Le stanche ossa di Caravaggio

I responsabili del ritrovamento dei resti dell'artista ne sono certi, ma storici ed esperti contestano la scoperta

I resti di Caravaggio hanno raggiunto Porto Ercole (Grosseto) a bordo del Barbarossa, il brigantino di Cesare Previti, la scorsa domenica 4 luglio.
(Che attacco meraviglioso! C’è bisogno di scrivere altro?)
Le ossa sono state trasportate in una teca di vetro e rimarranno esposte per alcuni giorni a Forte Sella, non molto distante dal luogo in cui l’artista morì nel luglio del 1610. Il ritrovamento dei resti di Caravaggio ha richiesto un anno di lavoro e numerose ricerche basate sul DNA. Secondo i ricercatori, le ossa ritrovate nei pressi di Porto Ercole sono all’85% del pittore, ma la scoperta è molto discussa tra gli esperti.

Tra Dna e altre analisi un’équipe a Ravenna avrebbe rinvenuto quali potrebbero essere le ossa del pittore sepolto in realtà alla rinfusa nella cripta della chiesa di Porto Sant’Ercole, l’approdo dove morì malato di malaria e stremato nel luglio 1610 mentre cercava di rientrare a Roma sperando nella benevolenza papale e perché gli togliessero una condanna pendente sul suo capo per omicidio.

Giuliano Capecelatro, autore del libro Tutti i miei peccati sono mortali, vita e amori di Caravaggio, condivide con altri studiosi le perplessità sul recente ritrovamento e già a metà giugno, a pochi giorni dall’annuncio, si era chiesto se i resti analizzati fossero davvero quelli di Caravaggio. Il presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei Beni storici, culturali e ambientali, Silvano Vinceti, ha dichiarato di essere certo al cento per cento sull’effettiva appartenenza di quei resti a Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Il suo annuncio, dello scorso 15 giugno, ha fatto storcere il naso a numerosi studiosi, adesso interpellati da Elisabetta Povoledo per un articolo pubblicato sul New York Times.

«Si tratta di una barzelletta che offende l’intelligenza delle persone», sostiene Vincenzo Pacelli, storico dell’arte ed esperto degli ultimi giorni di Caravaggio, che accusa il comitato di perpetrare una leggenda metropolitana. Altri critici suggeriscono che il governo stia cercando di rilanciare il potenziale storico – artistico del paese e che dunque il marketing stia prevalendo sulla serietà degli studi. «Nel quattrocentesimo anniversario della morte di Caravaggio, questo comitato ha confezionato una scoperta avvincente per attrarre i turisti» sostiene Tomaso Montanari, che insegna arte del XVII secolo alla Università di Napoli. «È molto deprimente.»

I resti che si suppone siano di Caravaggio sono stati ritrovati in una cripta dopo una attenta analisti degli scheletri ritrovati. Una prima scrematura è stata effettuata sulla base dei dati noti dell’artista, come la sua statura e l’età alla quale morì. Le analisi al carbonio-14 hanno poi consentito di restringere ulteriormente il campo, identificando infine alcuni resti sui quali eseguire il test del DNA. Il patrimonio genetico del principale indiziato è stato confrontato con quelli di alcuni nativi del paese di Caravaggio (nel bergamasco) il cui cognome fosse Merisi o Merisio.

Secondo Vinceti, le tracce di piombo ritrovate sulle ossa sarebbero un’ulteriore prova dell’effettiva identificazione delle ossa di Michelangelo Merisi. I colori a olio nel XVII secolo contenevano spesso il piombo e il trasferimento nell’organismo dei pittori era quasi sempre inevitabile.

Le prove a sostegno della tesi di Vinceti non convincono tutti gli storici e gli esperti, che comunque non ritengono così importante l’appassionarsi al ritrovamento dei resti di Caravaggio. «Non voglio criticare la ricerca nel suo merito, ma non so se la scoperta delle ossa possa davvero dirci come sia morto, o ci possa far apprezzare maggiormente Caravaggio come pittore» spiega al New York Times Francesca Cappelletti, autrice di una monografia sul celebre artista.

Parte delle perplessità sul lavoro di ricerca riguarda la relativa rapidità con la quale sono stati ritrovati i resti di Caravaggio. Montanari segnala che a Porto Ercole esistono diverse tombe risalenti al XVII secolo e si chiede come abbia fatto il comitato guidato da Vinceti ad andare così a colpo sicuro, analizzando le sole ossa trasferite in una cripta nella seconda metà degli anni Cinquanta. Inoltre, Caravaggio non ebbe figli e il comitato non è stato in grado di rintracciare i discendenti più vicini all’artista, estendendo così le ricerche ai presunti discendenti con cognomi simili. Secondo i detrattori, questa scelta avrebbe condizionato gli esiti dei test e dunque l’identificazione stessa dei resti. Il sospetto è che il ritrovamento sia arrivato a orologeria giusto in tempo per i 400 anni dalla morte di Caravaggio.