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  • Venerdì 17 giugno 2011

Itabolario: Guerra fredda (1962)

Massimo Arcangeli ha raccolto 150 storie dell'Italia unita, una per ogni anno: Itabolario. L'Italia unita in 150 parole (Carocci editore)

di Leonardo Maria Savoia

1962. Guerra fredda (locuz. f.) La crisi di Cuba è il punto culminante del lungo periodo di tensioni politiche, militari e ideologiche, denominato guerra fredda, che caratterizza i rapporti tra Stati Uniti ed Europa occidentale, da una parte, e Unione Sovietica e blocco dei paesi socialisti, dall’altra, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla caduta del muro di Berlino (9 novembre 1989) e alla disgregazione dell’URSS (1991). Nel 1962 Cuba è ormai al di fuori della sfera di influenza americana da quando, sotto la guida di Fidel Castro, il regime di Batista (1959) era stato rovesciato e si era costituito un governo di ispirazione socialista. Il 14 ottobre 1962 gli aerei spia americani documentano l’installazione sul territorio cubano di rampe di lancio di missili nucleari di media gittata in grado di raggiungere le principali città americane; vengono inoltre individuate navi sovietiche che trasportano missili diretti verso Cuba. Il presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy, reagisce dispiegando la seconda flotta americana al largo dell’isola in modo da impedire di accedervi. Dopo alcuni giorni di grande timore per una reazione armata sovietica, e per il rischio di una guerra nucleare, il 28 ottobre il segretario generale del partito comunista sovietico, Nikita Chrušcëv, fa ritirare le navi, ottenendo in cambio l’impegno americano a non invadere l’isola e a smantellare i missili installati in Turchia (cfr. Jeannesson, 2003). Questa crisi apre una fase nella quale i rapporti internazionali punteranno alla distensione e alla coesistenza pacifica (cfr. Hobsbawm, 1997 e ancora Jeannesson, 2003). Cold war era entrata in uso alla fine degli anni quaranta, durante il dibattito che aveva coinvolto, negli Stati Uniti, i politici e i grandi mezzi di informazione in merito alla situazione postbellica e ai rapporti di forza tra la potenza americana e l’URSS. Anche se originariamente adoperata da George Orwell in You and the Atom Bomb (“Tribune”, 19 ottobre 1945), per descrivere l’equilibrio del terrore creato dalle armi atomiche, si attribuisce al giornalista Herbert Swope e al politico Bernard Baruch l’introduzione di questa locuzione nel 1947, come termine tecnico per designare l’equilibrio strategico tra blocchi contrapposti; il giornalista e politologo Walter Lippmann l’aveva ripresa nel titolo di un volumetto (The Cold War: A Study in U.S. Foreign Policy, Harpers & Brothers, New York 1947) nel quale sosteneva l’opportunità di un atteggiamento attivo degli Stati Uniti nel confronto con il blocco sovietico e il ruolo centrale dell’alleanza atlantica nella politica estera americana (cfr. Eisinger, 1969). In effetti il richiamo a uno stato di guerra rispondeva in primo luogo a una scelta politico-ideologica degli Stati Uniti, che, nel tono di “crociata” con cui la Realpolitik tra potenze era rappresentata sui mezzi di comunicazione, avevano riconosciuto in quel richiamo uno strumento di propaganda atto a legittimare la propria egemonia economica e politica mondiale (cfr. Hobsbawm, 1997; Chomsky, 1999 e 2002); complementare a questo clima di tensione anche il riconoscimento e il consolidamento dell’URSS come grande potenza mondiale. Cold war e guerra fredda celano una sistematica vaghezza intensionale e pragmatica che si era ben integrata nell’ambiente cognitivo dell’opinione pubblica occidentale, portando con sé una scia di inferenze (Sperber, Wilson, 1993, p. 761 ss.) evocatrici di una permanente instabilità emotiva e ideologica. Il loro significato rinvia infatti alla percezione di uno scontro puramente diplomatico e insieme di una continua minaccia di guerra. L’impossibilità per i cittadini di accedere a una completa informazione (Stiglitz, 2004) li lascia alla mercé della “classe specializzata di intellettuali”, teorizzata da Lippmann, che determina l’organizzazione della conoscenza e la costruzione dell’opinione pubblica all’interno dell’ortodossia dominante tramite il controllo del dibattito politico sui mezzi di comunicazione di massa (cfr. Chomsky, 1994, 1999 e 2002); in questo senso i sistemi democratici hanno evidenti affinità con quelli totalitari. È interessante notare che la fine dell’Unione Sovietica non disinnescherà la rappresentazione di contrasti politico-ideologici violenti e la sensazione di precarietà individuale che ne deriva. Così guerra fredda sarà ripresa per definire i rapporti fra Occidente e mondo islamico nella pubblicistica di destra (Caldiron 2002, p. 97); analogamente la guerra al terrorismo si inscriverà in una rappresentazione apocalittica delle società multiculturali e della globalizzazione, viste come scontro di civiltà/clash of civilizations (Huntington, 1997). In italiano guerra fredda è attestata dalla fine degli anni quaranta; era stata registrata così da Bruno Migliorini: «situazione prodotta da una serie continua di azioni non amichevoli, tra paesi che teoricamente sono in pace o addirittura alleati. Si è parlato specificamente di guerra fredda cominciando con il gennaio 1948, a proposito dell’atteggiamento dei russi verso gli Alleati in Germania» (DM 1950-App., s. v.). Composto largo, che riprende lo schema N + Agg. di formazioni quali camposanto, piazzaforte ecc., la sua interpretazione resta derivabile da quella delle due parole che si combinano. L’aggettivo non specifica però una qualità predicabile di guerra in senso proprio, attiva bensì una lettura metaforica, come in (a) mente fredda, persona fredda e via dicendo. Base della metafora, richiama la vischiosità delle basse temperature e insieme l’assenza di un dispendio evidente di energia; la sua estensione comprende l’ostilità calcolata, la tensione tenuta sotto controllo, la contrapposizione ideologica e un sentimento di timore e incertezza. La metafora guerra fredda introduce un quadro concettuale ed effetti contestuali ricostruibili tramite la terminologia associata alle vicende, alle ideologie e alle dinamiche sociali del lungo dopoguerra: dottrina Truman, Patto Atlantico (1949), muro di Berlino (1961), cortina di ferro, disgelo (a seguito della morte di Stalin nel 1953), distensione, coesistenza pacifica. Nel blocco sovietico emerge il dissenso a opera dei dissidenti. In Italia l’universo simbolico abbinato a guerra fredda si esprime in una vita politica incompleta, nella quale la collocazione internazionale del PCI e della DC riproduce una sorta di cortina di ferro solo parzialmente attenuata dai governi di centrosinistra, nei quali la Democrazia Cristiana si allea, oltre che con i piccoli partiti laici, con il PSI. Proprio nel 1962 il quarto ministero Fanfani ottiene l’appoggio esterno dei socialisti, che entreranno nel governo a pieno titolo solo nel 1963, sotto la presidenza di Aldo Moro. Ma l’instabilità, come è noto, cova sotto la cenere: nel 1964 è documentato un tentativo di colpo di Stato guidato dal generale De Lorenzo, e negli anni sessanta è attiva una struttura clandestina anticomunista, sostenuta dalla NATO e dagli USA, detta Gladio; questa situazione di tensione nascosta sfocerà nella tragica ambiguità del terrorismo (negli anni settanta e ottanta) e della strategia della tensione, a partire dalla strage di piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969). Il mondo occidentale, negli anni sessanta, vive inoltre la reazione alla guerra del Vietnam (1960-75) sotto forma della protesta giovanile e del movimento studentesco; la contestazione dei giovani e delle donne avrà nel Sessantotto il momento più rappresentativo e il nome sessantotto finirà per designare le rivendicazioni delle libertà civili, e l’opposizione alle ingiustizie, alle discriminazioni e alla guerra, che incideranno profondamente sulle società occidentali.

