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  • Mercoledì 14 luglio 2010

La nave libica cambia rotta, poi no

Le autorità israeliane sostengono che il capitano ha accettato di cambiare rotta, ma l'organizzazione di Gheddafi smentisce

Il destino della nave libica diretta verso Gaza è sempre più confuso. La Amalthea, sostenuta dalla fondazione internazionale di Gheddafi per la Carità e lo Sviluppo, al momento è ferma in mezzo al mare a 100 km dalla costa egiziana e a 120 km da Gaza.

Secondo BBC gli organizzatori della spedizione insistono che la nave ignorerà gli avvertimenti israeliani e resterà sulla rotta prevista. Secondo le autorità israeliane invece il capitano avrebbe accettato di cambiare percorso e di portare la nave nel porto egiziano di El-Arish. Lì il carico sarebbe ispezionato dai soldati israeliani e, se ritenuto idoneo, trasferito a Gaza via terra.

La nave – che batte bandiera moldava – è partita domenica dalla Grecia e trasporta circa duemila tonnellate di aiuti umanitari per la popolazione sotto embargo. Il nuovo tentativo di raggiungere Gaza via mare arriva a poche settimane dall’assalto dell’esercito israeliano alla Mavi Marmara, in cui morirono nove attivisti. Lunedì la commissione d’inchiesta della difesa israeliana ha concluso i suoi lavori ammettendo “errori” durante l’assalto alla nave turca.

Le autorità israeliane hanno dichiarato che l’esercito si sta già preparando alle eventuali operazioni necessarie a bloccare la nave libica, ma hanno negato di avere dato un ultimatum al capitano della nave. Al contrario, sostengono che il capitano avrebbe comunicato via radio la sua decisione di cambiare rotta e attraccare nel porto egiziano.

Ma secondo quanto riporta BBC, la Fondazione Internazionale di Gheddafi per la Carità e lo Sviluppo, guidata dal figlio di Gheddafi, avrebbe fatto sapere che non ha nessuna intenzione di cambiare rotta e che la nave al momento si è fermata per un guasto al motore. Sulla nave ci sono dodici membri dell’equipaggio e quindici attivisti palestinesi.

Nelle settimane scorse Israele ha cercato più volte di convincere la fondazione a non far partire la nave e ha fatto pressioni sulle Nazioni Unite e sul governo greco e moldavo affinché bloccassero un’iniziativa definita “provocatoria e discutibile”. L’embargo israeliano di Gaza iniziò tre anni fa, in seguito una delle più violente offensive militari contro Gaza degli ultimi sessanta anni. Per Israele serve a impedire l’ingresso di armi all’interno della striscia, ma per le organizzazioni umanitarie internazionali si tratta solo di una punizione collettiva che sta generando una vera e propria crisi umanitaria.