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  • Martedì 24 settembre 2013

La guerra in Siria, nel frattempo

Fotografie della guerra "convenzionale" che prosegue nonostante sia in un vicolo cieco, mentre da un mese discutiamo di armi chimiche e interventi militari

Un gruppo di persone cerca i sopravissuti sotto le macerie a seguito di un bombardamento a Idlib, 23 settembre 2013 (AP Photo)
Un gruppo di persone cerca i sopravissuti sotto le macerie a seguito di un bombardamento a Idlib, 23 settembre 2013 (AP Photo)

Nell’ultimo mese sui giornali di tutto il mondo e nelle più importanti sedi della diplomazia internazionale si è parlato molto di Siria in riferimento a un possibile intervento militare statunitense, condizionato dalla questione dell’uso delle armi chimiche. Mentre il presidente siriano Bashar al Assad tratta con gli stati del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla consegna del suo arsenale chimico, in Siria si continua a combattere una sanguinosa guerra civile “convenzionale”, che coinvolge ormai tutto il paese e che negli ultimi mesi si è complicata ancora di più per l’apertura di un “terzo fronte“, che vede scontrarsi i ribelli “laici” e moderati con quelli estremisti e legati ad al Qaida.

Lo scorso 11 settembre le Nazioni Unite hanno pubblicato un rapporto che spiega come il conflitto si trovi in una situazione di stallo: il numero di siriani scomparsi, dice il rapporto, è ormai “incalcolabile”; inoltre la guerra si è estesa anche oltre i confini nazionali, riaccendendo le tensioni nei paesi vicini – soprattutto tra sunniti e sciiti, ma anche tra estremisti sunniti e curdi – e mettendo a grave rischio la sicurezza dell’intera regione.

(attenzione: alcune fotografie contengono immagini forti)

Il rapporto delle Nazioni Unite sostiene che il conflitto sia «in un vicolo cieco»: entrambi i due schieramenti principali, forze fedeli ad Assad da una parte e ribelli dall’altra, sono convinti di poter raggiungere presto una vittoria militare e per questo negli ultimi tre mesi hanno intensificato i combattimenti. Le forze governative hanno ottenuto una serie di vittorie riuscendo a mantenere il controllo di Homs e della campagna intorno a Damasco, mentre la città settentrionale di Aleppo è rimasta fino ad ora sotto il controllo dei ribelli: Assad, comunque, può contare ancora sulla presenza delle sue truppe nelle aree economicamente più avanzate del paese e in quelle che sono considerate più importanti per il conflitto dal punto di vista strategico – come le basi aeree e le principali linee di comunicazione. In particolare dalla battaglia di Qusayr, conclusa nel giugno 2013, l’esercito siriano ha potuto contare anche sull’appoggio dei militanti di Hezbollah, movimento sciita libanese alleato da sempre con Assad e con l’Iran.

I ribelli anti-governativi hanno aumentato la loro presenza nelle grandi aree del nord e dell’est della Siria, lungo il confine con la Turchia e con la Giordania. Sia le forze governative sia i gruppi di opposizione hanno continuato a lanciare attacchi diffusi contro la popolazione civile commettendo sistematicamente crimini di guerra, omicidi, torture, sequestri, stupri, esecuzioni senza processo. Il regime continua ad attaccare le strutture sanitarie e il personale medico per privare l’opposizione e i suoi sostenitori dell’accesso alle cure. Nonostante la grande attenzione della diplomazia internazionale sulla questione dell’uso delle armi chimiche – a questo riguardo è previsto per mercoledì il ritorno degli ispettori internazionali nel paese – la grande maggioranza delle vittime della guerra in Siria sono state uccise dai bombardamenti e dagli scontri con armi convenzionali.