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  • Martedì 7 maggio 2013

8 cose sul Bangladesh

E molte foto del paese da settimane sui giornali di mezzo mondo, dal crollo di Dacca alle violenze di strada: è poverissimo e da 17 anni è governato da donne

Muslim pilgrims leave the 'Biswa Ijtema' or World Muslim Congregation on an over-crowded train at Tongi, about 30 kms north of Dhaka on January 23, 2011. At least 2.5 million Muslims attended prayers near the Bangladeshi capital as the first phase of the second largest annual Islamic festival after the hajj ended, officials said. AFP PHOTO/Munir uz ZAMAN (Photo credit should read MUNIR UZ ZAMAN/AFP/Getty Images)
Muslim pilgrims leave the 'Biswa Ijtema' or World Muslim Congregation on an over-crowded train at Tongi, about 30 kms north of Dhaka on January 23, 2011. At least 2.5 million Muslims attended prayers near the Bangladeshi capital as the first phase of the second largest annual Islamic festival after the hajj ended, officials said. AFP PHOTO/Munir uz ZAMAN (Photo credit should read MUNIR UZ ZAMAN/AFP/Getty Images)

Nelle ultime settimane i giornali di tutto il mondo si sono occupati del Bangladesh, un piccolo paese confinante con India e Birmania e uno dei più densamente popolati di tutto il mondo. Del Bangladesh si è parlato soprattutto per due eventi: il crollo di un grande palazzo a Dacca, la capitale del paese, che oltre a causare più di 700 morti ospitava uffici e magazzini di diverse aziende internazionali, e una serie di scontri, sempre a Dacca, tra le forze di polizia e i sostenitori del gruppo islamista Hefazat-e Islam, che stanno causando giorno dopo giorno danni, violenze e morti.

Il Bangladesh è uno stato piuttosto recente: ha raggiunto l’indipendenza dal Pakistan il 16 dicembre 1971, celebrata da allora ogni anno nel Giorno della Vittoria. È un paese molto povero e ha una storia complicata che non ha permesso in oltre 30 anni di pacificare le tensioni tra diversi gruppi etnici e religiosi del paese.

1. L’ABC 
Il Bangladesh è uno degli stati più densamente popolati del mondo: in un’area di circa 144mila chilometri quadrati vivono ben 150 milioni di abitanti. Come se nella sola Italia settentrionale più la Toscana abitassero tutti gli italiani, i francesi e gli spagnoli. La povertà è molto diffusa: il Bangladesh, scrive il Wall Street Journal, è di gran lunga il luogo dove la manodopera è più economica: da una parte diverse aziende internazionali, soprattutto nel settore tessile, ci hanno trasferito magazzini o stabilimenti; dall’altra parte moltissime persone ogni anno sono costrette ad andare all’estero per trovare un lavoro dignitoso. Lo scorso dicembre il ministro delle Finanze, A.M.A. Muhith, disse che lo sviluppo economico del Bangladesh dipende in larga parte dalle rimesse degli immigrati all’estero (corrispondono all’11 per cento del PIL), una delle fonti principali di valuta estera per il paese.

2. L’economia del Bangladesh
L’attività economica più importante del paese è l’agricoltura, anche grazie ai fiumi che attraversano il paese, tra cui il Gange. Molti bengalesi sono costretti a vivere in zone coltivate a rischio di inondazioni. L’inquinamento delle acque, in particolare nelle zone dove si pratica la pesca, è un problema molto grave: a causa dell’uso di grandi quantità di pesticidi, le acque sotterranee sono contaminate da arsenico naturale. Le riserve di gas onshore e offshore lasciano qualche speranza per una futura prosperità economica del paese, anche se non c’è ancora una strategia precisa del governo per il loro sfruttamento.

3. Il Giorno della Vittoria
In bengali, la lingua parlata nel paese e nelle zone confinanti dell’India, si chiama Bijôe Dibôsh. Si celebra ogni 16 dicembre dal 1972, per festeggiare l’indipendenza del Bangladesh dal Pakistan dell’anno precedente. In tutto il paese vengono organizzati discorsi commemorativi, parate militari e concerti. Una curiosità: il Giorno della Vittoria si festeggia anche in India. Il governo indiano, durante la guerra d’indipendenza, aveva assistito militarmente e finanziariamente i bengalesi, confermando la storica rivalità che divide India e Pakistan nella regione dell’Asia Meridionale.

