I numeri di telefoni

Tutti a fare i conti, come se il nocciolo della questione fosse davvero il numero degli italiani "spiati"

La cifra sparata ieri da Berlusconi ha scatenato oggi le indagini e le ricostruzioni più varie sul numero delle utenze telefoniche su cui sono disposte delle intercettazioni. O meglio, su questo numero sono abbastanza tutti d’accordo: il PresdelCons ha detto 150 mila, il Pres dell’Associazione Nazionale Magistrati gli ha praticamente dato ragione dicendo 119.553, e arrivando a circa 130 mila se ci si mette cimici e altri spionaggi del genere.

Il problema nasce quando si fanno i conti di quanti italiani vengano registrati durante le conversazioni telefoniche. E su questo, bisogna dire che le polemiche sembrano costruite quasi tutte solo per strumentalizzazioni evocative o per riempire spazio sui giornali. I numeri confrontati si riferiscono a oggetti del tutto diversi tra loro. Berlusconi sostiene che siccome – ricostruzione sua – ogni telefono comunica mediamente con altri 50 numeri, coloro che vengono “spiati” e registrati sarebbero sette milioni e mezzo. Altri gli obiettano che quei 120 mila numeri sono sotto controllo in relazione a un numero molto minore di indagati che usano più telefoni: il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati dice in media tre, Repubblica e la Stampa oggi dicono cinque. Ma questo non cambierebbe il fatto che a essere ascoltato è un numero di utenti molto più grande di 120 mila.

Alla fine, per arricchire di informazioni e numeri veri la questione (di cui avevamo parlato qui e che ovviamente riguarda solo minimamente il dibattito sulla legge) è forse utile l’articolo di Francesco Grignetti sulla Stampa.

La verità forse è nel mezzo. Basta ascoltare i ragionamenti di un tecnico del settore, Walter Nicolotti, presidente del cartello tra imprese specializzate nell’intercettazione-Iliia, un universo di ditte che lavorano alle dipendenze delle procure e che hanno accumulato uno stratosferico debito di 500 milioni di euro nei confronti del ministero della Giustizia: «Partendo dal dato del ministero – dice Nicolotti – secondo cui sarebbero sotto controllo circa 130 mila telefoni in un anno e considerando che mediamente ogni soggetto (che in gergo chiamano “target”, ndr) ha in uso circa 5 telefoni, è plausibile pensare che il numero dei target effettivi in Italia sia di circa 26mila soggetti indagati». E fin qui ci si avvicina ai conteggi dei magistrati. Ma attenzione, «indagati» non è sinonimo di «intercettati». Dice ancora Nicolotti: «Secondo le statistiche americane, ad ogni target possono essere associati da 60 a 100 telefoni di soggetti terzi che colloquiano con quest’ultimo. E’ plausibile pensare che in Italia esistano un numero più elevato di cittadini intercettati rispetto ai numero di soggetti indagati. Il numero sarebbe comunque nettamente inferiore ai 7,5 milioni di italiani». Alla fine, dunque, quanti potrebbero essere, secondo le stime dei tecnici, gli italiani che sono stati intercettati? Si oscilla da un minimo di 1 milione e mezzo a un massimo di 3 milioni.

Perché entra in ballo la variabile che Berlusconi ha indicato di 50: ovvero gli interlocutori dei telefoni intercettati. E questa variabile ha a che fare col tempo in cui un’utenza è tenuta sotto controllo. Più dura il controllo, maggiore il numero di interlocutori “spiati”.

E infatti a Fabio De Santis, provveditore alle Opere pubbliche per la Toscana, sono state intercettate sessantamila conversazioni. Quanti ignari interlocutori ha coinvolto? E’ plausibile che siano diverse centinaia, forse un migliaio. Si spiegano allora i numeri pazzeschi della bolletta telefonica: il ministero della Giustizia paga circa 270 milioni di euro all’anno in ascolti. Si deve sapere, infatti, che ogni telefonata intercettata è un ottimo affare per le compagnie telefoniche perché la fatturano due volte: al legittimo titolare dell’utenza e allo Stato che ascolta in segreto. Milioni di telefonate captate ogni anno, altrettanti milioni di euro spesi.

E questa sarà la prossima guerra dei numeri, visto che l’articolo di Repubblica parla di 2500 euro al giorno, 912.500 euro l’anno (moltiplicando, ma non si capisce perché, la cifra di 12 euro quotidiani per intercettazioni per duecento):  e il Procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri alla Stampa conferma la cifra di circa 12 euro al giorno. Già, ma per quante intercettazioni disposte e per quanti giorni?