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  • Martedì 10 luglio 2012

Chi ha vinto le elezioni in Libia

Hanno perso gli islamisti, hanno vinto i "moderati" dell'ex premier Jibril, senza contestazioni dei risultati: Bernardo Valli su Repubblica spiega come è successo

National Forces Alliance leader Mahmud Jibril gives a press conference at the Alliance headquarters in Tripoli, on July 8, 2012. Liberals claimed an early lead today in vote counting across the country after Libya held its first free elections following Moamer Kadhafi's ouster, winning plaudits from the international community. If the trend is confirmed, Libya unlike neighbouring Tunisia and Egypt whose strongmen were also toppled in last year's Arab Spring, will buck the trend of electoral success for Islamist movements. AFP PHOTO/GIANLUIGI GUERCIA (Photo credit should read GIANLUIGI GUERCIA/AFP/GettyImages)
National Forces Alliance leader Mahmud Jibril gives a press conference at the Alliance headquarters in Tripoli, on July 8, 2012. Liberals claimed an early lead today in vote counting across the country after Libya held its first free elections following Moamer Kadhafi's ouster, winning plaudits from the international community. If the trend is confirmed, Libya unlike neighbouring Tunisia and Egypt whose strongmen were also toppled in last year's Arab Spring, will buck the trend of electoral success for Islamist movements. AFP PHOTO/GIANLUIGI GUERCIA (Photo credit should read GIANLUIGI GUERCIA/AFP/GettyImages)

Sabato in Libia si è votato per eleggere i 200 membri del Congresso Generale Nazionale, nella prima elezione libera da 43 anni. I risultati ufficiali non sono ancora stati diffusi ma stando a quelli provvisori, non contestati dai partiti, la maggioranza dei voti è stata ottenuta dalla Coalizione delle Forze Nazionali, movimento considerato “moderato” e “filo-occidentale” guidato da Mahmoud Jibril, ex primo ministro dei cosiddetti ribelli durante la guerra. Sono stati sconfitti i Fratelli Musulmani e la loro organizzazione politica, contrariamente a quanto è successo in Tunisia e in Egitto. Bernardo Valli su Repubblica di oggi spiega com’è successo e che cosa vuol dire.

Era l’ultima della classe. La più ricca, certo, per via del petrolio. Ma sul piano politico la più imprevedibile, la meno credibile tra le nazioni della “primavera araba”. Una Libia capace di imboccare la strada della democrazia era impensabile. Si pensi ai profeti di sventura che condannarono l’azione della NATO contro Gheddafi, sostenendo che dopo il rais sarebbe venuto il peggio. Erano sicuri di quel che dicevano. Emettevano sentenze, non opinioni. Ed erano sciocchezze.

Da alcune ore la rissosa, indisciplinata, corrotta società beduina, dispersa in un deserto posato su un mare di petrolio, frantumata in tribù, in clan, in famiglie armate fino ai denti e assetate di vendette spesso ereditate da sconosciuti antenati, quella società abbrutita per quasi mezzo secolo dal delirio di Gheddafi, e per questo giudicata impreparata e quindi inaffidabile, ha impartito una lezione di democrazia al vicino grande Egitto e all’altrettanto vicina ed educata Tunisia. E, fatto straordinario, la Libia musulmana ha fermato l’ondata islamista che ha inondato i Paesi arabi liberatisi dall’oppressione dei rais. A Tripoli, a Bengasi, sembra essersi aperta una breccia laica.

Ma si può parlare sul serio di una Libia laica? Sarebbe esagerato. Per ora è un’impressione. Forse un’illusione. Domani potrebbe essere una delusione. I risultati sorprendenti usciti dalle urne fanno lavorare le fantasie. Una Libia liberale? La definizione è azzardata. Diciamo: moderata. Anche perché espressioni come “laico” o ” liberale” possono suonare come insulti nei momenti di tensione, a Tripoli o a Bengasi. Parlare, in generale, di moderazione è già rischioso, perché nonostante la saggezza dimostrata dagli elettori (saggezza elogiata dal presidente degli Stati Uniti e dal segretario generale dell’Onu), resta che le città e villaggi allineati lungo la costa mediterranea sono imbottiti d’armi, perché le tribù insorte contro Gheddafi, e poi decise a far valere i loro diritti di liberatori e le aspirazioni secessionistiche, hanno deposto mitra e bazooka, lasciandoli a portata di mano. Non si sa mai.

(continua a leggere sulla rassegna stampa della Camera)

foto: Mahmoud Jibril. (GIANLUIGI GUERCIA/AFP/GettyImages)