Storia delle scie chimiche

La Stampa racconta come una balla inventata da due truffatori americani è diventata una delle teorie del complotto più popolari online (e non solo)

Contrails draw through the blue sky on April 15, 2013 in Hanau near Frankfurt am Main, western Germany. Meteorologists forecast sunshine and temperatures reaching up to 20 degrees Celsius and even more for wide parts of the country. AFP PHOTO / NICOLAS ARMER / GERMANY OUT (Photo credit should read Nicolas Armer/AFP/Getty Images)
Contrails draw through the blue sky on April 15, 2013 in Hanau near Frankfurt am Main, western Germany. Meteorologists forecast sunshine and temperatures reaching up to 20 degrees Celsius and even more for wide parts of the country. AFP PHOTO / NICOLAS ARMER / GERMANY OUT (Photo credit should read Nicolas Armer/AFP/Getty Images)

Silvia Bencivelli sulla Stampa racconta la storia delle teorie del complotto sulle “scie chimiche”, tra le più popolari e diffuse online: si sostiene – senza prove, naturalmente – che dei misteriosi aeroplani (ma secondo alcuni anche aerei di linea) disperdano dell’atmosfera sostanze nocive con gli scopi più disparati: modificare il clima, diffondere malattie, modificare le opinioni delle persone, sedarle. Il tutto per conto dei governi mondiali, della CIA, delle multinazionali, eccetera. Negli anni queste teorie hanno ottenuto una diffusione crescente: solo negli ultimi dieci anni, tra il 2003 e il 2013, sono state presentate al Parlamento italiano almeno una quindicina di interrogazioni parlamentari sulle scie chimiche, quasi tutte da parte di deputati o senatori del centrosinistra (e ci sono un paio di nomi ricorrenti). Quando Report se ne occupò, descrivendole come bufale, Milena Gabanelli ricevette centinaia di email identiche e qualche rotolo di carta igienica.

La Stampa scrive che tutto cominciò circa 15 anni fa “con una panzana inventata da due truffatori americani”.

È una bufala volante, che percorre i nostri cieli da più di quindici anni. Una bufala minacciosa, che parla di sostanze chimiche rilasciate tra le nuvole da misteriosi aeroplani scuri, per avvelenare l’aria e provocare, addirittura, genocidi. Eppure è una bufala di cui sappiamo tutto, vita, morte e miracoli: da quando fu lanciata su internet da una maldestra banda del buco, a tutte le volte che è stata smentita al di là di ogni dubbio sensato. È la storia delle cosiddette scie chimiche, rilanciata su internet con la caparbia irragionevolezza dei complottisti e la complicità (ingenua?) dei politici di mezzo mondo. Oggi continua a spaventare, probabilmente ad arricchire qualcuno, e sicuramente a far sghignazzare molti altri. Ma, come tutte le bufale che si rispettino, ha una storia lunga e istruttiva.

Il padre delle scie chimiche si chiamava Richard Finke: non era uno scienziato, né un esperto di aeronautica, non aveva nessuna competenza in ambito di spionaggio. Però si mise in società con un certo Larry Wayne Harris che aveva aperto un’ambiziosa ditta di consulenza contro gli attacchi terroristici (la LWH Consulting). Era il 1997: i due, per farsi pubblicità, cominciarono a spammare email in cui annunciavano l’imminenza di un attacco. Ma le cose andarono male, il batterio della peste bubbonica non si fece vedere, e i due non si procurarono clienti. Fu così che Finke passò al contrattacco e scrisse a una mailing list sul bioterrorismo la seguente mail (questa è la versione riportata dal giornalista cacciabufale, o debunker, Jay Reynolds): “Il direttore di Aqua-tech Environmental… rivela oggi di aver trovato 1,2-dibromoetano (una sostanza molto tossica e cancerogena, ndr) in campioni di acqua… raccolti da contadini di Maryland e Pennsylvania. … La sostanza sembra essere mescolata al carburante degli aerei e dispersa costantemente nei nostri cieli. Le linee che riempiono i nostri cieli non sono scie di condensazione: vengono disperse e possono durare ore, rilasciando lentamente il flagello”. Il titolo, in perfetto stile complottardo, era scritto in maiuscolo, cominciava con Genocide on a wholesale (genocidio all’ingrosso) e conteneva la bellezza di cinque punti esclamativi su quindici parole.

La bufala cominciò così a volare.

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