Di cosa parliamo quando parliamo di Napoli e di rifiuti

Una bella intervista di due anni fa ma piuttosto attuale a Guido Viale, grande esperto della materia

Due anni fa, mentre si prendeva fiato dopo l’emergenza rifiuti napoletana che con troppa fretta si era data per risolta, il mensile Una Città intervistò Guido Viale, uno dei più grandi esperti di smaltimento di rifiuti in Italia (che pochi giorni fa ha provato a spiegare il guaio Terzigno su Repubblica). E quell’intervista è ancora oggi una delle cose più istruttive su tutta la questione.

Della crisi dei rifiuti in Campania si è parlato moltissimo, ovviamente, e si sono viste immagini incredibili. Ma non abbiamo capito bene le ragioni di tanto disastro. Tu te ne stai occupando e forse ci puoi spiegare qualcosa. Intanto, tu cosa fai esattamente in Campania?
Dal mese di maggio lavoro in Campania come coordinatore di un Forum Rifiuti, cioè di un organismo che è stato istituito da Walter Ganapini, da gennaio nuovo assessore regionale all’ambiente, per promuovere un processo partecipato alla riorganizzazione del ciclo dei rifiuti -quando e se cesserà l’emergenza e le competenze ritorneranno agli organi istituzionalmente preposti. Sono un coordinatore temporaneo, perché è previsto che la mano passi poi a soggetti locali.
L’assessore Ganapini non è stato scelto per motivi politici, ma perché è un esperto, probabilmente il maggior esperto italiano, di rifiuti ed è la persona che già 14 anni fa, a Milano, era stato chiamato dalla giunta leghista Formentini in occasione di una analoga emergenza rifiuti nella città. Ne nacque il modello Milano, che è stato copiato da una serie di città europee, per esempio Barcellona, che il problema dei rifiuti l’hanno risolto. A Milano invece siamo ancora senza la raccolta differenziata dell’umido che è stata abolita subito dopo la breve esperienza di Ganapini. Già allora ero stato chiamato a coordinare un Forum cittadino, con la partecipazione delle organizzazioni di volontariato e di categoria.
Si tratta di esperienze rare: i processi partecipativi in Italia non sono molto numerosi e, quando ci sono, sono spesso di facciata.
In Campania la situazione è talmente grave e complessa che è assolutamente impossibile, a mio avviso, uscirne senza un coinvolgimento profondo -che allo stato attuale non c’è- di quella che volgarmente si chiama società civile. C’è stata una grossa partecipazione emotiva, ma anche intellettualmente e scientificamente qualificata, di comitati, organizzazioni del volontariato e Ong, a fronte di un’assenza, con poche lodevolissime eccezioni, delle amministrazioni locali a qualsiasi livello, e un silenzio tombale o quasi, finora, da parte delle organizzazioni imprenditoriali e dei sindacati, che pure sono parte in causa. Il mio tentativo, concordato con l’assessore, è di costruire innanzitutto un organismo indipendente, anche se promosso dall’assessorato e dalla Regione, che rivendichi una piena autonomia anche di giudizio. L’obiettivo è tenere insieme tre componenti fondamentali: l’imprenditoria, cioè Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confagricoltura, Coltivatori Diretti, Camere di Commercio, ecc.; il mondo istituzionale, cioè i Comuni, le Province, e dove le città sono di una certa dimensione anche le municipalità, le circoscrizioni, le Asl e le altre istituzioni collegate; e infine, terza componente, le associazioni e il volontariato, dai sindacati ai comitati spontanei, alle Ong.

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