Le diciannove nuove idee della scienza

Il fisico quantistico Michael Brooks elenca le teorie più interessanti (e affascinanti) degli ultimi anni

Michael Brooks è un fisico inglese che si occupa di meccanica quantistica. Collabora con la rivista New Scientist e ha scritto per il Guardian, l’Observer, l’Independent. Ha tenuto conferenze all’Università di New York, al Museo Americano di Storia Naturale e all’Università di Cambridge, e partecipa regolarmente a un programma radiofonico di BBC 6, in cui spiega (o cerca di farlo) i misteri dell’universo. Per New Statesman ha scritto una lista di diciannove nuove idee della scienza — o vecchie idee che hanno fatto passi avanti. La realizzazione di alcuna di queste teorie sembra vicina e possiamo già vederla all’orizzonte, altre sembrano ancora fantascienza. Ovviamente le cose sono spesso più articolate e complesse di come vengono descritte, e tutte meriterebbero maggiori e più precisi approfondimenti per poter essere descritte in modo completo. L’intenzione di Brooks però è puramente divulgativa e l’obiettivo è raggiunto: il racconto di come la scienza sta cambiando è decisamente affascinante, anche per chi non ha alle spalle un’adeguata preparazione.

Gli esseri umani si stanno ancora evolvendo
Noi non ce ne accorgiamo perché avviene lentamente, ma il nostro genoma è ancora in continua evoluzione. Due esempi: la presenza di un gene che aumenta la fertilità sta aumentando in Europa, mentre quello per digerire il lattosio si sta diffondendo dai paesi dell’est a tutto il mondo. E ovviamente ci sono i cambiamenti in reazione alle malattie. Le persone con un particolare codice genetico sono più inclini a sopravvivere a malaria e HIV, e quasi tutti gli umani stanno perdendo il gene caspasi, perché rende più vulnerabili alle infezioni batteriche.

Il tempo non esiste
C’è un problema nella coesistenza delle teorie che gli scienziati stanno formulando per arrivare a una “teoria del tutto”: il tempo, che in ognuna di queste teorie funziona in modo diverso. Nella relatività non viene misurato mentre nella teoria dei quanti non si prende nemmeno in considerazione il fatto che questo debba venire misurato. La soluzione radicale al problema è considerare il tempo come una cosa che gli esseri umani si sono inventati, per nulla fondamentale e definita nei processi dell’universo.

Questo è solo uno dei tanti universi
Ci sono cose del nostro universo che sembrano essere così e basta. Non si sa da cosa dipenda il valore della forza di gravità, e questo non sarebbe un problema se il valore non fosse quello perfetto per permettere la vita sul nostro universo, quasi come se qualcuno l’avesse deciso a tavolino. Ma, dato che questa è chiaramente una spiegazione a cui gli scienziati non sono affezionati, hanno ipotizzato un’altra soluzione: il nostro è solo uno di tantissimi universi — tutti differenti tra loro — tra cui noi non possiamo muoverci. Questa eliminerebbe la “specialità” delle condizioni di questo universo: è chiaro che è perfetto per noi, altrimenti non saremmo qui per vederlo.

Potremmo essere in grado di fermare l’invecchiamento
Esperimenti su diversi animali, come topi e vermi, hanno dimostrato che bloccando o modificando dei geni è possibile rallentare molto la velocità dell’invecchiamento. Ed esistono anche modi meno tecnologici per farlo: seguire diete particolari o iniettare ormoni nel corpo potrebbero portare allo stesso risultato. La questione è naturalmente una delle più controverse in ambito scientifico, ma non ce ne dovremo preoccupare ancora per parecchio: molti biologi dicono che si tratti ancora di un miraggio, e sostengono che non riusciremo mai a contrastare la morte delle cellule. La lotta contro l’invecchiamento è comunque passata da “impossibile” a “enormemente difficile”.

Stanno arrivando gli uomini potenziati
Tra una o due generazioni gli esseri umani avranno una scelta da fare: potenziare o meno i proprio bambini? Un gruppo di scienziati guidato da Raymond Kurzweil sostiene che stiamo per entrare in un’era dove sarà protagonista la Singolarità, in cui le nostre capacità mentali e fisiche potranno essere migliorate con l’uso della tecnologia. La ricerche sono ovviamente iniziate con l’intento di prevenire sul nascere le malattie, ma si sono ben presto allargate al superamento dei nostri limiti: impianti nella retina per migliorare la vista o nel cervello per aumentare la memoria. E le diagnosi del codice genetico degli embrioni in vitro danno già la possibilità di selezionare bambini che possano poi donare a fratelli malati; da qui a selezioni più specifiche il passo è breve.

