La “grande lezione” della grafica italiana

Marco Belpoliti racconta sulla Stampa che c'è stato un tempo non lontano in cui l'Italia ha costruito un'eccellenza in "una di quelle cose che tutti guardano senza davvero vederle"

Marco Belpoliti raccontava su La Stampa di ieri la “grande lezione” della grafica italiana, “una di quelle cose che tutti guardano senza davvero vederle” e alla quale è dedicata una mostra al Museo del Design della Triennale di Milano fino al 24 febbraio 2013.

La grafica fa parte di quelle cose che tutti guardano senza davvero vederle. Eppure senza la grafica gran parte della comunicazione nel nostro mondo contemporaneo non esisterebbe: dai libri al computer, dalla pubblicità al packaging, dai quotidiani alle caramelle. I grafici, poi, sono considerati semplici appendici, strani operatori dell’immagine, che devono dare forma ai prodotti, oltre che ai sogni e alle ambizioni di scrittori, filosofi, editori, imprenditori, politici, e perfino contestatori. Tutti hanno bisogno dei grafici, ma nessuno li reputa davvero importanti. Forse per questo si è dovuta attendere la quinta mostra del Museo del Design della Triennale di Milano (fino al 24 febbraio 2013) per vedere finalmente scorrere davanti ai nostri occhi un concentrato del «paesaggio dei segni», che vediamo ogni giorno percorrendo in automobile le strade delle nostre città, oppure sedendoci su una panchina di un parco con un giornale o un libro in mano.

Finalmente la grafica è entrata nel tempio del design e l’ha fatto in modo discreto eppure eclatante. Il gran mascherone rosso di Leonetto Cappiello, che pubblicizza Oxo, brodo liofilizzato della Liebig, ci accoglie sulla soglia di «Grafica italiana»: un demone sorridente, beffardo e sarcastico che il caricaturista e cartellonista, nato a Livorno, dipinse a Parigi, quasi al termine dell’Art Nouveau. E accanto, dentro le bacheche dell’allestimento di Fabio Novembre, i libri futuristi, come a sancire, fin dall’inizio, che la grafica italiana possiede origini miste, spurie, e che il discorso intorno a quest’arte quasi invisibile va fatto con duttilità e immaginazione.

Esiste uno stile italiano, qualcosa di specifico del nostro contesto visivo? Oppure no, il design grafico è invece un prodotto internazionale o sovrannazionale? I curatori della moelegante e colta, la democrazia espressiva non contrasta con l’eccellenza. Un nome per tutti: Olivetti. La vetrina e le bacheche che radunano i manufatti grafici e visivi della azienda di Ivrea sono straordinari: semplicità e intelligenza, un mix che lascia a bocca aperta ancora oggi.

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