Che ne è di Fukushima

Le autorità giapponesi dicono che le radiazioni dopo lo tsunami furono il doppio di quanto si immaginava

A tre mesi di distanza dal terremoto e dallo tsunami nel Giappone settentrionale, le autorità giapponesi hanno confermato che le stime inizialmente fornite sulle perdite radioattive nella centrale nucleare di Fukushima I erano errate. Nella prima settimana dopo le onde anomale che hanno distrutto parte dell’impianto, le radiazioni furono il doppio rispetto alle stime pubblicate. Inoltre, i tre reattori andarono incontro alla parziale fusione del “combustibile” nucleare molto più rapidamente di quanto immaginato fino a ora.

I responsabili della TEPCO, la società che gestisce la centrale, vogliono mettere definitivamente in sicurezza l’impianto entro il prossimo gennaio, ma le ultime notizie e il fatto che la perdita di radiazioni non sia ancora del tutto arginata fanno pensare che occorrerà molto più tempo per definire al sicuro Fukushima I. Questo significa che per molto tempo le persone evacuate nel raggio di 20 chilometri dalla centrale non potranno fare ritorno nelle loro abitazioni. Si stima che gli sfollati siano complessivamente 80mila, costretti a vivere da parenti e amici in altre zone del Giappone o nei centri di accoglienza e soccorso messi in piedi dalle autorità. Non è escluso che la zona di evacuazione venga ulteriormente estesa nel caso di nuove perdite più consistenti.

L’Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese (NISA) dice che in seguito al disastro dell’11 marzo nell’atmosfera sono stati rilasciati dalla centrale circa 770mila terabecquerel, mentre inizialmente la stima era di 370mila terabecquerel. Il becquerel (Bq) misura l’attività di un radionuclide che ha un decadimento al secondo a causa della sua instabilità. Il decadimento è quell’insieme di processi fisici attraverso i quali i nuclei radioattivi perdono particelle diventando infine stabili. La bomba sganciata su Hiroshima produsse 8mila miliardi di terabecquerel.

La quantità di radiazioni della nuova stima della NISA equivale al 15 per cento delle radiazioni emesse durante l’incidente della centrale nucleare di Chernobyl nel 1986, spiegano sulla BBC. Il dato raddoppiato comporta comunque che l’area di contaminazione intorno a Fukushima I possa essere molto più estesa di quanto immaginato fino a ora.

La NISA ha poi pubblicato calcoli più precisi sulla fusione dei reattori rimasti senza sistema di raffreddamento in seguito alle onde anomale, che hanno mandato in avaria diversi sistemi. Nel reattore 1, il “combustibile” nucleare fuso è colato verso il fondo dell’involucro di contenimento appena cinque ore dopo il terremoto e dieci ore prima di quanto fino a ora stimato dalla TEPCO. Dopo 80 ore qualcosa di analogo si è verificato nel reattore 2 e nel reattore 3, entrambi privi di sistema di raffreddamento funzionante.

Le nuove informazioni rilasciate dalla NISA, che ha riunito una commissione di indagine indipendente, hanno portato a una nuova serie di polemiche in Giappone e a molte critiche nei confronti del governo, accusato di non aver fornito da subito dati chiari e trasparenti. In un rapporto, l’Agenzia per la sicurezza nucleare delle Nazioni Unite (AIEA) ha sottolineato le lacune nei sistemi di sicurezza della centrale, che non era sostanzialmente in grado di resistere alla forza di uno tsunami. I muri di contenimento lungo la costa erano alti circa 6 metri, mentre l’onda anomala più alta raggiunse l’11 marzo i 14 metri.

Secondo il giornale giapponese Yomiuri, la situazione alla centrale di Fukushima I sarebbe ancor più grave di quanto affermato dalla NISA negli ultimi giorni. Pare che il governo giapponese stia per consegnare alla AIEA un nuovo documento dove si ipotizza che il “combustibile” nucleare fuso sia fuoriuscito dagli involucri dei reattori 1 e 3, condizione che avrebbe portato o potrebbe portare alla contaminazione del suolo e di una maggiore area di terreno intorno all’impianto.