“Chi è senza intercettazioni scagli la prima pietra”

Repubblica ricorda le cimici che Berlusconi fece installare ad Arcore per colpire una sospetta talpa nel suo staff

Se oggi Berlusconi vuole difendere il diritto alla privacy a tutti i costi, un articolo di Repubblica ricorda quando fu lui a installare misure di sorveglianza — nascoste ai dipendenti — nella villa ad Arcore: due radiomicrofoni e due miniregistratori che si attivavano al primo rumore. La decisione, almeno stando alle motivazioni ufficiali, venne presa in seguito al sospetto che tra lo staff del presidente ci fosse una talpa, che avrebbe passato informazioni riservate ai giornalisti.

Chi è senza intercettazioni scagli la prima pietra. E infatti risulta che anche Silvio Berlusconi, oggi campione di garantismo e difensore della privacy, intercettava. Per non dire che spiava suoi dipendenti e i suoi ospiti per telefono e dal vivo, tanto ad Arcore che a palazzo Grazioli.

Lo scopo che allora spinse Berlusconi a fare esattamente ciò che oggi la sua legge vorrebbe punire con estrema severità era quello di beccare un non meglio identificabile, né mai a quanto risulta effettivamente identificato “dipendente infedele”: “A un certo punto il Dottore pensava che tra le persone dello staff ci fosse qualcuno che facesse la talpa, che passasse cioè notizie riservate ai giornalisti. Eravamo tutti in allarme, così a me è venuta questa idea” ha spiegato Gasparotti. Tra i suoi compiti rientrava anche la conservazione del materiale: “Per la storia” precisò il Cavaliere, che com´è noto non difetta di autostima.

La storia delle soffiate ai giornalisti in verità tiene e non tiene, il clan berlusconiano era appena stato scosso dalla vicenda di Stefania Ariosto, la ex donna dell´avvocato Dotti che aveva denunciato le mazzette di Previti. Sta di fatto che nella percezione della cronaca la vicenda resta associata al ritrovamento di una microspia nel radiatore dietro la scrivania di palazzo Grazioli; quindi all´epopea del leggendario “cimicione” che a sua volta rievoca con qualche spasso l´indimenticabile foto dell´ostensione del medesimo tra le dita del Cavaliere. […] E tuttavia, rispetto alla centrale di spionaggio domestico, non sembra così campata in aria l´ipotesi che le apparecchiature funzionassero da ben prima di quel controverso rinvenimento; se non da sempre.

Filippo Ceccarelli scrive che, sfruttando il sistema di intercettezioni che aveva installato, Berlusconi tentò anche di incastrare Di Pietro.

Berlusconi, con l´assistenza di quell´altro paladino della privacy che era l´avvocato Previti, convocò ancora una volta ad Arcore il costruttore D´Adamo, e mentre i silenziosi microfoni di Gasparotti facevano il loro dovere, con strenua abilità si sforzò di farsi dire che Tonino aveva buscato un sacco di soldi da certo Pacini Battaglia, altro fantastico personaggio di quella non proprio limpida stagione. Sapendo che era una trappola, il dialogo è ancora oggi abbastanza divertente anche perché Silvio fremeva e D´Adamo diceva e non diceva. Condensato in otto cartelle, Gasparotti recò l´istruttivo colloquio ai giudici, che però lo accolsero con il massimo scetticismo.
Quando Di Pietro lo venne a sapere, alla fine di gennaio del 1998 – erano i giorni dello studio ovale alla Casa Bianca – fece il diavolo a quattro. Scrisse una lettera ai presidenti di Camera e Senato, vi accluse il verbale di Gasparotti e visto che c´era mise anche in guardia sulle “usanze” della casa gli ospiti passati, presenti e futuri del Cavaliere.

In questa categoria Tonino non poteva immaginare che di lì a dieci anni il Fato avrebbe compreso le allegre ragazze dei festini che com´è noto non furono né perquisite né intercettate, ma che con i loro cellulari e registratorini acchiapparono lì dentro ardenti voci e recondite visioni igieniche e presidenziali. Chi la fa l´aspetti, viene da pensare – che poi, prima di mettere in cantiere una legge-capriccio, sarebbe pure una prova di buon senso.