Parliamo di soldi

Michele Serra chiede ai ministri di non essere reticenti sui loro guadagni, per il loro e per il nostro bene

Il 14 febbraio è scaduto il termine entro il quale i ministri del governo Monti avrebbero dovuto rendere pubbliche le loro rispettive situazioni patrimoniali, ma solamente Francesco Profumo (Istruzione), Fabrizio Barca (Coesione territoriale) e Filippo Patroni Griffi (Funzione Pubblica) e il sottosegretario Antonio Catricalà hanno rispettato la scadenza. Monti ha concesso una proroga fino a martedì. Oggi Michele Serra su Repubblica chiede ai membri del governo di non essere reticenti, spiegando perché è importante che i cittadini conoscano i loro guadagni: per una questione di trasparenza ma anche per superare il problema italiano del “parlare di soldi”.

Parlare di soldi, nel nostro Paese, non è mai facile. Un’ombra sconveniente, e perfino illecita, grava sul denaro in generale (“lo sterco del Demonio”), arrivando spesso a confondere i guadagni onesti con quelli estorti, e i meriti con i privilegi. Questo deficit culturale non giustifica, però, l’oggettiva reticenza con la quale ministri e viceministri del governo Monti – con l’eccezione del sottosegretario Catricalà – stanno rendendo pubblici guadagni e patrimoni, come prevede la legge. Non solo non la giustifica, ma ne esce rafforzato, perché la reticenza alimenta il pregiudizio che la ricchezza sia qualcosa da maneggiare con cautela o da nascondere, come per decenni ha fatto la maggioranza dei ricchi e degli arricchiti italiani. E poiché, entro la fine di marzo, la legge obbliga i membri del governo a comunicare al Senato la loro situazione patrimoniale, tanto varrebbe bruciare i tempi. Evitando la sgradevole impressione che nel governo più “liberale” degli ultimi decenni prevalga, rispetto al denaro, un imbarazzo di stampo cattolico.

La legge sulla trasparenza dei redditi valeva ovviamente anche per i precedenti governi, ma essendo formati, per la quasi totalità, da parlamentari in carica e da professionisti della politica, la curiosità era assai più ridotta. Nel caso di un governo extra-politico, formato in larga parte da professionisti, accademici, manager privati e di Stato, è ovvio che l’opinione pubblica abbia tutto l’interesse di conoscere il profilo economico dei governanti. Per sapere non solo e non tanto quanto guadagnano, ma soprattutto da dove traggono di che vivere. Perché in un Paese ferito quasi a morte da un gigantesco conflitto di interessi, ancora fresco e in parte ancora gravante sul futuro, il tema non può non essere di primissima importanza, come ben sa il ministro Corrado Passera che da quelle forche caudine è dovuto già passare, separandosi da pacchetti azionari che mal si conciliavano con il suo incarico.

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foto: LaPresse