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  • Mercoledì 19 settembre 2012

Le manifestazioni contro il Giappone

Le foto delle proteste di questi giorni in Cina, sempre per le contese isole Senkaku: le cose non migliorano, anzi

Chinese demonstrators set fire to a Japanese national flag during a protest over the Diaoyu islands issue, known as the Senkaku islands in Japan, in Wuhan, central China’s Hubei province on September 16, 2012. Thousands of anti-Japanese demonstrators mounted protests in cities across China on September 16 over disputed islands in the East China Sea, a day after an attempt to storm Tokyo’s embassy in the capital. CHINA OUT AFP PHOTO (Photo credit should read AFP/AFP/GettyImages)

Chinese demonstrators set fire to a Japanese national flag during a protest over the Diaoyu islands issue, known as the Senkaku islands in Japan, in Wuhan, central China’s Hubei province on September 16, 2012. Thousands of anti-Japanese demonstrators mounted protests in cities across China on September 16 over disputed islands in the East China Sea, a day after an attempt to storm Tokyo’s embassy in the capital. CHINA OUT AFP PHOTO (Photo credit should read AFP/AFP/GettyImages)

Negli ultimi giorni in Cina ci sono state numerose proteste e manifestazioni contro il governo del Giappone per l’annosa questione delle isole Senkaku, contese da decenni tra i due paesi. I momenti di massima tensione sono stati raggiunti ieri, giorno in cui ricorreva l’anniversario del cosiddetto “incidente della Manciuria”, un attentato condotto nel 1931 contro la ferrovia giapponese nei pressi della città di Mukden (oggi Shenyang) e che fu utilizzato come pretesto dal Giappone per occupare la Manciuria meridionale, nell’ambito della Seconda guerra sino-giapponese. Delle Senkaku (l’intera storia la raccontammo qui) si è tornato a parlare nelle ultime settimane in seguito alla conferma da parte delle autorità giapponesi di un piano per l’acquisto di alcune delle isole, in mano a privati.

A Pechino decine di manifestanti si sono riuniti davanti all’ambasciata giapponese, urlando slogan contro il Giappone e invitando il governo cinese a non desistere sulla questione delle isole Senkaku (che in Cina sono chiamate Diaoyutai). La stazione della metropolitana più vicina all’ambasciata è stata chiusa per motivi di sicurezza e le autorità di Pechino hanno mandato sul luogo decine di agenti, per evitare ulteriori assembramenti e tenere sotto controllo la situazione.

Ieri circa 50 manifestanti cinesi hanno accerchiato l’auto su cui stava viaggiando l’ambasciatore degli Stati Uniti in Cina, Gary Locke, che solo dopo qualche minuto è riuscito a proseguire il proprio viaggio. L’ambasciata statunitense si trova nella stessa zona in cui il Giappone ha la propria sede diplomatica. I diplomatici statunitensi hanno invitato il governo cinese a occuparsi con più incisività delle proteste, ma il ministero degli Esteri della Cina ha comunque precisato che si è trattato di un caso isolato e che saranno condotte indagini per identificare i responsabili.

Nei giorni scorsi molte società giapponesi che hanno stabilimenti di produzione in Cina sono state costrette a sospendere la produzione a causa delle proteste. In alcuni casi le aziende hanno anche provveduto al rimpatrio dei dipendenti di nazionalità giapponese temendo per la loro incolumità. Oltre a Pechino, ci sono state manifestazioni anche in altre grandi città della Cina come Shanghai. Il governo cinese ha comunque tenuto sotto stretta osservazione le diverse iniziative, evitando che venissero organizzate manifestazioni per chiedere anche maggiori libertà al governo.

I rapporti tra i governi della Cina e del Giappone continuano a essere tesi. Negli ultimi giorni sono state avvistate diverse navi sia giapponesi sia cinesi, impegnate in azioni di disturbo intorno alle Senkaku. Secondo diversi osservatori nei prossimi giorni le tensioni potrebbero aumentare ulteriormente, anche se i due governi per ora non hanno cercato esplicitamente lo scontro e Pechino ha cercato di ridimensionare la portata delle manifestazioni di questi giorni.