Quando gli italiani bombardarono Barcellona

Sul Corriere Enric Juliana racconta la storia di quando, 75 anni fa, gli aerei italiani bombardarono la città spagnola, causando quasi mille morti

Oggi sul Corriere della Sera Enric Juliana, vicedirettore del giornale La Vanguardia, il principale quotidiano catalano, racconta la storia del bombardamento di Barcellona. Nel 1938, tra il 16 e il 18 marzo, aerei italiani del corpo di spedizione che appoggiava il generale Francisco Franco nella sua guerra contro il governo repubblicano sganciarono bombe su Barcellona. In tutto 17 missioni vennero compiute sulla città e furono sganciate circa 50 tonnellate di bombe: nessuna era mirata a obbiettivi militari.

Fu un attacco aereo di dimensioni molto ridotte rispetto a quelli che si sarebbero visti nel corso della Seconda Guerra Mondiale – nel 1945 gli alleati sganciarono in due giorni 3.900 tonnellate di bombe su Dresda. Ma a causa della sorpresa e dell’impreparazione a difendersi da una guerra aerea, gli attacchi italiani causarono quasi mille morti e diverse migliaia di feriti.

Nel marzo del 1938, gli abitanti di Barcellona — e quelli delle altre città catalane — sapevano bene cosa fosse un bombardamento aereo. La città era già stata attaccata più volte dall’Aviazione Legionaria italiana, che aveva sede a Maiorca, ma il primo bombardamento a tappeto era arrivato dal mare, il 13 febbraio 1937, otto mesi dopo l’inizio della Guerra Civile, quando l’incrociatore italiano Eugenio di Savoia aveva riversato il fuoco delle batterie contro il quartiere centrale. Tra il 16 e il 18 marzo del ’38, però, l’aria tremò in un modo diverso. Il bombardamento, lento, prolungato nel tempo, non finiva mai. Quando le sirene si zittivano e sembrava che il pericolo fosse cessato, l’allarme suonava di nuovo. Tredici attacchi in 40 ore. E, non appena si seppe di una forte esplosione nel centro della città, fu il panico generale. Un incidente incredibile e tragico: una bomba aveva colpito un camion militare che trasportava in centro un carico di dinamite e aveva provocato una strage. Cominciò a circolare la voce che gli italiani stessero testando un nuovo tipo di esplosivo e migliaia di persone iniziarono a scappare verso le periferie. Tre giorni dopo, quando quell’incubo terminò, l’aviazione italiana aveva ucciso oltre 900 persone e causato 1.500 feriti, intasando gli ospedali. Aveva generato il panico e, soprattutto, aveva demoralizzato la popolazione. I barcellonesi sapevano che la Repubblica e la Generalitat (il governo autonomo catalano) avevano perso la guerra.
Barcellona era stata bombardata in quel modo per impressionare Hitler. Il 12 marzo del 1938, il regime nazionalsocialista tedesco aveva portato a termine l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Terzo Reich. Non era una buona notizia per Benito Mussolini, che aveva cercato di tenere in piedi il governo autoritario del cancelliere Dollfuss, padre di un austrofascismo che si opponeva alla perdita di sovranità nazionale. Mussolini era preoccupato. Doveva mandare un «segnale» a Hitler, un messaggio per ricordare ai tedeschi, e a tutta l’Europa, la potenza del regime fascista.

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