La dottrina Petraeus

Il nuovo capo delle forze armate in Afghanistan invia ai soldati una guida in venticinque punti per raddrizzare la guerra

Dopo aver preso alla fine di giugno il comando delle forze armate statunitensi in Afghanistan, Il generale David H. Petraeus sta iniziando a dare la sua impronta alla missione militare e al comportamento dei soldati. Petraeus è infatti l’ideatore della strategia che si è rivelata determinante nel raddrizzare le sorti della guerra in Iraq, la cosiddetta controinsurrezione, che prevede una maggiore vicinanza e solidarietà delle truppe con la popolazione, così da guadagnarsi collaborazione e fiducia, anche a costo di esporre le truppe a maggiori rischi.

Per quanto si sia dimostrata efficace e funzionante, infatti, mettere al primo posto la protezione dei civili ha nella fase iniziale la conseguenza di aumentare le perdite sul fronte statunitense: il risultato è che i soldati non ne vanno matti, anche se la strategia nel lungo periodo garantisce maggiore sicurezza e permette di isolare i militanti. Domenica scorsa ogni soldato ha ricevuto quattro fogli di carta, contenenti le prime direttive di David Petraeus da quando ha preso il comando dell’operazione. Sono 25, e sono utili per capire in che modo cambierà il comportamento dei soldati americani in Afghanistan. Li abbiamo tradotti.

Mettiamoci al servizio della popolazione e proteggiamola
Il terreno decisivo è quello umano. Le persone sono il nostro centro di gravità. Solo garantendo la loro sicurezza e guadagnandoci la loro fiducia, il governo afghano e la missione ISAF potranno avere la meglio.

Viviamo tra le persone
Non possiamo limitarci alla battaglia. Si possono posizionare basi e posti di sorveglianza più vicino possibile alle persone che stiamo cercando di proteggere. Decidiamo dove localizzarvi dopo aver consultato i vostri alleati e i cittadini del posto, e tenendo conto delle informazioni di intelligence che abbiamo in possesso.

Combattiamo la cultura dell’impunità
I talebani non sono gli unici nemici delle persone. La gente è minacciata anche dalle politiche inadeguate, dalla corruzione, dagli abusi di potere: tutte cose che spingono le persone nelle mani dei talebani. Il presidente Karzai è impegnato a combattere queste minacce. Lavoriamo con gli afghani per trasformare le parole in realtà e aiutate i nostri alleati a proteggere le persone sia dai terroristi che dagli altri agenti maligni.

Aiutiamo gli afgani a costruire un governo responsabile
L’Afghanistan ha una lunga storia di autogoverno a ogni livelli, dai villaggi fino al governo di Kabul. Aiutiamo il governo e le persone a ravvivare le loro tradizioni e sviluppare un sistema di pesi e contrappesi tale da prevenire gli abusi.

Combattiamo il nemico senza soste
Insieme ai nostri alleati afghani, azzanniamo i militanti e non lasciamoli scappare. Quando combattiamo con i terroristi, facciamogliela pagare. Troviamo ed eliminiamo chi minaccia la popolazione. Non permettiamogli di intimidire gli innocenti. L’obiettivo è l’intera rete, non solo i singoli membri.

Combattiamo duramente e con disciplina
Diamo la caccia al nemico aggressivamente, ma usiamo solo il fuoco necessario a vincere la battaglia. Non possiamo vincere senza combattere, ma non possiamo nemmeno guadagnarci la vittoria solo a colpi di omicidi e catture. Inoltre, se uccidiamo civili o danneggiamo le loro proprietà durante le operazioni, finiamo per creare più nemici di quanti ne eliminiamo. E questo è esattamente quello che vogliono i talebani. Non cadiamo nella loro trappola. Dobbiamo ridurre le perdite civili al minimo assoluto.

Identifichiamo i politici corrotti
Il presidente Karzai ha detto che il suo governo “è impegnato a combattere la corruzione con ogni mezzo”. Aiutiamo il governo a raggiungere l’obiettivo. Assicuriamoci che le persone per cui lavoriamo lavorino effettivamente per le persone. Se non lo fanno, lavoriamo con i nostri alleati per prendere provvedimenti, se no finiremo per diventare parte del problema. Portiamo gli episodi di corruzione all’attenzione della vostra catena di comando e degli afghani di cui vi fidate. Insieme a loro affrontiamo, isoliamo, mettiamo sotto pressione, denunciamo e sconfiggiamo questi fenomeni.

Manteniamo le posizioni che mettiamo al sicuro
È necessario sviluppare un piano per mantenere un’area e migliorarla, prima di iniziare a metterla al sicuro. La gente deve sapere che noi non li abbandoniamo. Dare la priorità alla sicurezza della popolazione invece che alle operazioni di distruzione. E quando iniziamo a cedere poteri agli afghani, facciamolo gradualmente e non lavandocene le mani da un momento all’altro. Manteniamo delle sedi anche nei posti in cui riduciamo gli elementi di battaglia.

Preferiamo soluzioni durature
Aiutiamo i nostri alleati afghani a creare governi affidabili e sicurezza duratura. Evitiamo di scendere a compromessi con i cattivi: dobbiamo preferire la stabilità sul lungo termine rispetto ai piccoli vantaggi nel breve. Pensiamoci bene prima di imbarcarci in iniziative che non possono essere sostenibili sul lungo periodo. Quando si parla di progetti, quelli piccoli spesso sono bellissimi.

