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Sapete chi ha ucciso Paolo Borsellino?

No, non lo sapete: l'Italia celebra i vent'anni della morte di un suo eroe senza saper dire chi l'ha ucciso, in un "colossale depistaggio" raccontato da Enrico Deaglio nel suo nuovo libro

di Enrico Deaglio

Il vile agguato è il nuovo libro di Enrico Deaglio, dedicato all’incredibile caos di vero e falso, noto e oscuro, mafia e Stato, che sono state le indagini sull’uccisione del magistrato Paolo Borsellino, il 19 luglio 1992, nella strage di via D’Amelio a Palermo: “una storia di orrore e menzogna” in cui l’Italia celebra nelle prossime settimane il ventennale della morte di un suo eroe senza essere in grado di dire chi l’abbia ucciso e senza sapere allontanare i sospetti che nella sua morte c’entri lo Stato.
Il secondo capitolo del libro –
Gli innocenti – racconta la letteraria genesi della costruzione dei primi presunti responsabili della strage, che saranno condannati e resteranno in carcere per quasi vent’anni, prima che quella costruzione si riveli un falso implausibile.

Il signor Gaetano Murana comparve in televisione nei giorni prima di Natale del 2011. Era la trasmissione Servizio pubblico di Michele Santoro; a intervistarlo un giovane giornalista, Walter Molino, che lo ascoltava con evidente partecipazione, come si ascolta una brutta storia.

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Di tutta la vicenda di Paolo Borsellino, adesso che sono passati vent’anni, Gaetano Murana è stato quello che mi ha colpito di più. Scarcerato dopo diciotto anni di carcere. Condannato all’ergastolo per aver partecipato alla strage; contro di lui null’altro se non le parole del grande accusatore Vincenzo Scarantino.

Murana (lo potete vedere qui) appariva molto magro, segnato. Faceva fatica ad abituarsi al tempo trascorso. Parlava di lire e non di euro, indossava i vestiti che aveva vent’anni prima, parlava di suo figlio che ebbe il permesso di vedere da neonato, dopo i primi tre mesi di isolamento a Pianosa. Ma non era lamentoso. Certo, ricordava bene Pianosa e le sevizie, le perquisizioni anali, le botte, le angherie, i profilattici messi nel brodo, il peperoncino nella marmellata di ciliegie (il tutto sempre accompagnato dalle risate delle guardie), ma era quasi come se fosse il racconto di un reduce, di una guerra che i poveracci come lui sono costretti a combattere. Alle volte invece ricordava un Giobbe, un Giobbe palermitano. Solo una volta, nell’intervista, aveva alzato la voce. Aveva detto che erano arrivati “a tal punto da offendermi nella dignità e nell’onore della mia famiglia”. Era successo a Pianosa, dopo un colloquio con la moglie, al termine del quale gli erano scese le lacrime, e lei gli aveva detto: “Fatti coraggio” e lui a lei: “Sta’ tranquilla” – lo avevano portato via, due di fianco, due di dietro, verso la cella, strattonandolo, così, per divertimento, e uno di loro gli aveva sussurrato: “Murà, tu ora ti corichi solo, e tua moglie si diverte…”. Al che Murana non ci aveva visto più e aveva risposto: “Appuntà, io sono qua e dormo tranquillo. Lei è qua e quando lei esce c’è il ragazzo a casa; lei esce e il ragazzo trase, l’amante trase”.

Diciotto anni di carcere. Arrestato il 19 luglio 1994. (Era la mattina dopo la vittoria del Brasile sulla nostra nazionale ai Mondiali di calcio negli Stati Uniti, quando Baggio sbagliò il rigore).

– Il video dell’intervista a Murana di Servizio Pubblico

Scarcerato il 14 febbraio 1999. (Domanda il giornalista: “Perché non è scappato?” Risposta di Murana: “Non ci ho proprio pensato, io ero innocente.) Rientra in carcere l’11 marzo 2002 per scontare l’ergastolo. Esce il 27 ottobre 2011 per “sospensione della pena”, seguente al crollo delle accuse di Scarantino. Era stato riconosciuto colpevole di 1) aver partecipato alla riunione deliberativa della strage; 2) aver “bonificato” il territorio su cui sarebbe passata la Fiat 126; 3) aver fatto da battistrada alla Fiat 126 dall’officina di Orofino fino a piazza Leoni.

Riconosciuto colpevole da una legione di magistrati, giudici popolari, ermellini. Incensurato, di professione spazzino dell’Amia di Palermo. Mai messo a confronto con Scarantino. Sconosciuto a tutti; nessuno che si sia mai interessato a lui. Completamente innocente e quindi nella peggiore delle condizioni possibili. Nelle mani di un difensore d’ufficio perché non poteva permettersi altro, fino agli ultimi anni, quando gli avvocati Rosalba Di Gregorio e Franco Marasà si sono presi a cuore la sua situazione.

Ora Murana concludeva l’intervista: “Eppure si vedeva che il processo era falso, si vedeva…”.

Quando, nel 1998 a Como, Scarantino fece la grande ritrattazione, parlò anche di lui: “Murana l’ho accusato perché lo conoscevo, e mi era antipatico, perché non mi dava confidenza”. Il giornalista gli ha domandato: “Se lei vedesse adesso Scarantino in giro per Palermo?”. “Ma guardi,” aveva detto Murana, “lo inviterei anche a prendere un caffè. Perché hanno preso in giro pure lui”.

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