4. Le donne al potere
Dagli anni Novanta in Bangladesh c’è una forte rivalità politica tra due donne, che dal 1996 si sono alternate alla carica di primo ministro: Sheikh Hasina, del partito di centrosinistra Lega Awami, attuale primo ministro, e Khalaeda Zia, del Partito Nazionalista del Bangladesh, di centrodestra. Hasina e Khalaeda hanno, in un certo senso, storie familiari simili: persero rispettivamente il padre e il marito per questioni legate alla politica del paese. Furono entrambi presidenti, ed entrambi assassinati. Khalaeda è la vedova del generale Zia-ur Rahman, che prese il potere nel 1975 e venne ucciso sei anni più tardi. Hasina è la figlia del primo capo di Stato del Bangladesh, Sheik Mujibur, assassinato proprio nello stesso golpe del 1975. Per molto tempo Hasina rimproverò il marito di Khaleda di aver assicurato l’impunità agli assassini di suo padre. Pochi anni dopo, la seconda denunciò la prima di essere stata coinvolta nel colpo di Stato che rovesciò il marito.

5. Il processo che ha fatto infuriare Dacca
È quello che il 5 febbraio scorso portò alla condanna all’ergastolo per Abdul Quader Mollah, leader del partito islamico Jamaat-e-Islami. Gli Jamaat, oggi nella coalizione di centrodestra all’opposizione, durante la guerra d’indipendenza nazionale si allearono con l’esercito pakistano contro le forze indipendentiste bengalesi, e furono coinvolti in stupri, omicidi e torture di connazionali. Moltissime persone hanno pensato che la sentenza non fosse abbastanza dura, e sono scese per le strade di Dacca, accusando il governo di avere fatto un accordo segreto con gli islamisti.

6. La storia del blogger Ahmed Rajib Haider
Era molto popolare, oltre a essere organizzatore di alcuni movimenti di protesta per i processi contro gli Jamaat. Fu ucciso brutalmente il 5 febbraio scorso: venne ritrovato con la gola tagliata e il corpo mutilato, marchio degli omicidi dell’ala studentesca del partito Jamaat. Molti altri blogger che si erano schierati sulle stesse posizioni di Haider, e che avevano dato vita al gruppo “Bloggers and Online Activist Network” hanno subito minacce da parte degli islamisti. A inizio aprile, con le proteste che continuavano a Dacca, le autorità del Bangladesh hanno cominciato a “tracciare” le attività dei blogger attivisti e diversi profili Facebook per avere scritto cose contro l’Islam e Maometto, e alcuni di loro sono stati poi arrestati.

7. Cosa sta succedendo a Dacca
Negli ultimi giorni un altro gruppo islamista, la coalizione Hefazat-a Islam, ha organizzato grandi manifestazioni a Dacca. Hefazat e i suoi sostenitori hanno marciato in sei strade principali della città, gridando «Allahu Akbar!» (Dio è grande) e «Un solo punto! Una sola richiesta! Gli atei devono venire impiccati!», riferendosi chiaramente a Haider e agli altri blogger che chiedevano punizioni più dure nei processi agli Jamaat.

La coalizione Hefazat è sostenuta dalle scuole religiose del paese, spinge per una radicale islamizzazione del Bangladesh, e ha minacciato di protestare e bloccare la capitale fino a che il governo soddisferà una lista di tredici richieste. Tra queste c’è l’introduzione della pena di morte per i reati di blasfemia e ateismo, la segregazione tra uomini e donne, l’insegnamento della dottrina islamica nelle scuole e la «fine delle infiltrazioni di culture straniere, tra cui la spudoratezza nel nome della libertà individuale».

8. Il governo e gli islamisti
In molti credono che le manifestazioni organizzate da Hefazat in questi giorni non siano altro che un aperto sostegno alla campagna violenta di Jamaat per cancellare i processi previsti contro altri appartenenti a Jamaat, che si dovranno tenere in futuro. Sull’atteggiamento del governo di Sheikh Hasina nei confronti delle manifestazioni ci sono diverse interpretazioni: alcuni lo accusano di essere troppo morbido verso le violenze di Hefazat, altri, tra cui l’organizzazione non governativa “Asian Human Rights Commission“, ha scritto che nella notte tra il 5 e il 6 maggio le forze di sicurezza bengalesi avrebbero compiuto un vero e proprio massacro, per lo più taciuto dalla stampa nazionale, in cui sarebbero morte almeno 2.500 persone.