Tutto è informazione
L’universo potrebbe essere una semplicissima ma sterminata rete di “atomi d’informazione”. Allo stesso modo del codice binario con cui lavora un computer, i processi della natura potrebbe essere stabiliti da decisioni che hanno come risposte possibili unicamente il sì e il no: “Il fotone passa per questo punto?”. E così via. L’universo sarebbe quindi un gigante sistema informatico, una visione che semplificherebbe e renderebbe comprensibile il modo con cui funzionano le cose.

Comprendere la nostra coscienza non è più un sogno
La conoscenza sempre maggiore del nostro cervello e i modelli disegnati al computer potrebbero pian piano svelarci come sia possibile che quella roba spugnosa nel nostro cranio crei la nostra coscienza di esseri umani. In particolare, è osservando le conseguenze della morte di piccoli frammenti di cervello che i biologi stanno cercando di comprendere come funzioni: depressione, schizofrenia e autismo sono malattie che derivano dalla distruzione di piccole parti del cervello, e studiarle potrebbe portarci a comprendere il nostro funzionamento. Ci vorranno forse cent’anni, ma è molto probabile che durante il viaggio si riescano a scoprire diverse cose interessanti.

Non sappiamo di cosa sia composta la maggior parte dell’universo
L’universo è in buona parte formato da qualcosa che non riusciamo a comprendere. Secondo la nostra concezione delle cose, le galassie girano troppo velocemente per riuscire a tenere aggregate le stelle di cui sono composte. Ma, dato che quelle galassie compatte lo sono, significa che deve esistere qualcosa di extra gravitazionale che le tiene al loro posto. Gli scienziati chiamano questo qualcosa materia oscura, che dovrebbe formare circa un quarto della massa dell’universo. I restanti tre quarti sono formati invece da energia oscura, che spinge l’espansione dell’universo. Riguardo alla materia oscura, gli scienziati sono ancora parecchio confusi: sanno quali sono i suoi effetti, ma non sanno né da dove venga né di cosa sia composta: è quindi necessario che la materia oscura preveda l’esistenza di particelle che non abbiamo ancora scoperto, ed è questo l’obiettivo a cui sta puntando il Large Hadron Collider di Ginevra. Riguardo all’energia oscura, gli scienziati sono messi peggio ancora: si sa solo che non arriva né da particelle sconosciute né dallo spazio che c’è tra di loro.

Potremmo essere vicini al comprendere la massa
L’eccitazione dei fisici del Large Hadron Collider al Cern di Ginevra è legata alla possibilità di scoprire il bosone di Higgs — chiamato anche particella di Dio — l’unica prova che ci manca per dimostrare una delle migliori teorie sulla fisica delle particelle. Il bosone di Higgs dovrebbe infatti esercitare una forza su certi tipe di particelle, in modo che queste diventino massa, la proprietà della materia che risponde alla gravità e alle altre forze esterne. Quello che succederà al Cern è fondamentale: se il bosone venisse scoperto la teoria verrebbe confermata, ma se questo non dovesse accadere metterebbe in dubbio una buona fetta delle convinzioni della scienza.

Preparatevi agli alieni
È sempre più probabile che la nostra generazione sia quella che scoprirà la vita su un altro pianeta. Certo, non forme di vita intelligente ma microbi, e scusate se è poco. Con la tecnologia che avanza sempre più velocemente, ogni anno si scoprono decine e decine di nuovi pianeti fuori dal nostro sistema solare, e i mezzi di rilevamento (fotografico e non) in grado di individuare la presenza di vita su un pianeta stanno migliorando. Se trovassimo organismi viventi su un altro pianeta sarebbe evidentemente una scoperta epocale, significherebbe che esiste più di un’evoluzione possibile nell’universo. Scienziati e filosofi stanno già discutendo su cosa dovremmo fare in caso di una scoperta del genere.

Gli esseri umani non sono speciali
Finora i ricercatori hanno trovato solo tre geni che appartengono esclusivamente agli esseri umani. Altri primati hanno le cellule del cervello identiche alle nostre, quello che sappiamo fare in più di loro è solo una versione evoluta dei loro “giochetti”. Gli scimpanzè dimostrano moralità, gli elefanti empatia. I corvi usano oggetti, i delfini hanno delle comunità culturali, anche le salamandre hanno caratteri diversi una dall’altra. Nessuno usa il linguaggio come noi, ma i gesti degli orango-tango e dei bonobo ci vanno molto vicini. In conclusione: siamo i primi della classe, ma non siamo in un’altra classe.

