Il risveglio di Novara

La Stampa racconta il passaggio della squadra di calcio in serie A e la vittoria del centrosinistra dopo dieci anni di governo della Lega

Con la vittoria di domenica scorsa sul Padova, il Novara ha chiuso la stagione con il passaggio in serie A, dopo 55 anni. Giuseppe Salvaggiulo sulla Stampa racconta come il successo della squadra di calcio, che torna in A dopo cinquantacinque anni, e la vittoria del centrosinistra alle elezioni amministrative dopo dieci anni di governo della Lega possano rilanciare la città.

L’altra notte 10 mila persone in piazza, signore di mezza età con il filo di perle sulla maglia del Novara, docenti universitari e industriali con fatturati a sei zeri sui pullman tra la folla con bomber e terzini, tuffi liberatori nelle fontane fino alle 3. Alle 5 i camion della municipalizzata a pulire. Ieri mattina non un pezzo di carta sul porfido tirato a lucido, poche bandiere ai balconi, il patron Massimo De Salvo che riunisce i collaboratori a Milano, lontano dalle insidie degli entusiasmi, per pianificare la serie A: «Una notte per festeggiare non vi basta? Ora si lavora».

Novara è così. Capace di esplodere senza sgualcire il tailleur. Prima il centrosinistra espugna dopo dieci anni il fortino leghista del governatore Cota, poi il ritorno in serie A dopo 55 anni. «Tutto il due settimane. Ci sentiamo come la protagonista del film “Good Bye Lenin!” che si sveglia dal coma dopo la caduta del muro di Berlino e non riconosce più niente della vita precedente – spiega il nuovo sindaco Andrea Ballarè – A dire il vero, era più difficile per noi vincere le elezioni che per la squadra andare in A». Benedetto da due primarie (Pd e centrosinistra) e capace di recuperare il 18% al ballottaggio, s’è guadagnato la fama di amuleto tanto che gli ultras lo volevano in curva: «Fattore B? No, fattore C». Invece Bossi, arrivato con Cota nel secondo tempo e costretto a stazionare sui gradini della tribuna prima che qualcuno gli cedesse il posto, se lo sono filato non più di dieci aficionados.

Todo cambia, a Novara. «Il pallone non è solo pallone», racconta Nico De Angelis, amministratore delegato della Banca Popolare di Novara, 130 sportelli nel raggio di 50 chilometri. Nato a Pompei, studente a Roma, nel 2001 arriva a Novara e propone di sponsorizzare il calcio. Duecento milioni di lire a una squadra sull’orlo della retrocessione in serie D? I notabili del CdA lo guardarono storto. «I novaresi sono pessimisti e distaccati. Se riesci a portarli a bordo, ti seguono. La banca pativa una disaffezione. Spiegai: non dobbiamo solo vendere e comprare soldi. Il calcio ci riporterà nel cuore di Novara».

L’hanno seguito tutti i colossi industriali del territorio, dalla De Agostini dei fratelli Drago alla Mirato (profumi Malizia) di Fabio Ravanelli, che una volta ricorreva a testimonial d’importazione come Baresi e Costacurta. Il connubio squadra-aziende locali è carnale, basta vedere le 8mila sciarpe regalate ai tifosi, il ricevimento notturno per la promozione nel cortile della banca, i pullman vip per le trasferte con buffet. La Popolare investe 400 mila euro (in serie A diventeranno il doppio) ma guarda anche più in basso, aiutando altre 87 società minori, dall’hockey al ping pong. «E’ tornato l’orgoglio della novaresità, senza ci riduciamo a dormitorio di Milano e Torino», dice De Angelis.[…]

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