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  • Martedì 3 maggio 2011

La nuova serie tv di Aaron Sorkin

Cosa si sa della nuova serie dello sceneggiatore che ha vinto l'Oscar, e perché questa volta non sarà cancellata

di Chiara Lino

Aaron Sorkin, l’uomo che due mesi fa ha vinto un Oscar per la sceneggiatura di The Social Network, che ha scritto la serie tv The West Wing e che, pur con un numero relativamente basso di sceneggiature in curriculum, è universalmente riconosciuto come uno dei migliori sceneggiatori in circolazione e “quello dei dialoghi velocissimi e brillanti”, sta lavorando al primo episodio di una nuova serie tv il cui titolo provvisorio è More as the story develops (formula giornalistica traducibile in qualcosa tipo “Seguiranno aggiornamenti”).

Dire che il lavoro è a una fase embrionale sarebbe riduttivo: dal punto di vista del cast l’unica notizia certa è che Jeff Daniels (quello di Scemo e più scemo) interpreterà il protagonista, Will McCallister, e che alcune attrici si stanno contendendo i ruoli femminili. Sappiamo che andrà in onda a un certo punto nel 2012. E sappiamo di cosa parla: è la storia del presentatore di un programma di news in declino e del suo staff, tutti idealisticamente impegnati a migliorare le sorti e la qualità dello show. Sorkin si sarebbe ispirato a Keith Olbermann, celebre giornalista televisivo americano molto di sinistra, recentemente passato dalla Msnbc a Current.

Il primo episodio si svolge nell’arco di una giornata particolarmente complicata: Will riceve una serie di minacce di morte dopo aver pronunciato una frase considerata anti-patriottica (problema poi risolto con un brillante monologo con cui convincerà la nazione di essere dalla parte della ragione); scopre inoltre che il suo gruppo di lavoro è stato sleale nei suoi confronti e si ritrova a doverlo rimpiazzare con i suoi ex colleghi, pronti a impegnarsi per la causa. Tra questi c’è l’ex fidanzata di Will, Mackenzie.

Vulture, che ha ottenuto la prima bozza del copione, lo analizza mettendolo a confronto con le serie precedentemente scritte da Sorkin, sottolineandone le somiglianze e dandoci un quadro su cosa aspettarci. Dal punto di vista della trama:

60% di Studio 60: Uno show televisivo in crisi che deve risollevarsi, il ritorno di talentuosi ex-impiegati, le grane della burocrazia di rete e l’onorevole desiderio di portare etica e passione all’arte di fare tv.

20% di Sports Night: sala regia, gergo tecnico e grande amore per le breaking news.

20% di West Wing: ricordate quando, nei primi episodi della serie, Mandy torna nella vita di Josh, giusto in tempo per aiutare l’amministrazione Bartlet a risolvere un po’ di guai che lei stessa aveva creato?

Dal punto di vista della tensione sentimentale:

55% di Studio 60: nella coppia Will/Mackenzie c’è molto delle dinamiche tra Matt e Harriet  – l’incontro non desiderato, l’animosità latente, Quella Brutta Cosa Del Passato Di Cui Non Si Può Parlare – ma la storia non è altrettanto intricata e, anche solo in forma testuale, la tensione sentimentale tra i due è molto più percepibile che nell’intero corso di Studio 60.

35% di Sports Night: la storia d’amore nascente (tra un ragazzo e una ragazza dello staff, ndr) ricorda moltissimo quella tra Natalie e Jeremy, mentre i litigi tra Will e Mackenzie suonano come lo scontro tra Casey e Dana.

10% di West Wing: in West Wing un tema ricorrente è il ritorno nella vita dei personaggi di persone con cui avevano avuto relazioni sentimentali in passato, o comunque l’esistenza di tensioni sentimentali che rimangono irrisolte. Josh con Amy, Sam con Mallory e Laurie, Toby e Andy, CJ e Danny. Nel mondo di Sorkin, se hai avuto delle storie con qualcuno, quel qualcuno ti perseguiterà per sempre.

Dal punto di vista della politica:

70% di West Wing: nel primo episodio di West Wing, Josh si ritrova nei guai per aver insultato un’esponente della destra cristiana durante un talk show.

25% di Sports Night: nell’episodio The Apology Dan è costretto a scusarsi per aver detto qualcosa di controverso ma vero (nello specifico, che la guerra alle droghe era stata un fallimento).

5% di The American President: il presidente Shepherd prova a dire che «gli americani non possono più permettersi di fingere di vivere in una società perfetta» e per questo deve affrontare aspre critiche.

Sull’alchimia tra i personaggi, Vulture rileva che, a differenza delle altre opere di Sorkin, qui non è presente né una coppia di amici inseparabili, come in Studio 60, né una figura carismatica e pseudo-paterna di riferimento, come in West Wing. Nonostante questo le somiglianze con le altre serie non mancano:

70% di Sports Night: il legame che si instaura subito tra la promettente Maggie e Mackenzie assomiglia molto a quello tra Natalie e Dana.

