Possiamo fidarci di Massimo Ciancimino?

Il figlio dell'ex sindaco di Palermo ieri ha tirato in ballo Gianni De Gennaro nella trattativa Stato-mafia

Ieri Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo e mafioso Vito Ciancimino, nel corso di un interrogatorio a Caltanissetta ha tirato in mezzo Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e oggi coordinatore dei servizi segreti, definendolo “uno dell’ambiente del signor Franco”, dove il misterioso “signor Franco” è secondo Ciancimino un uomo dei servizi segreti centrale nella presunta trattativa tra lo Stato e la mafia.

De Gennaro ha querelato per calunnia Massimo Ciancimino. Oggi i giornali danno conto delle incomprensioni tra la procura di Caltanissetta e quella di Palermo, riguardo lo stesso Ciancimino. I primi indagano sulla trattativa, e reputano credibile il figlio dell’ex sindaco. I secondi indagano sulle stragi degli anni Novanta e, scrive Repubblica, “per le sue reticenze e per le sue contraddizioni manifestate durante l’interrogatorio avevano manifestato l’intenzione di indagarlo per calunnia”.

Insomma, il fatto riapre la discussione sull’attendibilità delle testimonianze e delle informazioni fornite da Massimo Ciancimino. È un personaggio piuttosto controverso: indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, condannato per riciclaggio, racconta storie di mafia e politica ininterrottamente da due anni e mezzo. Ha detto molte cose: alcune si sono rivelate veritiere, alcune no. Spesso si è contraddetto. I magistrati della procura di Firenze hanno considerato inattendibili le sue deposizioni; quelli di Palermo lo considerano attendibile; quelli di Caltanissetta lo ascoltano ma dubitano. Oggi ne scrivono Attilio Bolzoni su Repubblica e Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera. Questo Bolzoni:

Chissà come sarà chiamato da oggi il rampollo di don Vito. L’uomo della verità? Il grande depistatore? L’esecutore materiale dei desideri del mafioso più mafioso di Palermo? Di certo è che da oggi, non importa se ha addossato il peso al padre che non c’è più o se la colpa se la prenderà tutta lui, Massimo Ciancimino ha oltrepassato un confine dal quale difficilmente potrà tornare indietro. Innanzitutto per il nome che ha deciso di rivelare. E poi perché, su quel nome, tanto per cambiare la magistratura siciliana si sta già spaccando. Nella Ciancimino story siamo alla resa dei conti.

Le accuse a Gianni De Gennaro sono forti al punto da rappresentare l’ago della bilancia, scrive Bolzoni, anche se conosciamo già altre contraddizioni e marce indietro di Massimo Ciancimino. Nonché alcune anomalie del suo comportamento: vedi per esempio la sua scelta di razionare col contagocce testimonianze e prove. Scrive così Bianconi, sul Corriere.

È l’uomo che sostiene di voler riscattare il nome dato al figlio maschio, Vito Andrea, collaborando con la giustizia e aprendo gli archivi segreti del padre condannato per mafia sulla base di un’indagine condotta dal giudice Giovanni Falcone. Solo che quegli archivi li ha aperti a singhiozzo, portando ogni volta un nuovo pezzo di carta, compreso il famoso «papello» con le richieste avanzate nel 1992 dai corleonesi di Totò Riina per fermare le stragi, tra la bomba di Capaci che uccise Falcone e quella di via D’Amelio che tolse di mezzo Paolo Borsellino. L’ha consegnato dopo circa un anno di tira e molla, e ancora non ha finito di dare tutto ciò che ha promesso. All’appello manca ancora, per dirne una, un assegno di Silvio Berlusconi a suo padre di cui Massimo parlò in una telefonata intercettata con la sorella.

Poi ci sono le dichiarazioni meno sostanziali e più fantasiose su vari misteri d’Italia, dalla morte di Roberto Calvi alla strage di Ustica. Le accuse di aver contraffatto e manomesso gli stessi documenti che fornisce come prove, facendo creativi collage da manoscritti diversi. Per dire: il foglio su cui appare il nome di De Gennaro contiene un elenco di poliziotti e prefetti che secondo Massimo Ciancimino sarebbero stati elencati da suo padre come il famoso “quarto livello”, gli infiltrati della mafia nello stato.

L’unico nome sconosciuto è quello di un certo Gross, accanto al quale è tracciata una riga che lo collega al nome di De Gennaro, stavolta vergato con la calligrafia del padre. Gli accertamenti della polizia scientifica hanno stabilito che quella scritta è sovrapposta a un’altra. Segno di una manomissione successiva? Impossibile rispondere, visto che si tratta dell’ennesima fotocopia.

Uno dice: non bastano queste numerose contraddizioni e imprecisioni a far considerare Ciancimino inattendibile? La risposta di Bianconi, per esempio, è no.

Di sicuro — e su questo gli inquirenti sono quasi tutti d’accordo, anche i più scettici sulla sua genuinità — Ciancimino jr ha impresso una svolta alle inchieste sulle stragi anticipando l’avvio dell’ipotetica trattativa tra boss e uomini delle istituzioni. Prima si pensava che fosse successiva alla morte di Borsellino, mentre Massimo Ciancimino ha raccontato che già prima di quella bomba suo padre cominciò a incontrare i carabinieri; da lì sono venuti alcuni riscontri alle sue affermazioni considerati importanti, come i ricordi dell’ex presidente della commissione antimafia Luciano Violante, dell’ex ministro Claudio Martelli, della sua collaboratrice Liliana Ferraro e altri ancora.

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