“Popolo e vip fianco a fianco”

L'Expo 2015 spiegato oggi sul Giornale dall'assessore alla cultura di Milano

Nel 2015 fanno l’Expo a Milano, lo saprete. Che cosa sia effettivamente l’Expo è già un tema un po’ più scivoloso. Siamo edotti su tutta una serie di polemiche politiche e retroscena economici – gli appalti, le infiltrazioni criminali, il doppio stipendio di Stanca, eccetera – ma cosa sarà l’Expo è una cosa un po’ più sfuggente. Si chiama “esposizione universale” e avrà luogo fisicamente vicino Rho, dove sono dislocati i padiglioni espositivi della nuova fiera milanese. Una fiera, quindi? Tipo, ma grande. Una fiera delle fiere, diciamo: una fiera universale. Con ricadute su tutta la città e finanziamenti destinati a interventi urbani di ampio respiro. Il tema sarà “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita” (così, con le maiuscole). Si tratta di un calderone da riempire, e non abbiamo ancora capito bene come.

Oggi sul Giornale qualche idea – “dieci idee”, dice il titolo – ci viene data da Massimiliano Finazzer Flory, assessore alla cultura di Milano. L’articolo merita di essere ripreso e raccontato per alcune espressioni quantomeno bizzarre (una soprattutto: ci arriverete) e perché in generale rappresenta un esempio di un certo tipo di retorica – in questo caso nella sua forma più tipicamente milanese – per cui si mettono in fila una serie di espressioni più o meno abusate, a cominciare da “creatività” e “innovazione” e tutte le loro declinazioni, ma alla fine non si capisce bene di cosa sia parlato. La premessa dell’articolo è che

Milano a Shanghai ha legato la vita alla creatività, i risultati sono sorprendenti. Creatività significa allargare il concetto di cultura anche a moda, design, cinema, editoria, gastronomia, linguaggi universali per far incontrare gente diversa e valorizzare lo stare insieme. La cultura della nostra creatività affonda le sue ragioni nella storia e nei simboli, è un’idea al servizio dell’uomo. È di scena, dunque, la vita. Ed allora fa impressione (e tristezza) constatare come a Milano e in Italia non si sia ancora capita l’importanza dell’Expo e se ne faccia un uso distorto, superficiale e soprattutto arrogante.

Finazzer Flory descrive poi i grandi risultati dell’Expo di Shangai e del suo padiglione italiano (“la presenza di «Milano creativa» è stata segnalata nei primi tre giorni su 91 Websites cinesi”), il tutto facendo largo uso di espressioni come “veicolare conoscenze”, “la memoria dell’evento”, “il gusto milanese”, per arrivare a un “la testimonianza della creatività si è rovesciata nella creatività della testimonianza che vuol dire non affidarsi solo agli occhi, ma «chiudendoli» lasciare parlare il cuore, le passioni, le emozioni”. Chiaro? E poi si arriva ai “dieci buoni motivi per fare un bell’Expo”.

Primo. L’Expo è dei giovani, per i giovani e con i giovani. Migliaia di studenti e neolaureati avranno un’opportunità di crescita personale e professionale. Secondo. Il rapporto centro-periferia muta a favore di quest’ultima che diviene città nella città. Terzo. Un mega-evento di questa natura va pensato, allestito e diretto come una festa in cui vip e popolo sono a fianco a fianco.

Ehi ehi ehi. Fermi. “Una festa in cui vip e popolo sono fianco a fianco”. Vip e “popolo”? Sembra che l’assessore alla cultura di Milano – uno che si chiama Massimiliano Finazzer Flory – abbia un’idea piuttosto schematica del territorio che amministra e delle persone che vi abitano. “Vip e popolo”. Somiglia a “small people”, l’espressione infelice per cui negli Stati Uniti hanno affettato lo svedese che presiede la BP: che è vero che il disastro nel golfo ha esasperato tutti, lì, ma almeno il presidente BP aveva la scusa di non padroneggiare alla perfezione la lingua. Per l’assessore alla cultura di Milano, le persone che non frequenta abitualmente ai vernissage (quelli sono “vip”), sono “popolo”.

Quattro. Il palinsesto di manifestazioni ed eventi dell’«OFF Expo» deve essere non meno importante dell’«InExpo», senza competizione fra l’uno e l’altro. Cinque. Il cibo è strumento di comunicazione e sarà fonte di aggregazione intorno a una pluralità di identità per esaltare le venti regioni italiane. Sei. Se la domanda interna in Cina viene soddisfatta da Hong Kong, Corea, Giappone, per Milano sarà fondamentale l’Unione Europa (sic).

L’Off e l’In. Ci stava una digressione sullo Yin e lo Yang (senza competizione tra l’uno e l’altro), data l’occasione, ma l’assessore se l’è lasciata sfuggire. E il cibo sarà fonte di aggregazione.

Sette. L’Expo è una grande occasione diplomatica e geopolitica per creare nuovi accordi bilaterali e multilaterali fra le città. Otto. Un mega-evento inaugura già l’anno precedente una serie di politiche di decoro, arredo urbano e marketing orientato alla partecipazione al progetto. Nove. La durata: sei mesi permettono strategie in campo turistico per attrarre turisti su tutta la rete dei beni culturali italiani. A tale scopo servono politiche di trasporto ad hoc. Dieci. L’investimento in nuove tecnologie in grado di unire l’utile al bello, l’informazione al gioco, i servizi all’intrattenimento è la cifra del successo della Cina.

Balena lontanissimamente qualche concretezza, qui: i trasporti, il “mega-evento”, le politiche di decoro. Ma la conclusione è conclusiva, sei ci si permette analogo sfoggio di linguaggio. Il popolo saprà esserne all’altezza?

Infine, un’ultima ragione per fare bene un bell’Expo riguarda il dopo Expo: la capacità di convertire il presente che verrà in un futuro che resta.