I soldi sono munizioni: non diamoli alle persone sbagliate
Facciamo molta attenzione all’impatto dei soldi che spendiamo e cerchiamo di capire chi ne beneficia. Ricordiamo: noi siamo chi finanziamo. Come spendiamo è spesso più importante di quanto spendiamo.

Siamo dei buoni ospiti
Trattiamo con rispetto gli afghani e le loro proprietà. Pensiamo a come guidiamo, a come pattugliamo, a come ci relazionamo con le persone, a come aiutare le comunità. Cerchiamo di vedere le nostre azioni con gli occhi degli afghani e consultiamoci con gli anziani prima di attivare nuove iniziative e operazioni.

Costruiamo buoni rapporti, ma non solo con chi ci viene a cercare
Guadagnatevi la fiducia delle persone, parlateci, fategli delle domande, imparate qualcosa sulle loro vite. Cercate di capirne di più delle loro dinamiche sociali, delle loro frizioni, della storia del posto in cui vivono.

Ascoltiamoli
Facciamo attenzione a chi è presente quando parliamo con le persone, e cerchiamo di notare se la loro presenza influenza le risposte. Confrontiamo le informazioni e facciamo in modo di avere sempre un’idea chiara di cosa succede. Evitiamo di prendere decisioni affrettate sulla base delle prime impressioni. Non siamo le pedine del gioco di qualcun altro. Prendiamo tempo, ascoltiamo, consulttiamoci e beviamo un sacco di té.

Camminiamo
Fermiamoci, non passiamo oltre. Pattugliamo a piedi tutte le volte che è possibile e coinvolgiamo la popolazione. Togliamoci gli occhiali da sole. Possiamo migliorare la consapevolezza della situazione da parte degli afghani solo se li guardiamo in faccia, non attraverso Oakley o lenti balistiche.

Lavoriamo come una sola squadra
Lavoriamo a stretto contatto con i nostri alleati internazionali e afghani, sia con i civili che con i militari. Trattiamoli come nostri compagni. L’unità degli sforzi e la cooperazione non sono facoltativi.

Siamo alleati dell’esercito afgano
Viviamo, mangiamo, viaggiamo e progettiamo insieme. Dipendiamo l’uno dall’altro. Riteniamoci responsabili l’uno dell’altro, a ogni livello. Guidiamoli verso l’eccellenza. Rispettiamoli e ascoltiamoli. Siamo il loro esempio.

Promuoviamo la reintegrazione delle comunità
Insieme ai nostri alleati afghani, distinguiamo i “recuperabili” dagli “irrecuperabili”. Denunciamo ogni ostacolo alla reintegrazione. Aiutiamo i nostri alleati a risolvere le tensioni e ricomporre le situazioni, così come a identificare, uccidere o catturare gli “irrecuperabili”.

Diciamo la verità per primi
Sconfiggiamo i militanti già dai titoli. Preveniamo i pettegolezzi. Forniamo informazioni accurate alla vostra catena di comando, ai leader afghani, alle persone e alla stampa, facciamolo ogni volta è possibile. L’integrità è fondamentale, in questa battaglia. Evitiamo di fare spin e cerchiamo di non inventare nulla. Riconosciamo sconfitte e fallimenti, comprese le vittime civili, e poi decidiamo come reagire. Impariamo dai nostri errori.

Combattiamo con aggressività la guerra delle notizie
Combattiamo la disinformazione. Facciamo sì che le ideologie estremiste, i comportamenti oppressivi e la violenza indiscriminata del nostri nemici si torcano contro di loro. Prendiamo le loro azioni barbariche e mettiamogliele attorno al collo, come fossero delle pietre.

Teniamo sotto controllo le aspettative
Evitiamo le dichiarazioni di successo premature. Teniamo conto di cosa è stato fatto e di cosa deve ancora essere fatto. Cerchiamo di essere parchi nelle promesse e larghi nei risultati.

Viviamo secondo i nostri valori
Teniamo fede ai valori che abbiamo cari. È questo che ci distingue dai nostri nemici. Siamo impegnati in una dura battaglia, spesso brutale, faticosa e frustrante. Tutti abbiamo vissuto momenti di rabbia, ma non dobbiamo cedere a istinti oscuri e tollerare azioni inaccettabili compiute dagli altri.

Manteniamo la continuità anche nelle fasi di transizione
Sin dal primo giorno, iniziamo a costruire le informazioni che serviranno a chi verrà dopo di noi. Condividiamole, comprendiamole. Adoperiamoci per conservare i buoni rapporti che abbiamo sul territorio.

Responsabilizziamo chi sta sotto di noi
Valorizziamo il decentramento delle azioni. Spostiamo verso il basso responsabilità e poteri, verso chi più ha bisogno di usarli. Le decisioni si prendono in modo gerarchico, ma discutiamone in modo orizzontale. Ricordiamo che sono le persone che agiscono sul territorio che fanno diventare realtà le nostre grandi e belle idee sulla controinsurrezione.

Vinciamo la battaglia dell’ingegno
Dobbiamo imparare ad adattarci più velocemente del nemico. Dobbiamo essere furbi, batterli in astuzia. Condividete le cose che hanno funzionato e le lezioni che avete imparato.

Prendiamo l’iniziativa
In assenza di guida o di ordini, cerchiamo di pensare a quali dovrebbero essere gli ordini e mettiamoli in pratica.