Una festa meravigliosa

L'Unità intervista Neil Hannon dei Divine Comedy

Neil Hannon, fondatore e ormai unico membro fisso della band inglese dei Divine Comedy – tra le più inventive negli arrangiamenti del pop britannico negli ultimi due decenni – ha suonato in questi giorni in Italia, e Fabio Viola dell’Unità lo ha raccontato e intervistato.

L’ultima volta che Neil Hannon, aka the Divine Comedy, quarantenne di Derry (Irlanda del Nord), ha suonato a Roma è stata il 19 aprile del 1994. Lui era al secondo album, Promenade, noi a meno di un mese dall’inizio del primo Governo Berlusconi. Lui faceva da spalla a Tori Amos durante il suo tour italiano e noi facevamo da spalla a noi stessi, mostrando già i primi segni del rattrappimento culturale e sociale che ci ha portati qui.
Hannon era a un passo dalla consacrazione europea, avvenuta un anno e mezzo dopo con l’album “Casanova”, e in un certo senso anche noi cominciavamo a godere di una forma di consacrazione (in Europa e nel mondo, come Paese morboso, al contempo decrepito e infantile, governato appunto da un Casanova senile). Ma questo non c’entra. Mentre noi in Italia ci accartocciavamo, Neil Hannon portava avanti, giustamente incurante di noi e delle nostre sorti, il suo discorso musicale fatto di eleganza, testi arguti e ricchi d’ironia, raffinatezza retrò. Album dopo album The Divine Comedy (“Il nome è venuto fuori per caso, dovevamo sceglierne uno allora ho preso un libro a caso dallo scaffale” – neanche con i nostri capolavori riusciamo davvero a imporci) ha affermato un modo di fare musica del tutto fuori dal tempo, fatto di composizioni complesse e arrangiamenti barocchi, che seppur relegato al di fuori dei canali mainstream continua a riscuotere consensi e a permettergli di fare la sua cosa senza interferenze. La folla accorsa ad ascoltarlo al Circolo degli Artisti in questa inaspettata data romana del tour per il nuovo album “Bang goes the knighthood” ne è la prova. Il pop non è solo una cosa volgare.

(continua a leggere sul sito dell’Unità)