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Il caso Jeremy Hunt

Il ministro della Cultura britannico si è difeso dall'accusa di aver passato informazioni a Murdoch e non si dimette, per ora

Il ministro della Cultura britannico Jeremy Hunt non si dimette, almeno per ora. Hunt oggi si è difeso alla Camera dei Comuni e ha detto che manterrà il suo incarico fino a quando la commissione dell’Inchiesta Leveson non giudicherà il caso delle email sospette tra i suoi collaboratori e i vertici del gruppo di Rupert Murdoch durante le trattative per l’acquisto del gruppo televisivo BSkyB (British Sky Broadcasting). Hunt ha detto di avere il “pieno sostegno” del primo ministro David Cameron e che tutte le decisioni fondamentali prese dal governo britannico per l’acquisizione di BSkyB da parte di News Corporation sono state mediate da regolatori indipendenti.

Hunt, inoltre, si è detto “molto dispiaciuto” per le dimissioni di oggi di un suo importante collaboratore, il consigliere speciale Adam Smith, coinvolto nel caso delle email scambiate con i responsabili di BSkyB. Hunt ha detto di non sapere della quantità “inappropriata” e del tono delle comunicazioni tra Smith e la News Corporation, ma allo stesso tempo ha detto che Smith non avrebbe agito in malafede. Smith si è dimesso dicendo di aver agito all’oscuro del suo capo. Diversi deputati laburisti hanno protestato contro Hunt: tra questi, il ministro ombra della Cultura Harriet Harman ha chiesto a Hunt come fosse possibile che Frederic Michel, capo dei lobbisti di News Corporation, sapesse per esempio con due giorni di anticipo le dichiarazioni pubbliche di Hunt.

Il caso delle email tra il ministero di Hunt e la News Corporation è venuto fuori ieri sera: secondo le accuse il ministro Jeremy Hunt avrebbe, tramite i suoi collaboratori, passato informazioni riservate ai vertici del gruppo di Murdoch tramite email quasi quotidiane, tenendoli aggiornati sul processo e sulle trattative dell’acquisizione di BSkyB da parte della News Corporation che negli ultimi tempi aveva provocato molte polemiche sulla potenziale perdita di pluralismo dell’informazione. Le informazioni del ministero sarebbero state inviate a Frederic Michel, capo dei lobbisti di News Corporation, che a sua volta informava James Murdoch, il figlio di Rupert.

In una mail Frederic Michel diceva di «essere riuscito ad avere qualche informazione» su quello che Hunt avrebbe annunciato il giorno dopo al Parlamento sul dossier, nonostante questo fosse «assolutamente illegale». Il 15 giugno del 2010 un consulente di Hunt, ossia Smith, scrisse a Michel che «non ci dovrebbe essere nessun problema sul tema della pluralità d’informazione» e che il governo avrebbe dato parere «favorevole».

BSkyB è il maggiore gruppo televisivo della Gran Bretagna, e possiede la rete Sky nel Regno Unito: il suo fatturato nell’ultimo anno è stato di 5,9 miliardi di sterline ed è posseduta per il 39 per cento da News Corporation di Rupert Murdoch. Quando, nell’ottobre 2010, il gruppo di Murdoch aveva presentato la propria offerta d’acquisto per BSkyB, i più grandi gruppi televisivi e i maggiori giornali britannici (BBC, Channel 4, Guardian, Telegraph, Mirror e Mail) si erano coalizzati per chiedere al governo di bloccare l’operazione, denunciando il rischio di una deriva monopolista nella gestione dell’informazione britannica. Allora News Corporation ritirò l’offerta e rinunciò all’affare la scorsa estate, durante lo scandalo per le intercettazioni illegali a News of the World.

foto: Peter Macdiarmid/Getty Images

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