Il discorso di Obama sulla Siria
Ha spiegato le ragioni per un intervento militare punitivo contro Assad ma non ha escluso soluzioni diplomatiche e ha chiesto al Congresso di rinviare il voto
Nella sera di martedì 10 settembre (in Italia erano le prime ore di mercoledì 11) il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha tenuto un discorso alla nazione dalla Casa Bianca, a Washington, per dare gli ultimi aggiornamenti sulla crisi in Siria e sulla sua proposta di intervenire militarmente contro il suo regime, accusato di avere usato armi chimiche. Il discorso era stato annunciato da giorni ed era particolarmente atteso, perché avrebbe dovuto convincere l’opinione pubblica statunitense – alquanto disinteressata al tema – sull’importanza di un attacco per punire il regime del presidente siriano Bashar al Assad. In seguito agli ultimi sviluppi diplomatici, con la proposta di mettere sotto controllo internazionale gli arsenali chimici di Assad, le cose sono almeno temporaneamente cambiate: il tono del discorso è stato meno aggressivo e interventista del previsto, e Obama ha detto di aver chiesto al congresso di rinviare il voto sull’intervento.
In 15 minuti, Barack Obama ha spiegato che la sua amministrazione per lungo tempo aveva evitato di accogliere le richieste di avviare un’azione militare in Siria, perché riteneva che l’uso della forza non fosse la risposta giusta per mettere fine alla guerra civile. L’attacco con armi chimiche del 21 agosto ha però cambiato le cose e portato il conflitto su un altro piano: “In quella notte terribile, il mondo ha visto con dettagli raccapriccianti la natura orribile delle armi chimiche e perché la maggior parte dell’umanità le ha dichiarate non utilizzabili, un crimine contro l’umanità e una violazione delle leggi di guerra”.
Obama ha anche dato qualche dettaglio in più, raccolto dall’intelligence, su come sarebbero andate le cose il 21 agosto. Gli addetti dell’esercito di Assad alle armi chimiche avrebbero preparato i gas in un’area apposita, distribuendo poi maschere antigas ad alcuni soldati. Le armi chimiche sarebbero state poi lanciate “da un’area controllata dal regime su undici zone abitative che il regime stava cercando di ripulire dalla presenza delle forze di opposizione”.
Come avevano fatto altri membri della sua amministrazione nei giorni scorsi, anche davanti alle Commissioni per gli Affari esteri di Camera e Senato, Obama ha ricordato che quanto avvenuto in Siria costituisce un potenziale pericolo per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Ha detto che in assenza di un segnale forte per quanto accaduto in Siria, altri regimi potrebbero decidere di fare ricorso alle armi chimiche, confidando sul fatto che la comunità internazionale continui a non intervenire. Per questo motivo Obama ha detto di essersi convinto sulla necessità di un attacco militare mirato “per impedire ad Assad di usare le armi chimiche, per ridurre la capacità del suo regime di usarle e per dire forte e chiaro al resto del mondo che non sarà tollerato il loro utilizzo”, volto a punire Assad ma non a schierarsi con i ribelli e deporlo.
Obama ha spiegato di avere posto la sua decisione davanti al Congresso per avere un dibattito aperto prima di prendere qualsiasi decisione definitiva, e ha rassicurato sul fatto che nessun soldato statunitense metterà piede in Siria per condurre l’attacco. Ha anche difeso la scelta di un intervento limitato, che almeno in teoria dovrebbe impedire ad Assad di usare ancora le armi chimiche, ma senza rovesciare il suo regime o condizionare più di tanto l’esito della guerra civile.
La parte finale del discorso di Obama è stata dedicata all’ipotesi di una risoluzione diplomatica, sostenuta con convinzione dalla Russia e in modo più sfumato dalla Siria, che prevede la messa sotto sorveglianza da parte della comunità internazionale degli arsenali chimici del regime di Assad. Obama ha chiarito che è ancora troppo presto per sapere “se una simile offerta avrà qualche successo” e ha ricordato che ci potrà essere una via diplomatica solo se Assad terrà fede ai termini dell’accordo. “Tuttavia, questa iniziativa ha il potenziale di rimuovere la minaccia delle armi chimiche senza l’uso della forza”, e per questo Obama ha chiesto al congresso di rinviare per il momento il voto sull’intervento.
Concludendo il suo intervento, Obama ha confermato che giovedì 12 settembre il Segretario di stato John Kerry vedrà il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, durante un incontro a Ginevra, in Svizzera. Dal canto suo, Obama continuerà a consultarsi e confrontarsi con il presidente russo, Vladimir Putin, da sempre contrario a qualsiasi tipo di intervento militare in Siria. L’obiettivo, insieme con Regno Unito e Francia, è quello di portare al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione in cui si chieda ad Assad di consegnare tutte le sue armi chimiche e di distruggerle sotto il controllo di osservatori internazionali. Martedì sono circolate le prime notizie su una bozza della risoluzione, che impone margini molto stretti ad Assad e che potrebbe quindi essere rifiutata e non votata da Russia e Cina.
Obama ha comunque ricordato che le navi militari statunitensi continueranno a stazionare nel Mediterraneo per fare pressione su Assad. Ha ricordato che sono pronte per effettuare un attacco in qualsiasi momento, se il nuovo sforzo diplomatico dovesse fallire.
foto: AP Photo/Evan Vucci, Pool