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  • Venerdì 13 gennaio 2012

L’intercettazione sbagliata

Tra le accuse contro il vicepresidente del consiglio regionale lombardo c'era la storia delle tangenti "big babol": ma era un errore di trascrizione

Oggi sul Corriere della Sera Luigi Ferrarella riferisce di un notevole inciampo dell’inchiesta contro il vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, Franco Nicoli Cristiani, arrestato lo scorso novembre per un’inchiesta su una storia di tangenti.

Erano la chicca di una importante intercettazione ambientale, e di conseguenza anche un ghiotto titolo di giornale, «i big babol» intesi dagli inquirenti come banconote da 500 euro per una tangente di 100.000 euro al vicepresidente del Consiglio regionale lombardo Franco Nicoli Cristiani per trasformare una cava in discarica d’amianto. Solo che adesso emerge che la moglie dell’imprenditore pagatore della tangente, il 26 settembre in auto con il mediatore della mazzetta, in realtà non aveva detto «stai parlando dei big babol?» a proposito delle banconote da 500 euro, ma «stai parlando dei big brothers», riferendosi a due fratelli soci del marito.

In effetti, come ricorda Ferrarella, il dettaglio era stato molto esaltato dai giornali. Così iniziava per esempio un articolo di Repubblica:

Le mazzette da 500 euro erano le “Big Babol”. A coniare la curiosa e finora inedita definizione – perfetta per una tangente: gustosa, morbida ma collosa come le gomme americane – è Rocca Orietta Pace, la moglie di Pierluca Locatelli.

Secondo Ferrarella l’incidente con l’intercettazione non indebolirebbe l’accusa più di tanto, malgrado ieri fosse stata smentita un’altra ipotesi dei magistrati di Milano

Sono infatti ben altri (a cominciare dall’ammissione del pagatore) gli elementi d’accusa che hanno indotto il gip di Brescia ad arrestare il politico il 30 novembre, poi il gip di Milano (per competenza territoriale) a ribadirne l’efficacia (ma non a caso senza più cenni alle «big babol»), e infine il Tribunale del Riesame a confermarlo.

Ma Ferrarella non si astiene da segnalare che errori come questi non sono rari (un altro caso a Pavia era stato raccontato dallo stesso Ferrarella), e che una maggior cautela probabilmente andrebbe messa in conto.

Non tranquillizza, ad esempio, la motivazione della recente assoluzione a Lecco dei poliziotti della Dia e di un perito imputati di falso per aver attestato, di una intercettazione ambientale in un bar di Messina nel 2001, frasi che fecero arrestare alcune persone tra le quali il giudice Giuseppe Savoca, salvo poi rivelarsi talmente fantasiose da sfociare in un proscioglimento nel merito già in indagini preliminari: dunque un grave falso? No, risponde la motivazione di Lecco, perché «l’assoluta inintelligibilità e complessiva aleatorietà del materiale acustico» non significa che «rumori, fonemi e brandelli estrapolabili dalla registrazione possono essere classificati come radicalmente non udibili», ma che sono «aperti a percezioni di carattere comprensibilmente soggettivo» nel quadro di «una relatività interpretativa». Che però 10 anni fa spalancò le porte di una galera niente affatto «relativa».