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  • Sabato 28 maggio 2011

Gli interessi in Africa di Cina e India

La Cina è il maggior partner commerciale del continente africano, ma la concorrenza sta aumentando

La Cina è il maggior partner del continente africano e acquista più di un terzo della sua produzione petrolifera. Un quarto degli investimenti cinesi sono diretti in Africa, e la Cina ha prestato ai paesi africani, negli ultimi due anni, più della Banca Mondiale. Le cifre dell’import-export tra Cina e Africa continuano a salire, ma con il passare del tempo iniziano a emergere i lati meno positivi della collaborazione, come racconta l’Economist.

Soprattutto nei paesi più piccoli, dove il peso delle aziende straniere è più sensibile, gli investitori cinesi iniziano ad essere criticati per il loro modo di operare piuttosto disinvolto e poco attento alle regolamentazioni. L’azienda petrolifera cinese Sinopec ha trivellato in Gabon all’interno di un parco nazionale. Le aziende tessili cinesi di Newcastle, in Sudafrica, pagano i dipendenti meno del salario minimo stabilito per legge e corrompono sistematicamente i dirigenti sindacali. Nelle miniere di rame dello Zambia, i caschi protettivi sono dati ai dipendenti solo dopo due anni di lavoro e gli incidenti mortali sono all’ordine del giorno. Ma le critiche non sono limitate a quando le ditte cinesi sono i datori di lavoro: anche quando vincono le gare d’appalto, gli abitanti hanno spesso motivo di lamentarsi per la qualità della costruizione degli ospedali o delle strade.

Sanou Mbaye, un ex dirigente dell’African Development Bank, dice che sono arrivati più cinesi in Africa negli ultimi dieci anni che europei nei precedenti quattrocento. Non si stratta solamente di compagnie statali, ma anche di persone che vogliono tentare la fortuna in proprio o di lavoratori che decidono di restare dopo aver finito il lavoro a contratto. Da parte sua, il governo cinese incoraggia gli investimenti in Africa: soprattutto nel settore delle costruzioni, dove il ministro del commercio cinese dice che le ditte del suo paese firmano contratti per più di 50 miliardi di dollari l’anno, ma per il prossimo futuro si prevedono anche investimenti nell’allevamento per circa 5 miliardi di dollari. Gli africani guardano a questi dati con una certa preoccupazione.

Un problema della collaborazione, infatti, è la concorrenza. L’arrivo di nuovi competitori dall’esterno ha portato in diverse situazioni a un crollo dei prezzi e alla chiusura di attività commerciali locali, come è accaduto a centinaia di fabbriche tessili in Nigeria; a Dar es Salaam, il maggior centro commerciale della Tanzania, ai venditori cinesi è vietato l’ingresso nei mercati. Le formazioni politiche di opposizione, soprattutto nell’Africa meridionale, utilizzano molto spesso l’argomento della critica agli investitori che vengono dall’Estremo Oriente. Politicamente, i cinesi hanno sempre proclamato la dottrina della “non ingerenza” per giustificare la collaborazione con i peggiori dittatori del continente, da Mugabe in Zimbabwe a Omar al-Bashir in Sudan. Questo causa qualche difficoltà in caso di brusco cambio di governo, come nel caso della recente secessione del Sudan meridionale.

Se la Cina ha un ruolo di primo piano negli investimenti africani, nonostante qualche difficoltà e ambiguità politica, lo scenario potrebbe arricchirsi presto di un nuovo attore importante. Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha appena trascorso sei giorni in Africa con un nutrito gruppo di ministri indiani e uomini d’affari. L’occasione della visita è stato il secondo summit afro-indiano in tre anni, a cui hanno partecipato i leader di 15 paesi africani. Secondo l’Economist, il peso dell’India nel continente è in crescita costante: da un lato aiuta il governo indiano a uscire da una storia di scarso peso nei rapporti internazionali e scarsa attenzione alle relazioni internazionali, e dall’altro soddisfa le necessità di materie prime di una economia in forte crescita e quarta consumatrice mondiale di petrolio.

Per ora il volume d’affari gestito dalla Cina è circa tre volte più grande di quello indiano, ma Singh ha promesso cinque miliardi di dollari di prestiti agevolati per i paesi africani che intendono commerciare con l’India e un altro miliardo per la costruzione di infrastrutture e il peacekeeping. Già oggi il contingente indiano è numericamente al terzo posto nelle missioni delle Nazioni Unite in Africa, e in passato l’India fu tra i paesi più critici nei confronti del regime di apartheid sudafricano: può darsi che, almeno sul piano dell’immagine, la battaglia con la Cina sia già vinta.

foto: AP Photo/Nelson Ching, Pool