Nasciamo credenti
Esperimenti neuroscientifici hanno dimostrato che siamo naturalmente portati a credere alle entità invisibili. Il cervello umano si è evoluto ipotizzando una spiegazione vivente per ogni fenomeno: siamo discendenti di decine di genereazioni che, se dietro un cespuglio in movimento non vedevano un predatore, pensavano istintivamente alla presenza di uno spirito maligno.

La maggior parte della Terra è inesplorata
È probabile che ci siano ancora molte cose che non sappiamo del nostro stesso pianeta. L’oceano copre il 70 per cento del pianeta e ha una profondità media di 4 chilometri. La maggior parte è ancora inesplorato, e ogni volta che i ricercatori scendono in profondità scoprono nuove specie e nuove formazioni geologiche, spingendo gli scienziati a riconsiderare i loro studi sulle condizioni che possono portare alla vita.

L’albero della vita è una rete
Prima ci immaginavamo l’albero della vita come una serie di rami che si diramano in altri rami, con alla base di tutto un unico antenato comune. Ora abbiamo invece capito che l’evoluzione della vita è ben più complessa di così: gli animali non si evolvono creando nuovi rami, ma spostandosi da un ramo all’altro, formando cioè una rete. Questo significa che la biologia ha davanti a sé un futuro interessante, in cui non dovrà più limitarsi a catalogare le specie e comprendere la selezione naturale, ma analizzare i meccanismi della natura e la loro imprevedibilità.

C’è più di una strada per arrivare alla teoria finale
Quello a cui stanno puntando molti fisici è una teoria delle teorie, qualcosa di breve che racchiuda la spiegazione a tutti i fenomeni. Per anni la teoria più accreditata è stata quella delle stringhe, che cercava di spiegare l’universo con vibrazioni di anelli d’energia, ma ora altri fisici hanno iniziato a proporre altre teorie. La gravità quantistica a loop, la gravità quantistica discreta lorentziana, la quantum graphity, tutte teorie che verranno testate nei prossimi anni.

È possibile fare esperimenti importanti in piccoli laboratori
È stato scoperto che le particelle in cristalli e bolle di elio liquido seguono le stesse leggi di qualcuna delle particelle fondamentali presenti in natura. Questo le rende ideali per simulare sistemi più grandi, rimpiazzando così le enormi e iper-tecnologiche macchine dei fisici. Questo significa che in futuro anche gli scienziati che lavorano in piccoli laboratori negli scantinati potranno svolgere lavori e progetti simili a quelli dei loro colleghi più blasonati, all’opera su costosi acceleratori di particelle.

La rivoluzione del grafene è arrivata
La mina di una matita cambierà il futuro dell’industria elettronica. O, meglio, la scoperta che Andre Geim ha fatto nel 2004 analizzando la grafite della matita lasciata su un foglio. Geim ha scoperto che sul foglio era rimasto uno strato monoatomico (quindi dello spessore di un solo atomo) di atomi di carbonio legato tra loro esagonalmente. I test seguenti hanno dimostrato che questo grafene ha proprietà straordinarie: è dieci volte più forte dell’acciaio e, usato come conduttore, perde per strada molta meno energia di un chip medio usato dai computer attuali. Quando ne verrà affinata la produzione, verrà usato per costruire transistor che consumano poca energia. Come se non bastasse, il grafene è anche trasparente alla luce, il che rende ideale il suo uso nelle fibre ottiche e nei sistemi a cui sono collegate. I ricercatori stanno già lavorando su telecomunicazioni, televisori e pannelli solari basati sul grafene.

Il linguaggio è la chiave del pensiero
Negli anni Sessanta Noam Chomsky formulò l’idea che tutti i linguaggi umani si basano su impostazioni del cervello già presenti alla nascita. Negli ultimi anni, diverse ricerche etnografiche hanno tentato invece di dimostrare che non è così, spiegando che nulla è pre-programmato. Il modo di pensare delle diverse culture e il loro linguaggio sarebbero legati indissolubilmente, e uno influenzerebbe l’altro.

Gli origami di DNA potrebbero cambiare il mondo
Sembra una ricetta culinaria: prendete qualche centinaia di stringhe di DNA, alteraratele chimicamente e legatele in punti diversi. Poi unitele tutte e usate qualsiasi tecnica disponibile per far sì che quei legami funzionino. Alla base del DNA origami c’è la volontà di costruire macchine e computer molto più piccoli di quelli attuali, proprio attraverso la costruzione di nanostrutture formate da legami di DNA.

Fotografia di ESA, NASA e Peter Anders