Perché la scuola italiana funziona male

Secondo Andrea Ichino, non per mancanza di soldi: ma perché lo Stato li gestisce male e gli insegnanti non sono motivati

Il Corriere della Sera ospita giovedì un’analisi di Andrea Ichino sui risultati scolastici italiani rispetto a quelli di altri paesi del mondo: secondo Ichino la tesi per cui la scuola italiana soffra per una generica mancanza di fondi è superficiale e ingannevole, mentre il problema sarebbe la costruzione del corpo insegnante e delle sue motivazioni.

I risultati della prima indagine Piaac (Programme for the International Assessment of Adult Competence ) sono una doccia fredda per chi pensa ancora che la scuola italiana sia, nonostante tutto, migliore di quella di altri Paesi.
Quando il confronto non si basa su aneddoti («mia figlia ha frequentato un anno all’estero ed era la piu brava…»), ma sui risultati di questionari uguali in 24 Paesi e ai quali hanno risposto campioni rappresentativi della popolazione di età compresa tra i 16 e i 65 anni, il quadro è disastroso. Siamo in fondo alla classifica sia per le competenze linguistiche sia per quelle matematiche. E il disastro riguarda non solo i giovani ma anche gli anziani, a dimostrazione del fatto che i problemi della scuola italiana derivano da lontano, dal suo impianto dirigistico e centralizzato che deve essere radicalmente cambiato. Non continuiamo a illuderci sulle virtù del liceo classico!
Agli italiani viene invece costantemente detto che è solo un problema di risorse destinate alla scuola, ma i dati Ocse (Education at a Glance ) esaminati dal Rapporto del Forum «Idee per la crescita» (vedi e-book del Corriere della Sera) mostrano una realtà diversa.

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