Bibliografia: – CALDIRON G. (2002), Lessico postfascista, Manifestolibri, Roma. – CHOMSKY N. (1994), Il potere dei media, Vallecchi, Firenze. – CHOMSKY N. (1999), Sulla nostra pelle, Tropea, Milano (ed. or. 1999). – CHOMSKY N. (2002), Capire il potere, Tropea, Milano (ed. or. 2002). – DM (1950) = A. Panzini, Dizionario Moderno. Supplemento delle parole che non si trovano nei dizionari comuni, con un proemio di A. Schiaffini […], Hoepli, Milano (9a ed.; con DM 1950-App. si fa riferimento all’Appendice di ottomila voci di Migliorini, pp. 761-997). – EISINGER CH. E. (ed.) (1969), The 1940’s: Profile of a Nation in Crisis, Doubleday, Garden City (NY). – HOBSBAWM E. J. (1997), Il secolo breve, Rizzoli, Milano (ed. or. 1994). – HUNTINGTON S. P. (1997), Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano (ed. or. 1996). – JEANNESSON S. (2003), La guerra fredda, Donzelli, Roma (ed. or. 2002). – SPERBER D., WILSON D. (1993), La pertinenza, Anabasi, Milano (ed. or. 1986). STIGLITZ J. E. (2004), La libertà, il diritto all’informazione e il dibattito pubblico: il ruolo della trasparenza nella vita pubblica, in M. J. Gibney (a cura di), La debolezza del più forte. Globalizzazione e diritti umani, Mondadori, Milano, pp. 147-96 (ed. or. 2003).
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