De Bortoli parla ai sordi

Il direttore del Corriere della Sera chiede una tregua politica, o in subordine elezioni

Con un editoriale in prima pagina stamattina il direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli disegna l’ennesimo quadro preoccupante della situazione politica italiana, e chiede ai protagonisti di arrestare lo scontro e la guerra di trincea. Poi, credendoci poco anche lui, ripiega sul minore dei mali.

Nell’infinita notte della nostra Repubblica, cresce l’inquietudine di chi vorrebbe vivere in un Paese normale, di chi avverte l’urgenza di occuparsi di problemi veri: la famiglia, il lavoro, l’impresa. E soffre il degrado della vita pubblica, la grave perdita d’immagine internazionale. Vogliamo essere orgogliosi del nostro Paese e non avere motivi di imbarazzo se non di vergogna. Un’inchiesta della procura milanese a carico del premier scuote le coscienze. Diffidiamo dei tanti che pensano di avere la verità (e la sentenza) in tasca. Siamo garantisti, ma riteniamo che il premier debba andare dai magistrati competenti e chiarire. Ha tutto il diritto di difendersi, anche se sarebbe preferibile che non lo facesse attaccando ogni giorno la magistratura. Fondato e importante il tema delle libertà individuali, ma chi governa deve dare un buon esempio.
In questi giorni si sta consumando un altro dramma: il crescere della conflittualità fra le istituzioni. Forse ci stiamo abituando a tutto, ma non possiamo assistere in silenzio a una catena di strappi senza precedenti. Capisco l’insofferenza per le forme, che è figlia di questo tempo, ma c’è un limite. Jean Monnet, uno dei padri dell’Europa, diceva che «niente è possibile senza gli uomini, ma nulla è durevole senza le istituzioni». Nella salute delle nostre istituzioni c’è la qualità democratica di cui godranno le future generazioni. Le irritualità sono state numerose. Il premier chiede le dimissioni del presidente della Camera, suo ex alleato, e questi, super partes a Montecitorio, da poco capo di un nuovo partito, rivolge al presidente del Consiglio analoga intimazione. Il ministro degli Esteri, rispondendo a un’interrogazione ammessa, fra le contestazioni, dal presidente del Senato, presenta un dossier con lo scopo di provocare le dimissioni del presidente della Camera su una questione, la nota vicenda della casa di Montecarlo, che continua a incombere su Fini. Insomma, l’appartenenza politica e le convenienze personali degli uomini che rivestono le principali cariche dello Stato sembrano prevalere sul ruolo istituzionale che ricoprono. In un Paese nel quale vi sono forze politiche che vorrebbero ridurre al silenzio la magistratura, limitandone l’autonomia e l’indipendenza, e magistrati che pensano di potersi sostituire alla volontà popolare nel decidere a chi spetti governare.

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