Per Visco l’immigrazione non è un problema

Il nuovo governatore della Banca d'Italia spiegò che "per mantenere la forza lavoro costante in Europa occorrerebbe un'immigrazione di 1 milione di persone all'anno per i prossimi 50 anni. Le cifre di cui si parla sono invece più modeste"

In un’intervista al quotidiano triestino Il Piccolo del 24 giugno 2001, il nuovo governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco, al tempo Direttore dell’Economics Department dell’OCSE, si disse convinto che l’immigrazione nei paesi europei fosse una risorsa per l’economia e non mettesse a rischio le spese sociali per i cittadini.

TRIESTE – Ignazio Visco, capo economista dell´Ocse, analizza gli scenari fra immigrazione e allargamento. Dall´importante osservatorio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che ha sede a Parigi, organismo internazionale che comprende 29 Paesi, Visco, che ha partecipato al convegno della fondazione Debenedetti, spiega vantaggi e benefici per le economie di Eurolandia.
L’Europa ha più bisogno di immigrati per ringiovanire una popolazione sempre più anziana. Ma c’è chi teme ripercussioni sullo stato sociale.
L’impatto delle ondate migratorie sui sistemi di Welfare State europeo è molto modesto. Bisogna valutare le conseguenze demografiche a lungo termine. Per mantenere la forza lavoro costante in Europa occorrerebbe un’immigrazione di 1 milione di persone all’anno per i prossimi 50 anni. Le cifre di cui si parla sono invece più modeste. L’allargamento non comporterà una grande pressione demografica sull’Europa. Anche nei Paesi candidati all’ingresso nell’Ue la percentuale di anziani è molto alta. Per risolvere la questione previdenziale in Europa occorrono invece le riforme.
In Europa, e in Italia, c’è una forte richiesta di manodopera specializzata.
Infatti le barriere non servono. Quello che occorre fare è una politica di risposta all’immigrazione attraverso l’informazione, un continuo monitoraggio e la capacità di istruire e qualificare la manodopera.

(continua a leggere sulla rassegna stampa della Fondazione De Benedetti)