20% di Studio 60: l’unica serie di Sorkin in cui alcuni dei personaggi principali non apprezzano un gruppo di colleghi, dato che Matt odia la maggior parte dello staff di sceneggiatori che ha “ereditato”.

10% di West Wing: il rapporto tra Will e la sua nuova guardia del corpo – ciarliera, informale per coprire la difficoltà della situazione in cui si trovano – assomiglia molto a quella tra il presidente Bartlet e il suo assistente Charlie.

Ora: secondo quali parametri possiamo ipotizzare quanto durerà la serie?

Chi sta pensando alla triste fine di Studio 60, l’ultimo lavoro di Sorkin per la tv (e sulla tv) cancellato al termine della prima stagione, potrebbe guardare con timore alla sorte questo nuovo progetto, temendo un’altra chiusura improvvisa e prematura. Ma ci sono un po’ di elementi che scoraggiano l’ipotesi e che ci danno qualche informazione su cosa aspettarci di diverso rispetto al Sorkin delle sue serie televisive precedenti.

Così come succede in Italia, anche negli Stati Uniti i contenuti di maggiore qualità sono spesso prodotti dai canali a pagamento. Le cinque reti broadcast (Abc, Nbc, Fox, Cbs, Cw), che basano la propria sopravvivenza sugli introiti pubblicitari, sono molto più legate alle logiche commerciali e agli ascolti rispetto alle reti via cavo, che puntano a far crescere una rete di abbonati proponendo contenuti meno generalisti e più mirati. Questo non esclude che ottimi prodotti passino su uno dei cinque network principali: ma, quando succede, vanno avanti solo se incontrano l’interesse di una larga fetta di pubblico, devono misurare tematiche e linguaggio su un’audience generica ed è più probabile che si trovino ad “aggiustare” la narrazione per stabilizzare ascolti bassi o altalenanti. The West Wing è stato trasmesso dalla Nbc per sette anni, mentre Studio 60, sulla stessa rete, è stato chiuso dopo 22 episodi.

More as the story develops è stato commissionato a Sorkin dalla HBO, una delle più importanti reti via cavo nota per le produzioni di qualità, sia documentaristiche che di fiction, e per la scelta di tematiche molto diverse tra loro: tra le serie prodotte dalla rete c’è True Blood (vampiri), Big Love (mormoni poligami), I Sopranos (mafia), Band of Brothers, Generation Kill e The Pacific (guerra), Sex and the City (donne single). Tutte serie che non si pongono troppi problemi nel mostrare scene di sesso o violenza, usare un linguaggio articolato, sia visivo che verbale, e proporre tematiche controverse. Tutte serie che hanno potuto sviluppare la propria trama senza la minaccia incombente della cancellazione al primo inciampo. Insomma, è facile ipotizzare che Sorkin avrà totale libertà nel tratteggiare le sue storie e i suoi personaggi, rivolgendosi a un pubblico selezionato che più facilmente apprezzerà il suo stile.

Riguardo la forma, è importante sottolineare due elementi. Il primo è la lunghezza degli episodi, che sulla HBO durano tra i 50 e i 60 minuti contro i 40-45 delle reti mainstream. Se pensate che non faccia alcuna differenza, pensate al casino che ha piantato Matthew Weiner quando la AMC ha minacciato di accorciare di un paio di minuti gli episodi di Mad Men; oppure al calo qualitativo che hanno subito le serie della Fox quando, nel 2008, la rete ha scelto di ridurre le pause pubblicitarie allungando gli episodi a 50 minuti di durata. Questo non vuol dire che la serie di Sorkin sarà più o meno bella perché composta da episodi più lunghi, ma che la differenza si farà sentire.

Il secondo elemento è la durata delle stagioni, che sulla HBO sono composte da una media di 10-12 episodi, con pause di 8-10 mesi tra una stagione e l’altra: anche questo peserà sull’economia dei cicli narrativi, che Sorkin è abituato a “spalmare” su più tempo. Sempre parlando di numeri va anche notato che le serie HBO contano, di solito, tra le quattro e le sei stagioni.

Ultimo in lista, ma (ovviamente) non in importanza: Sorkin quest’anno ha vinto un Oscar, ricordando a tutti che è uno sceneggiatore, se non Lo Sceneggiatore, da tenere d’occhio. Nel mondo dello spettacolo spesso il lavoro di chi scrive passa quasi inosservato al pubblico: ricordiamo le storie che ci hanno colpito, i film che hanno vinto i premi o i loro attori, ma difficilmente i nomi di chi li ha scritti. Quello di Sorkin è diventato, oggi, uno dei pochi che vengono in mente quando si parla di sceneggiatura, e questo non può che essere un fattore di cui tenere conto.

foto: AP Photo/Chris Carlson