Come cambierà il catasto

Gino Pagliuca spiega sul Corriere come saranno aggiornati i valori che oggi risalgono agli anni Ottanta e con quali conseguenze

Gino Pagliuca sul Corriere della Sera descrive i prossimi cambiamenti del catasto, cioè l’elenco dei beni immobili e dei loro possessori, con i criteri sulla base dei quali si calcolano tasse e imposte.

Un vasto programma. E non facile. Le intenzioni di riforma, con criteri più equi, del catasto, dovranno fare i conti con il distacco dalla realtà dell’attuale sistema. Stando a un documento pubblicato sul sito del Ministero dell’Economia, il Governo Monti sarebbe intenzionato a stringere i tempi per arrivare a una radicale revisione dei criteri per la stima degli immobili ai fini fiscali. Per la verità la riforma degli estimi, assieme alle liberalizzazioni e alle dismissioni dei beni pubblici, è un «evergreen» delle promesse della politica. Per restare alla revisione dei valori fiscali del mattone, ci ha provato Romano Prodi entrambe le volte che è stato inquilino di Palazzo Chigi; nel 1997 poté solo aumentare indiscriminatamente tutte le rendite catastali del 5% e nel 2008 dovette arrendersi alla fine anticipata della legislatura.

Il sistema attuale non è più adeguato perché i valori sono stati stimati alla fine degli anni 80: ci sono almeno quattro ottime ragioni per cui oggi non aderiscono più al mercato. La prima è che la base della stima fiscale è la rendita potenziale di un immobile, cioè il valore a cui lo si potrebbe affittare. All’epoca le locazioni residenziali non erano liberamente determinabili ma erano calmierate dall’equo canone e quindi i valori sono molto bassi di per sé. Non è un caso che le rendite fiscali di negozi e uffici (che anche allora si affittavano liberamente) siano in proporzione molto più vicini ai valori di mercato attuali.

Secondo fatto è che i prezzi delle case sono molto saliti dal 1990 al 1993 e poi dal 2001 al 2007: in una grande città un appartamento oggi vale tra tre e quattro volte più che alla fine degli anni 80. Terza ragione è che nel frattempo molte abitazioni vecchie sono state ristrutturate e oggi hanno tutt’altro «appeal» rispetto a venti anni fa. Questo è vero soprattutto nei centri storici delle grandi città, dove non è raro trovare case d’epoca magnifiche classificate con rendite teoriche di molto inferiori a quelle di casermoni di periferia che hanno il solo pregio di essere più recenti. Infine, l’unità di misura delle case per il catasto non è il metro quadrato ma il vano, un’entità di misura molto oscillante che ha ben poco a vedere con il mercato. A Milano una casa di 4 vani può essere di 40 come di 60 metri quadrati, per il Fisco non fa differenza, per chi deve vendere o comprare invece 20 metri cambiano il prezzo con cifre a cinque zeri.

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