Mario Draghi visto dagli altri

Il nuovo presidente della Banca Centrale Europea è "la persona noiosa più importante del mondo", scrive Foreign Policy

La settimana scorsa Mario Draghi è stato nominato presidente della Banca Centrale Europea (BCE). Foreign Policy gli ha dedicato un lungo ritratto, spiegando chi è e cosa lo aspetta da una prospettiva diversa e un po’ più approfondita rispetto a quella “un-italiano-alla-BCE” che invece è circolata molto sui media italiani.

Com’è nel suo stile, Draghi non solo ha mancato la conferenza stampa di presentazione della sua nomina, ma non era neanche a Bruxelles quando è stata annunciata ufficialmente. Anche quando le persone cercano di congratularsi con lui, finiscono per essere scoraggiate dalla sua noia infinita. «Mario non era mai spettinato», racconta uno dei suoi compagni di classe della scuola gesuita dove Draghi è stato educato «è sempre stato molto serio».

Nonostante la sua mancanza di charme, continua FP, Draghi tra poco avrà molto più potere di tutti i primi ministri che hanno ratificato la sua nomina. Bruxelles continuerà naturalmente a essere il fulcro della politica europea, ma il vero centro di potere sarà sempre di più Francoforte, la sede della BCE appunto.

A differenza degli altri istituti dell’Unione Europea, la BCE non è un mero club ma una vera istituzione, che ha il mandato di proteggere l’euro e il potere di portarla avanti, anche di fronte a eventuali resistenze. Il Parlamento Europeo può legiferare solo su alcune cose, l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Catherine Ashton può parlare quanto vuole di relazioni internazionali, ma poi deve sempre seguire le indicazioni approvate dagli stati membri, lo stesso Herman Van Rompuy probabilmente farebbe fatica a descrivere in che consiste il suo ruolo come presidente del Consiglio Europeo.

La risposta della BCE alla crisi economica degli ultimi anni, spiega FP, è consistita essenzialmente in un grosso aumento di prestiti ai vari istituti bancari europei e nella riduzione dei tassi di interesse. Draghi difficilmente cambierà impostazione. Non solo non è nuovo a questa politica della BCE, ma è stato lui stesso parte del consiglio dell’istituto bancario nel periodo in cui queste decisioni sono state prese.

La sua competenza non è in discussione – ha un dottorato in economia dal Massachusetts Institute of Technology (MIT) e ha lavorato alla Banca Mondiale che alla Goldman Sachs ed è stato direttore generale del Ministero del Tesoro in Italia all’inizio degli anni Novanta – ma dovrà sicuramente migliorare le sue doti diplomatiche. I vari paesi europei faranno in fretta a ricordargli i loro rispettivi interessi nazionali. Alcuni lamentano che i tassi d’interesse della BCE sono troppo alti, altri che sono troppo bassi. Alcuni, come la Spagna, stanno lottando contro altissimi tassi di disoccupazione. Altri, come la Germania e la Finlandia, stanno già iniziando a risentire dell’inflazione e di economie troppo surriscaldate.

C’è già chi sta pensando a quale potrebbe essere il peggiore scenario per la BCE. Avendo scommesso così pesantemente sui bond della Grecia – oltre 45 miliardi di euro – e di altri paesi altamente indebitati come Spagna e Portogallo, la BCE ha ora tutto l’interesse a che questi paesi rimangano solventi. Se per la Grecia si dovesse davvero realizzare l’opzione default, come ha proposto la Germania, Draghi vedrebbe il valore degli investimenti della sua banca declinare drammaticamente. L’unica cosa chiara al momento è che la BCE continuerà a restare al centro della crisi economica. Draghi non potrà più restare nell’anonimato come ha fatto finora. I fogli di bilancio della BCE non lo nasconderanno ancora per molto a lungo. Essere noioso è un lusso che non potrà più permettersi, conclude Foreign Policy.