Nel suo ultimo libro “Se niente importa”, lo scrittore americano Jonathan Safran Foer analizza la crudeltà dell’industria alimentare moderna con uno spietato viaggio dall’interno degli allevamenti. Quello della produzione di carne da allevamento è infatti uno dei paradossi più feroci e allo stesso tempo più ignorati dei nostri consumi quotidiani, che alimentano lo sfruttamento intensivo di animali costretti a vivere e poi uccisi in condizioni terribili.
Oggi il New York Times racconta la storia di due grossi allevatori americani – Bell&Evans in Pensilvania e Mary’s Chickens in California – che stanno per introdurre un nuovo sistema per uccidere i loro polli. L’idea sarebbe quella di addormentare gli animali usando un gas a base di biossido di carbonio prima di appenderli a testa in giù e sgozzarli.
«Quando prendi un pollo e lo metti a testa in giù per ucciderlo gli procuri un sacco di stress», spiega Scott Sechler, il proprietario di Bell & Evans, «il nostro metodo invece è progettato per fare in modo che si addormentino prima di essere appesi, in modo da poterli uccidere senza stressarli». Anglia Autoflow, l’azienda che sta lavorando a questo sistema che manderebbe i polli a knock out prima di essere uccisi, spiega che si tratta di uno «stordimento atmosferico controllato». Ma David Pitman, proprietario di Mary’s Chicken, dice che sulle sue etichette preferirà scrivere qualcosa tipo «ucciso umanamente» o «processato umanamente».
Di solito, negli allevamenti industriali, i polli vengono tolti dalle loro batterie e appesi a testa in giù a una catena metallica uno accanto all’altro. La catena si muove e li spinge uno dopo l’altro prima dentro a un piccolo box in cui ricevono una leggera scossa elettrica come sedativo e poi sotto alla lama che taglia loro la gola. Con il nuovo sistema invece i polli sarebbero inseriti in speciali gabbie in cui sarebbero sedati con il gas a base di biossido di carbonio. Solo a quel punto verrebbero appesi a testa in giù e uccisi.
Temple Grandin, professore di biologia animale alla Colorado State University, ha fatto da consulente per Bell & Evans su questo progetto e ha confermato che per i polli è meglio perché in questo modo non si accorgono di quello che sta per accadere. «Gli uccelli non amano essere appesi a testa in giù», ha detto al New York Times «si stressano molto quando succede». Scott Sechler preferisce paragonare il procedimento a un’anestesia, simile, dice, a quella a cui le persone vengono sottoposte prima di entrare in sala operatoria. E per questo sta pensando di far scrivere sulle sue etichette «slow induction anestesia».
Sechler ha spiegato che ha scelto questo sistema dopo anni di ricerche e che si tratta di un procedimento sicuramente migliore rispetto a quelli simili usati in Europa. Questi sistemi, dice, tolgono l’ossigeno ai polli troppo velocemente e quindi causano loro comunque grosse sofferenze. Spesso poi sono specificamente progettati per uccidere direttamente i polli, invece che limitarsi a sedarli e questo a Sechler non piace. «Non voglio che i consumatori possano dire che uccidiamo i nostri polli con il gas».
Secondo Sechler e Pitman con questo metodo la carne sarà anche di qualità migliore, perché soffrendo livelli inferiori di stress si ridurrà il rischio di ali spezzate o ammaccature. E sarà meglio anche per gli operai, dicono. Quando i polli vengono messi a testa in giù infatti tendono a dimenarsi con forza. «Non sono mai stato molto a mio agio quando si trattava di spiegare agli operai quella parte dell’operazione», dice Pitman «mi imbarazzava».