L’ex presidente di Olympus è stato arrestato

Lo scandalo dei conti truccati per anni dalla società giapponese è arrivato a un punto di svolta, mentre l'azienda cerca di ricominciare

Tsuyoshi Kikukawa, l’ex presidente della società giapponese produttrice di materiali ottici Olympus, è stato arrestato insieme con altri due ex dirigenti dell’azienda con l’accusa di aver nascosto le perdite e falsificato per anni i bilanci della società. Olympus ha denunciato in tutto 19 manager per la vicenda, che potrebbe condizionare seriamente il suo futuro e che ne ha danneggiato fortemente l’immagine. Le altre due persone arrestate sono Hisashi Mori, ex vicepresidente esecutivo, e Hideo Yamada, uno dei revisori dei conti dell’azienda. Secondo gli osservatori, la serie di arresti segna un passaggio importante nella vicenda, fino a ora gestita in maniera più informale tenendo scarsamente in considerazione le leggi giapponesi.

Olympus ammise di aver nascosto per decenni le perdite dovute a investimenti sbagliati lo scorso novembre, dopo una serie di forti contrasti interni che avevano portato alla nomina del nuovo presidente Shuichi Takayama. Per mascherare le perdite la società modificò i propri registri contabili e condusse alcune acquisizioni sul mercato. La società fondata 92 anni fa riuscì a mettere insieme un sistema molto elaborato e complesso per nascondere le proprie perdite, ingannando le autorità giapponesi e gli stessi investitori.

Quando era ancora presidente della società, Kikukawa aveva chiamato il britannico Michael Woodford affidandogli l’incarico di amministratore delegato. Dopo appena due settimane di lavoro, il nuovo CEO fu però allontanato perché aveva iniziato a fare molte domande sulle strane acquisizioni effettuate da Olympus, che servivano in parte per mascherare le frodi. Kikukawa accusò Woodford di non aver capito come funzionassero le cose in azienda e di essere estraneo alla cultura giapponese, quindi incapace di adattarvisi.

Nello specifico, Woodford aveva iniziato a occuparsi di una consulenza segnata tra le spese e che era costata, sulla carta, 687 milioni di dollari per una acquisizione da 2,2 miliardi di dollari. Il costo della consulenza era evidentemente sproporzionato rispetto a quello dell’acquisto della nuova società. L’ex CEO incaricò alcuni consulenti esterni e capì che qualcosa non era andato per il verso giusto. Chiese le dimissioni di alcuni dirigenti, determinando però così il proprio allontanamento dalla società. Woodford raccontò la propria storia alla stampa, facendo sorgere i primi sospetti sulla gestione dei conti in azienda. Lo scandalo portò alle dimissioni di Kikukawa, che difese comunque il proprio operato.

Nelle settimane seguenti, la società fu costretta ad ammettere di aver nascosto le perdite per almeno 20 anni. L’ammissione fece crollare il titolo Olympus alla borsa di Tokyo, dimezzandone il valore. La Tokyo Stock Exchange, l’organizzazione che vigila sulla regolarità delle operazioni sul mercato azionario in Giappone, ha inserito la società nella propria lista dei sorvegliati speciali in attesa dei prossimi sviluppi delle inchieste giudiziarie che sono state avviate.

Olympus nei prossimi mesi dovrà affrontare enormi problemi e non solo sul piano giudiziario. La società deve essere ristrutturata e gli investitori vorrebbero anche forti segnali di discontinuità rispetto al passato, soprattutto per quanto riguarda i manager che la gestiscono. Alcune delle persone coinvolte nello scandalo ricoprono ancora ruoli dirigenziali all’interno di Olympus, cosa che sta impedendo all’azienda di cambiare con la dovuta rapidità e dare un chiaro segnale al mercato. Olympus ha annunciato che entro i prossimi due mesi tutti i propri dirigenti coinvolti nella vicenda giudiziaria presenteranno le loro dimissioni. È prevista anche la convocazione di una assemblea straordinaria degli azionisti per eleggere i nuovi dirigenti. L’iniziativa arriva però in sensibile ritardo rispetto all’inizio dello scandalo, secondo gli analisti se si fosse agito per tempo la società avrebbe subito molti meno danni.

foto: AP Photo/Hiro Komae