I ricorsi contro l’accordo per Shalit
I familiari delle persone uccise dal terrorismo non vogliono che siano liberati i mille detenuti palestinesi: oggi deciderà la Corte Suprema israeliana
Oggi la Corte suprema di Israele deciderà cosa fare delle richieste dei parenti delle vittime del terrorismo, contrari alla liberazione dei prigionieri palestinesi in cambio della libertà del soldato israeliano Gilad Shalit. Fino a ora sono state depositate tre azioni legali da parte di altrettante famiglie, mentre è iniziata la liberazione dei primi prigionieri. Secondo esperti e osservatori difficilmente la Corte si esprimerà a favore delle loro richieste.
«Il nostro obiettivo è fermare questa follia. Siamo molto preoccupati dal fatto che il terrorismo possa tornare nelle nostre strade, che ci possano essere altri omicidi nei ristoranti, nei bar, negli asili e nelle scuole», spiega Meir Schijveschuurder, i cui genitori e fratelli sono morti in un attentato in una pizzeria nel 2001. Le altre due famiglie hanno perso i loro parenti in un attentato esplosivo nel 2003 ad Haifa.
La maggioranza della popolazione israeliana è favorevole allo scambio di prigionieri, che si muove nel solco della storica politica israeliana sui suoi soldati rapiti: la priorità è sempre e solo riportarli a casa, quasi a qualsiasi condizione. Per ridare la libertà a Gilad Shalit, ostaggio dei palestinesi da cinque anni, Israele ha raggiunto un accordo che prevede la liberazione di oltre mille detenuti di origine palestinese. Stando agli ultimi sondaggi, otto israeliani su dieci sono favorevoli all’accordo. La metà della popolazione pensa, però, che la liberazione potrebbe favorire una nuova ondata di attentati.
Le autorità israeliane rilasceranno complessivamente 1.027 detenuti nel corso delle prossime settimane, compresi diversi prigionieri condannati all’ergastolo per aver partecipato ad attacchi contro Israele. Una volta liberi non tutti gli ex detenuti potranno fare ritorno nelle loro terre. A seconda dei singoli casi, ad alcuni sarà vietato di lasciare il paese, mentre altri subiranno anche restrizioni per quanto riguarda gli spostamenti, e dovranno regolarmente comunicare alle forze dell’ordine la loro posizione.
foto: Uriel Sinai/Getty Images