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  • Giovedì 15 luglio 2010

Anche la Gran Bretagna ha un problema con Guantanamo

Un'inchiesta dovrà accertare le responsabilità che il governo britannico avrebbe avuto nei confronti di sei ex detenuti di Guantanamo

La settimana scorsa David Cameron ha annunciato l’apertura di un’inchiesta per accertare le responsabilità che il governo britannico avrebbe avuto nei confronti di sei ex detenuti di Guantanamo, inviati dal Regno Unito nel discusso carcere gestito dagli Stati Uniti. I sei hanno fatto causa contro il MI5 e il MI6 (le agenzie segrete e antiterrorismo del governo britannico), il ministero degli esteri, il dipartimento per gli affari interni e il ministero della giustizia, tutti accusati di essere responsabili di detenzione illegale e tortura. Uno dei sei autori della denuncia, Omar Deghayes – cittadino inglese di origine libica – ha raccontato di essere stato ammanettato, incappucciato e sottoposto a lunghi interrogatori nonostante avesse ripetutamente accusato sintomi di tubercolosi. Poi, una volta trasferito a Guantanamo, avrebbe perso un occhio a causa delle violenze.

Ieri il Guardian ha pubblicato in esclusiva alcuni dei documenti che saranno oggetto dell’indagine e che mostrerebbero le responsabilità della Gran Bretagna. I documenti – che possono essere letti qui – chiamano in causa direttamente il governo di Tony Blair, accusato dagli ex detenuti di essere stato a conoscenza e in alcuni casi di avere avallato le torture ai danni dei sospetti, tra cui anche alcuni cittadini britannici. Tra i passaggi più controversi contenuti nei documenti ci sarebbero una serie di verbali di interrogatori in cui gli agenti del MI5 si compiacerebbero per le sofferenze inflitte ai detenuti. Secondo la BBC, quella che sta prendendo corpo sarà probabilmente una delle azioni legali più rilevanti della storia della Gran Bretagna.

La denuncia ha anche avuto l’effetto di rendere noti al pubblico alcuni documenti che per loro natura dovrebbero essere segreti: tra i documenti in possesso del Guardian c’è infatti anche un capitolo del manuale dei servizi segreti britannici, intitolato “Detenuti e Procedure di Detenzione”, in cui si dice che tra le varie cose che gli agenti devono considerare prima di prendere parte a un’azione antiterrorismo c’è quella di valutare attentamente se l’oggetto dell’operazione sia la detenzione o l’eliminazione fisica del sospetto.

Al di là delle accuse di tortura nei confronti dei detenuti, i documenti forniscono alcune indicazioni anche riguardo le decisioni e le pratiche avallate dalle persone che componevano all’epoca il governo britannico:

– nel 2002 il ministero degli esteri decise che il trasferimento di alcuni terroristi di nazionalità inglese dall’Afghanistan a Guantanamo era “l’opzione preferita”

– Jack Straw (ministro degli esteri all’epoca, ndr) chiese che prima di essere trasferiti a Guantanamo i terroristi sospetti venissero interrogati dagli agenti del MI5

– il governo annullò gli sforzi del ministero degli esteri, che stava cercando di aiutare un cittadino inglese detenuto in Zambia a rientrare in Inghilterra, con il risultato che anche lui fu poi trasferito a Guantanamo.

Dalle carte risulta anche che alcuni degli agenti coinvolti nelle operazioni avevano informato il governo Blair già nel 2002 del fatto che alcuni detenuti subivano maltrattamenti, chiedendo come dovevano comportarsi. La risposta fu molto chiara – “Dato che non sono sotto la nostra custodia o controllo, la legge non richiede che interveniate” – e aiuta a circostanziare l’accusa mossa al governo britannico: non solo aver direttamente torturato alcune persone sospettate di terrorismo, ma anche avere trasferito clandestinamente queste persone a Guantanamo, disinteressandosi poi della loro sorte e delle loro condizioni.

Il governo britannico ha fatto sapere che sono già stati identificati oltre 500.000 documenti che potrebbero essere rilevanti per l’inchiesta, e che ha affidato a sessanta avvocati il compito di analizzarli: un compito che potrebbe richiedere anni. Ma non ha voluto consegnare alcuni documenti che erano stati chiesti dagli avvocati degli ex detenuti e non ha rispettato la scadenza imposta dalla corte di giustizia, che voleva che entro venerdì scorso fosse resa nota la procedura usata dal MI5 e dal MI6 durante gli interrogatori tenuti a partire dal 2004.

Finora sono stati resi pubblici solo novecento documenti. Alcuni sono difficili da decifrare, ma nell’insieme tratteggiano l’immagine di un governo che era determinato a spalleggiare gli Stati Uniti nel loro programma di “extraordinary rendition” [le catture clandestine dei terroristi fuori dal territorio statunitense, ndr], partecipandovi attivamente. Il governo al momento sta cercando di arrivare a una mediazione con gli ex detenuti, ma i loro avvocati hanno detto che dubitano che riusciranno a trovare un accordo e hanno chiesto che si continui a portare alla luce tutte le carte.

La settimana scorsa David Cameron ha assicurato che l’inchiesta analizzerà tutti i documenti rilevanti, inclusi quelli più riservati. Ma ha anche avvertito che non sarà possibile rendere pubbliche tutte le carte: “Siamo onesti: non si può avere un’inchiesta totalmente pubblica quando si ha a che fare con qualcosa che per sua natura deve essere tenuto segreto”. E che quindi i materiali che saranno forniti dai servizi d’intelligence britannici non saranno divulgati, né gli agenti saranno chiamati a riferire in pubblico.