Il 17 febbraio è uscito il nuovo libro di Paola Mastrocola, Togliamo il disturbo, di cui il Post aveva pubblicato sei pagine in anteprima. Paola Mastrocola ieri sera è stata ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa, e ha spiegato da cosa sono nate alcune delle riflessioni del suo saggio sulla scuola.
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Marco Imarisio raccoglie oggi sul Corriere alcune tra le prime reazioni all’uscita del suo libro e al suo intervento di ieri, tra cui i commenti di Tullio De Mauro, Domenico Chiesa, Adolfo Scotto di Luzio:
Nel libro viene sancita la sconfitta degli insegnanti, ultimi resistenti aggrappati all’idea che stare sui libri possa essere utile. «Oggi se parli di studio, sei subito vecchio. È una parola perdente a priori. Non studiare invece è bello, sa di nuovo, di fresco, di gioioso. È come andare per campi a fare una merenda.» L’amarezza è tanta. Mastrocola evita la tentazione del piagnisteo, ha una proposta da fare. Dare una chance allo studio, scrive, significa lasciarlo a chi lo vuole davvero, insegnanti e soprattutto allievi. E quindi,una preparazione di base eccellente dagli 8 ai 14 anni, e poi liberi tutti di scegliere tre diverse opzioni. Una scuola per il lavoro, una per la comunicazione, e infine una scuola per lo studio.
Per Marco Rossi Doria:
L’apprendimento ormai è dappertutto, non possiamo far finta di ignorare questo. Oggi è saltata la socialità di primo livello, quando arrivano a scuola i ragazzi non hanno altre esperienze, mancano anche di un modello di educazione anteriore. Infine, lavagna e gessetto non servono più, non sono più uno strumento esclusivo dell’insegnamento. I ragazzi hanno sempre più bisogno di una guida in questa giungla di saperi, non di un avviamento al lavoro. Già nel 1968, al liceo Virgilio di Roma, quando sbagliavo la versione di latino, il professore commentava che le mie erano braccia rubate all’agricoltura. Tornando indietro non si va avanti.
Domenico Chiesa è solo parzialmente d’accordo con Mastrocola:
Credo abbia ragione quando individua nello studio la possibilità di insegnare ai ragazzi cose che non avranno modo di conoscere una volta fuori dalle aule. Da Torquato Tasso ai confini dell’Afghanistan, per esempio; però un insegnante non deve mai porre la domanda “cosa farai dopo” fino alla maggiore età. Quelli che vogliono studiare sono quasi sempre figli di persone con la casa piena di libri. Io credo che la possibilità vada garantita a tutti, anche a coloro che non la vogliono.