Vivere a Tor Bella Monaca
Sulle pagine romane di Repubblica si discute della vita nel quartiere simbolo delle periferie degradate della Capitale, che Alemanno vorrebbe abbattere
Tor Bella Monaca è una delle cosiddette “borgate” di Roma, quartiere dell’estrema periferia a est della Capitale. Negli anni è diventata il simbolo del degrado delle periferie romane, sebbene negli scorsi anni sia stata oggetto di un progetto di riqualificazione che ne ha in qualche modo migliorato la vivibilità. Nonostante questo qualche giorno fa il sindaco Gianni Alemanno ha detto che Tor Bella Monaca dovrebbe essere abbattuta e ricostruita, sia perché ormai trasformata in un ghetto sia perché inefficiente dal punto di vista energetico.
In questi giorni gli abitanti di Tor Bella Monaca stanno discutendo del loro quartiere sulle pagine romane di Repubblica. Una ragazza calabrese aveva scritto di aver scelto Tor Bella Monaca e di trascorrere lì una vita tutto sommato normale, al contrario di quanto sostengono luoghi comuni e pregiudizi. Le risponde oggi un’altra lettrice, fornendo un punto di vista differente.
Caro direttore,
ho letto la testimonianza di una ragazza che ha scelto di andare a vivere a Tor Bella Monaca. Ultimamente se ne parla spesso, forse anche troppo, a causa delle infelici dichiarazioni del sindaco Alemanno. Io ho 27 anni e sono cresciuta in quel quartiere, l’ho vissuto in tutti i suoi momenti salienti. Durante l’adolescenza mi vergognavo ad ammettere di essere di “quella zona”, finché un giorno non sono andata via scoprendo che non solo molti quartieri sono peggiori ma anche alcune città italiane.
Famiglie di borgata e l’oratorio, spaccio di droga e sparatorie: non è il Bronx ma un quartiere difficile in cui si può crescere onestamente
Mi ero chiesta perché la reputazione da “Bronx di Roma” fosse arrivata ovunque e la risposta la ottenni mentre vivevo a Genova. Sul giornale lessi “Donna decapitata a Tor Bella Monaca”. In realtà era morta a Villaggio Breda, non nel mio quartiere.
Avevamo le classiche famiglie di borgata a controllare tutti i bambini che giocavano sotto casa, avevamo le scuole a portata di mano con professori sempre presenti che stavano lì in missione (o punizione), l’oratorio che cercava di dare un punto fermo ai giovani, i negozi di via Quaglia, il carretto dei gelati che passava sotto casa. Avevamo anche le sparatorie ogni tanto, il tossico di turno che si recava al presidio fisso della Croce Rossa, qualunque droga a portata di mano e bulletti in motorino senza casco che importunavano quelli meno ribelli. Solo che tutto avveniva alla luce del sole. E potevi evitarlo.