Le dieci cose per cui vale la pena vivere

L'elenco di Roberto Saviano nell'introduzione del libro di Vieni via con me

Domani esce per Feltrinelli “Vieni via con me”, il libro che contiene i monologhi di Roberto Saviano durante l’omonima fortunata trasmissione condotta insieme a Fabio Fazio su Raitre. Saviano presenta il libro mercoledì a Milano. Oggi su Repubblica l’introduzione, in cui Saviano racconta il successo della trasmissione e dell’idea degli elenchi, ed elenca quelle che secondo lui sono le dieci cose per cui vale la pena vivere.

Se il tuo mestiere è scrivere, fare televisione è come cercare di respirare sott’acqua. Non puoi farlo perché non hai le branchie, devi trovare il modo, un modo qualsiasi per non morire soffocato. Quando Fabio Fazio mi incontrò proponendomi di raccontare in televisione storie d’Italia, d’istinto la mia risposta fu sì. Ne ero entusiasta, ma feci solo un lieve cenno con la testa come se a dire sì fosse più il mio corpo che il mio pensiero. Ero lusingato dalla proposta, ma intravedevo molte difficoltà. L’idea era nata dopo che una puntata della trasmissione di Fabio a cui avevo partecipato aveva raggiunto, in prima serata, ascolti molto alti raccontando storie di camorra, di libri e scrittori perseguitati. Ma lavorare a un programma televisivo, costruirlo dal primo all’ultimo minuto, ha per uno scrittore qualcosa di irreale. “Vedrai che riusciremo” mi rispose Fabio, che aveva capito cosa si agitava nella mia testa e voleva in qualche modo tranquillizzarmi. Da quel momento abbiamo condiviso tutto, soddisfazioni e dubbi, timori e rabbia: come è raro che accada, o comunque come a me non era mai successo.

È partita così un’avventura fatta di tensione, tristezza, grande passione, un’avventura che mi ha dato la vertigine e la possibilità davvero di intravedere un sentiero oltre la notte. La notte di questo Paese. Per la dirigenza generale la trasmissione doveva essere una di nicchia, doveva parlare solo a quei pochi (che per me erano già una moltitudine) che avevano seguito i miei precedenti interventi su Raitre. Ma noi questa volta avevamo in mente qualcosa di diverso. Pensavamo a una trasmissione popolare, una trasmissione che potesse arrivare a un pubblico più vasto. Che fosse racconto e intrattenimento. È questo che ha generato il cortocircuito iniziale, le polemiche sui compensi, i timori politici dell’azienda, i sospetti di una censura preventiva, sotterranea, la netta percezione che si volessero fermare le nostre parole.

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