Perché un secondo governo Monti è sbagliato

Secondo Dario Di Vico sul Corriere, "il governo tecnico non può diventare la regola e aprire una frattura nella democrazia italiana"

L’editoriale di prima pagina del Corriere della Sera di oggi è firmato da Dario Di Vico, che segue e analizza da mesi per il giornale le storie della crisi italiana. Di Vico interviene nella discussione sulla possibilità di un nuovo governo Monti dopo le elezioni – prospettiva finora esclusa dallo stesso Monti, e quindi soprattutto materia di speculazione mediatica – da una posizione che non è né dei tifosi di Monti né degli ostili a Monti. Ma sostenendo che non si può derogare ulteriormente alle regole democratiche, qualunque sia il loro esito e le persone che le elezioni destinano a guidare il paese: per quanto apprezzabile sia il lavoro fatto dal governo Monti. Il discorso di Di Vico ha come possibile obiezione l’ipotesi di un governo “politico” guidato da Mario Monti, e non tecnico, in un sistema in cui gli elettori non scelgono direttamente il premier e quindi delegano ai partiti la scelta su chi formi il governo: ma è vero che al momento solo l’UdC appoggia una nuova soluzione Monti.

Si è aperto in questi giorni in contemporanea al meeting di Cernobbio un confuso dibattito sull’eventualità di ricorrere a un governo Monti bis dopo le elezioni. L’ipotesi ha fatto leva anche sull’apprezzamento dell’operato dell’esecutivo espresso dagli imprenditori presenti al convegno. Detto che la nostra Costituzione non assegna ancora alle riunioni delle grandi élite italiane il potere di indicare il capo di un governo per di più post elettorale, sostenere oggi il Monti bis è un errore. Nell’immediato non ci aiuta nel cammino di risanamento/riforma intrapreso e soprattutto introduce un elemento di ambiguità nel rapporto tra istituzioni e Paese reale. Non è un caso del resto, come ha ricordato ieri lo stesso Mario Monti, che l’Italia sia l’unico Paese tra i 27 della Ue amministrato da un esecutivo di tecnocrati mentre tutti gli altri sono guidati da governi espressione di una reale competizione elettorale.

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