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  • Sabato 19 gennaio 2013

Gli interessi dell’Italia in Mali

Ne scrive sulla Stampa il sottosegretario agli Esteri Marta Dassù, chiedendo ai partiti di essere chiari

French soldiers patrol in an armoured vehicle on January 18, 2013 near Segou. France confirmed today that Malian troops had taken control of the key central town of Konna from armed Islamists who seized the country's vast desert north in April last year AFP PHOTO / ISSOUF SANOGO (Photo credit should read ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)
French soldiers patrol in an armoured vehicle on January 18, 2013 near Segou. France confirmed today that Malian troops had taken control of the key central town of Konna from armed Islamists who seized the country's vast desert north in April last year AFP PHOTO / ISSOUF SANOGO (Photo credit should read ISSOUF SANOGO/AFP/Getty Images)

Marta Dassù ha spiegato oggi sulla Stampa i motivi che rendono ancor più importante la situazione in Mali, dove l’esercito francese sta combattendo contro i ribelli tuareg islamisti, in riferimento agli interessi strategici del nostro paese. Per questo i politici dei vari partiti, nonostante il periodo di campagna elettorale, dovrebbero spiegare ai cittadini quali siano e dove si trovino gli interessi dell’Italia in Mali.

Quella in gioco in un pezzo di Africa solo a prima vista remoto è una questione di importanza vitale per il nostro Paese. È necessario che i partiti politici rendano i cittadini consapevoli di quali siano e dove si trovino i nostri interessi nazionali.

Al di là di considerazioni pre-elettorali dal respiro corto. Rispetto a una parte dei conflitti post-11 settembre, in Mali la posta in gioco non riguarda la difesa delle alleanze dell’Italia; riguarda direttamente i suoi interessi strategici. Nessuno si sognerebbe di considerare ininfluenti, per l’Italia, gli eventi che colpiscono la Libia o l’Algeria, da cui dipende un terzo delle nostre forniture energetiche. Eppure il Sahel è lì, appena dietro. La guerra interna al Mali è in parte figlia della disgregazione della Libia; in parte si riflette nella nuova e drammatica prova di forza, fra governo e terrorismo islamico, in Algeria.

Gli uomini blu del deserto non riconoscono padroni, neanche africani. Tutta la fascia di Paesi che sono emersi dagli imperi coloniali – una fascia che grosso modo taglia l’Africa all’altezza del Sahara meridionale, dalla Mauritania al Sudan – soffre dello stesso problema: la difficile convivenza tra un Nord desertico, di cultura araba e nomade, ed un Sud abitato da agricoltori stanziali di stirpe africana. Rivolte e guerre civili, dagli inizi degli Anni Sessanta del secolo scorso, hanno avuto questo denominatore comune: in Ciad, Niger, Sudan – oggi diviso in due dopo un conflitto sanguinoso – e in Mali.

L’incapacità internazionale di affrontare il «problema Tuareg» – come è sempre stato grossolanamente definito – e le deficienze delle classi dirigenti locali, hanno prodotto Stati fragili o falliti; con grandi sofferenze per le popolazioni. Il Mali è ancora più povero oggi di quanto non fosse due decenni fa. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur.

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