Chi ha dato al Giornale le carte su Ilda Boccassini?

Secondo Repubblica i documenti sono stati trafugati da Matteo Brigandì

Ieri il Giornale aveva deciso di aprire la sua prima pagina riesumando una vecchissima storia riguardo Ilda Boccassini, uno dei pm della procura di Milano, che 28 anni fa fu oggetto di un procedimento disciplinare – che si concluse con l’assoluzione – per via di una sua relazione sentimentale con un giornalista. Nel ricostruire la vicenda, oltre a utilizzare un linguaggio squallido e teppista, il Giornale riproduceva i passaggi di alcuni verbali dei carabinieri relativi a quell’episodio. Oggi su Repubblica Liana Milella ricostruisce chi è stato a trafugare quei documenti: si tratterebbe di Matteo Brigandì, membro del Consiglio Superiore della Magistratura in quota leghista.

Ha un nome e un cognome il consigliere del Csm che una settimana fa ha preteso gli fosse consegnato, per documentarsi, il vecchio fascicolo della disciplinare su Ilda Boccassini. Chiariamo subito: si tratta di carte riservate, perché al tempo della discussione le sedute non erano pubbliche come oggi, ma segrete. Quel componente del Csm è Matteo Brigandì, notissimo esponente leghista nato a Messina ma radicalizzato in Piemonte, firmatario di una proposta di legge sul legittimo impedimento e pure di una per inasprire le norme sulla responsabilità civile dei magistrati. Entra a palazzo dei Marescialli a fine luglio nella pattuglia dei cinque laici. E dopo un altolà a Bossi. Il quale, fino a 12 ore prima del voto, aveva indicato per quel posto Mariella Ventura Sarno. Brigandì lo contesta, fa circolare la voce che si tratta solo di una vicina di casa del Senatur, minaccia di nuovo le dimissioni. Entra al Csm. Anche se su di lui pendono due condanne che potrebbero diventare definitive a breve, una per diffamazione, l´altra per non aver pagato gli alimenti alla figlia. E per legge decadrà.

Ma Brigandì, stavolta, si appunta sul petto una medaglia non da poco. Lui prende il fascicolo della Boccassini. Il contenuto finisce sul Giornale. Con tanto di virgolette e particolari. Il pezzo esce e il Csm vive una delle sue giornate di maggiore tensione. A seminare il panico è una furibonda telefonata del procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati al vice presidente Michele Vietti. I due si conoscono da tempo. Hanno fiorettato per tre anni sulla riforma dell´ordinamento giudiziario quando il magistrato era presidente dell´Anm e Vietti sottosegretario alla Giustizia. Si stimano. Adesso Bruti Liberati vuole capire da dove sono uscite quelle carte riservate. E vuole scoprirlo anche Vietti.

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