• Mondo
  • Martedì 22 marzo 2011

Il rimorchiatore italiano in giro per il Mediterraneo

Cosa sappiamo della nave sequestrata domenica dall'esercito di Gheddafi, oggi tornata a Tripoli

NEW YORK - OCTOBER 19: A tugboat moves a boat across the Manhattan harbor October 19, 2009 in New York City. A new report by the Organization for Economic Cooperation and Development (OECP) finds that rising sea levels due to global warming threatens some of the worldÕs major cities. According to the report, seas are rising twice as fast as recently projected threatening such sea level cities as New York, Miami, London, Tokyo, Mumbai and Amsterdam. World leaders are scheduled to meet in Copenhagen, Denmark in December for the UN-sponsored climate-change conference where issues such as rising sea levels are to be discussed. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)
NEW YORK - OCTOBER 19: A tugboat moves a boat across the Manhattan harbor October 19, 2009 in New York City. A new report by the Organization for Economic Cooperation and Development (OECP) finds that rising sea levels due to global warming threatens some of the worldÕs major cities. According to the report, seas are rising twice as fast as recently projected threatening such sea level cities as New York, Miami, London, Tokyo, Mumbai and Amsterdam. World leaders are scheduled to meet in Copenhagen, Denmark in December for the UN-sponsored climate-change conference where issues such as rising sea levels are to be discussed. (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

C’è una storia collaterale a quella più grande e globale della crisi in Libia, che riguarda in particolare l’Italia e che non ha a che fare con le dichiarazioni contraddittorie dei membri del governo. È la storia di un rimorchiatore di una società napoletana che si chiama Augusta Offshore, che ha a bordo undici persone, è stato sequestrato domenica dall’esercito libico e da due giorni vaga per il Mediterraneo senza una meta precisa. Questa mattina sarebbe tornato a Tripoli ma “la vicenda non può considerarsi conclusa”, ha detto l’armatore.

Il rimorchiatore si chiama Asso 22: il suo equipaggio è composto da otto marinai italiani, due indiani, un ucraino. Si trovava nel porto di Tripoli, era stato affittato a una società italolibica che gestisce la piattaforma dell’ENI a Bouri, in alto mare: serviva a trasportare il personale tra il giacimento e il porto di Tripoli. Al porto di Tripoli è stato sequestrato domenica scorsa da alcune persone armate che si sono qualificate come soldati libici. Il rimorchiatore è stato fermo per diverse ore al porto, poi in serata è partito. Senza una meta, zig zag in giro per il Mediterraneo. “Continuano a navigare in acque internazionali, poi puntano verso Tripoli ma improvvisamente invertono la rotta e riprendono il mare senza però fornire alcun segnale su quale possa essere l’obiettivo finale della loro azione”, scrive oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera.

Dai soldati a bordo non è arrivata nessuna richiesta di riscatto. Si temeva che volessero puntare la piattaforma dell’ENI, si sono diretti in quella direzione e poi sono andati da un’altra parte, zigzagando di nuovo. Le comunicazioni con la terra sono state interrotte. Sempre Sarzanini sul Corriere: “appare sempre più evidente che si tratti della prima ritorsione del regime nei confronti dell’Italia, indicata dallo stesso Raìs in cima alla lista dei Paesi «traditori»”. Sui giornali si legge che oggi il governo avrebbe dovuto far affiancare una nave al rimorchiatore, per iniziare un negoziato: l’ipotesi di un blitz, infatti, è stata esclusa per i rischi che correrebbero gli ostaggi e per il fatto che sulla piattaforma San Marco, dislocata nel Mediterraneo, non ci sono soldati con l’addestramento necessario a portare avanti un’azione del genere. Questa mattina la nave è attraccata di nuovo al porto di Tripoli: i membri dell’equipaggio hanno contattato i familiari ma i militari libici sono ancora lì.

foto: Spencer Platt/Getty Images