli Stati Uniti. Dal 2001 a oggi è stato compiuto un alto numero di attacchi con droni in diversi paesi del mondo: man mano che gli attacchi sono aumentati, raggiungendo il loro punto più alto con Obama, sono cresciute anche le critiche alle amministrazioni americane che le autorizzavano.

Nel maggio del 2013 Obama ha annunciato una nuova politica, che avrebbe dovuto limitare gli omicidi mirati con i droni agli obiettivi che pongono «una continua e imminente minaccia agli statunitensi», che non possono essere catturati dagli Stati Uniti o da un loro alleato, e solo se c’è la ragionevole certezza che non saranno coinvolti civili nell’attacco. I rapporti di Amnesty International e Human Rights Watch sembrano però dimostrare come gli obiettivi elencati da Obama non siano stati raggiunti.

I rapporti di Amnesty e HRW
Nel suo rapporto (pdf) Amnesty International ha registrato 45 presunti attacchi di droni nella regione del Waziristan del Nord, nel Pakistan nord-occidentale, tra il gennaio 2012 e l’agosto 2013. Il Waziristan del Nord è una delle parti del Pakistan in cui i bombardamenti di droni sono stati più intensi negli ultimi anni, per essere diventata un rifugio di estremisti e terroristi, sia pakistani sia afghani. Amnesty ha analizzato nel dettaglio 9 di questi 45 presunti attacchi, scoprendo che hanno provocato la morte di diversi civili, cioè persone non legate ad alcun tipo di attività terroristica.

A simili conclusioni è arrivata Human Rights Watch, che nel suo rapporto ha analizzato un attacco con droni compiuto nel 2009 e 5 compiuti tra il 2012 e il 2013, tutti in Yemen. HRW ha scritto che negli attacchi sono state uccise 82 persone, di cui 57 civili.

Secondo le due organizzazioni, si tratta di una violazione del diritto internazionale, che al di fuori della guerra vieta gli omicidi arbitrari e limita l’uso della forza oltre i propri confini nazionali solo a situazioni eccezionali, giustificate dalla presenza di una minaccia immediata alla propria vita. L’uccisione di civili in Pakistan da parte degli Stati Uniti non rientra in nessuna di queste categorie: pakistani e statunitensi non sono in guerra, e i civili uccisi non possono essere considerati una minaccia diretta. Sulla base delle conclusioni raggiunte dalle due organizzazioni, si è espresso anche il New York Times, che con un editoriale firmato dall’editorial board e intitolato “The Deaths of Innocents” (“La morte di innocenti”) ha chiesto al governo americano più trasparenza e responsabilità riguardo all’uso dei droni.

I documenti del Washington Post
L’inchiesta pubblicata giovedì dal WP, realizzata dai due giornalisti Greg Miller e Bob Woodward a partire da alcuni documenti della CIA e della diplomazia pakistana, spiega come per anni i funzionari del governo pakistano abbiano accettato segretamente l’uso dei droni sul proprio territorio da parte degli Stati Uniti. Alcuni di questi documenti, scrive il WP, sono stati preparati dal centro dell’antiterrorismo della CIA specificatamente per essere condivisi con il governo del Pakistan. Il WP ha pubblicato anche una mappa che mostra la localizzazione e la cronologia degli attacchi tra il 1 dicembre 2009 e il 21 gennaio 2010.

mappa

La tacita approvazione del governo del Pakistan agli attacchi di droni sul suo territorio era una cosa già ampiamente sospettata da molti analisti ed esperti di terrorismo, ma fino ad ora non era stato diffuso alcun documento ufficiale che lo dimostrasse. Mercoledì lo stesso primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, aveva detto alla stampa di avere parlato con Obama della necessità di mettere fine agli attacchi di droni. Il governo pakistano ha negato per anni la collaborazione con gli Stati Uniti per questioni legate per lo più alla politica interna: gli attacchi con i droni sono molto impopolari in Pakistan, e sono visti come una violazione della sovranità nazionale.

Un portavoce dell’ambasciata pakistana a Washington raggiunto dal WP non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Un portavoce della CIA, anch’esso sentito dal WP, ha rifiutato di commentare, ma non ha negato l’autenticità dei documenti.